RECENSIONE DELLA SETTIMANA
TITOLO : Legacy
AUTORE : Madball
GENERE : HC
PROVENIENZA : New York (Usa)
ANNO : 2005
Eccoci a parlare dei Madball, leggenda dell'hardcore newyorkese attiva sin dalla fine degli anni '80, con alle spalle non pochi album ed una buona schiera di seguaci e imitatori. Partiti come side-project degli Agnostic Front, con Freddy Cricien alla voce (fratello minore di Roger Miret, quest'ultimo frontman appunto degli Agnostic Front), sono attualmente uno dei più fieri promotori del genere. Nonostante la pausa fra il 2001 e il 2003, avevano già fatto un salutino nel 2004 con l'EP "NYHC", e rieccoli ora con "Legacy", un concentrato di poco più di mezz'ora di suoni pesanti e graffianti, suddiviso in 16 tracce.
Lo stesso Cricien dice a proposito del disco: "musicalmente è la stessa formula, ma più che altro ne è una versione sviluppata; per quanto riguarda i testi, stiamo toccando nuovi soggetti ma stiamo sempre dando alla gente temi di vita reale che si aspettano di ascoltare. Per la produzione, è l'album più pesante di sempre!". "Legacy" è esattamente così.
Dopo aver girato fra major e case discografiche indipendenti, quest'ultimo lavoro è licenziato da Ferret Music, e prodotto da Zeuss (Hatebreed, Shadows Fall, Throwdown). Cosa aspettarsi da un disco come questo? Beh, quello che in fin dei conti ci si trova. Niente più, niente meno. Basso consistente che si fa sentire, batteria massiccia e cupa, chitarra grezza, voce sporca con frasi spesso ripetute al fine di evidenziarle. I Madball proseguono per la loro strada, mantenendo la stessa traiettoria, la stessa che li ha nutriti fino ad ora. Solite carte in regola per far parte a pieno titolo della scena hardcore che frutta tanto nei dintorni di New York, e si potrebbero citare gli storici Agnostic Front e Sick Of It All, o ancora i più recenti Terror e Hatebreed, come esempi.
Sin dal primo pezzo, "Adapt And Overcome", i Madball partono sparati e senza compromessi, alternando ritmi stoppati, passi apertamente combattivi e brevi cori, come da tradizione. Poi si passa a "Heaven-hell", con il suo imprevedibile finto-finale, uno fra i pezzi migliori, dotato di un ottimo groove. Un buon brano è anche "Until Then", pieno di quei breakdown che fanno impazzire, o ancora "Damned", "The Crown" e la conclusiva "Worldwide", con i loro gli accenni punk rock. Fra le più aggressive s’inseriscono sicuramente "Behind These Walls" e "Darkest Days", mentre sintetico, chiaro e fiero è il messaggio di "Hardcore Pride", così come quello di "H.C. United", con un titolo che da solo parla chiaro e tondo. Curioso anche il testo in spagnolo di "100%".
L'hardcore newyorkese non è mai stato e mai sarà un genere variegato, facilmente accessibile o propenso a chissà quale tipo di innovazioni e, per essere, questi quattro portavoce sono addirittura piuttosto sfumati nel ristretto confine che il genere ha. Dal canto loro, se riescono a trasmettere carica e potenza e messaggi con pretesti interessanti, il lavoro è compiuto.
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