martedì, ottobre 20, 2009

RECENSIONE DELLA SETTIMANA

Con la ripresa del blog, ecco anche le nuove recensioni. Intanto segnaliamo una buona notizia x tutti gli amanti dell' hard rock vecchia maniere : secondo quanto riportato da La Stampa gli AC/DC torneranno in Italia per due date all'Olimpico di Torino l'8 e il 9 giugno 2010.
La notizia, come riportato sul sito del quotidiano torinese, sarebbe stata confermata dall'assessore aello Sport Giuseppe Sbriglio al termine della riunione che ha permesso la chiusura delle trattative che porteranno alla città di Torino gli U2 il 4 e 5 agosto 2010 e gli AC/DC come detto l'8 e 9 giugno 2010.
Rimaniamo comunque in attesa di comunicazioni ufficiali.



TITOLO : Hatebreed
ARTISTA : Hatebreed
GENERE : Metalcore
ANNO : 2009
PROVENIENZA : Connecticut (USA)
ETICHETTA : Roadrunner/ Warner B.

Ci siamo. Ed era pressoché inevitabile. Dopo i timidi(ssimi) accenni sperimentali messi in mostra tre anni fa con “Supremacy”, i paladini dell’hardcore metallizzato, Hatebreed from Connecticut, piazzano sul mercato un disco di transizione che più di transizione non si può. Lo stato catatonico del trend metal-core – che ha visto proprio nel gruppo di Jamey Jasta uno dei trascinatori e più indefessi protagonisti – ha probabilmente posto gli Hatebreed di fronte a qualche domanda di troppo: continuare a intestardirsi onehundredpercent nello stile che li ha resi celebri evidentemente non era destino, e così i ragazzi di New Haven hanno optato in modo deciso per variare diversi aspetti del loro sound ed introdurre alcuni elementi seriamente innovativi e a dir poco rischiosi, soprattutto considerata la chiusura mentale dell’hardcore-fan medio. La dice lunga, in questo intento, la scelta di un titolo omonimo a carriera già avanzata: di solito si pensa ad un nuovo inizio, no? Ed in un certo senso è proprio così, perché troppi nuovi dettagli sono stati introdotti dagli Hatebreed in “Hatebreed”: non che le sfuriate hardcore siano sparite, men che meno i rallentamenti spaccaossa e i groove più collassanti, ma ovunque qui dentro si notano i segni del cambiamento, a partire dal riffing più metal, più certosino e molto più tecnico per arrivare ad alcuni assoli al fulmicotone; tutto pare più studiato, arrangiato nei minimi particolari, e la ricerca della varietà pare essere stato uno degli obiettivi principali di Jasta & Co.. E appunto, che dire della voce del buon Jamey, a tratti divenuto quasi un cantante normale: l’esperienza coi Kingdom Of Sorrow l’avrà ancor più spronato a mettersi parzialmente in gioco tramite una manciata di linee vocali classificabili come melodiche. Può piacere o non piacere, d’accordo. Ed è qui che sta tutto il rischio insito in questo lavoro: è bello o no? Per quanto ci riguarda, i pezzi da noi preferiti sono guarda caso quelli vecchio stampo, mazzate sulla nuca del calibro di “Everyone Bleeds Now”, “Through The Thorns”, “Not My Master” e “Merciless Tide”. Ottima anche l’apertura “Become The Fuse”: sebbene il riffing portante sia già lontano dallo standard della band, l’opener è una delle tracce che meglio fungono da passaggio tra il vecchio ed il nuovo. Pollice giù, invece e purtroppo, per il singolo “In Ashes They Shall Reap” – davvero poca cosa – e per alcune soluzioni troppo azzardate per un gruppo che ha sempre fatto dell’ignoranza la sua arma migliore: il coretto uoh-uoh in “No Halos For The Heartless” è penoso e tutta “Every Lasting Scar” risulta insipida e innocua, quest’ultimo aggettivo che mai avremmo pensato di associare alla musica degli Hatebreed. Aggiungete pure qualche brano in cui il combo americano entra in crisi d’identità – “Between Hell And A Heartbeat”/Slayer, “Hands Of A Dying Man”/Metallica, “As Damaged As Me”/As I Lay Dying – e la strumentale “Undiminished”, in pieno territorio Heaven Shall Burn, e avrete il quadro completo di un platter che si mostra mediamente appagante, non troppo immediato, tutto sommato lento e in parte deludente. Il problema è che si parla degli Hatebreed, mica dei ragazzini arrivati l’altroieri: ci piacerebbe aver scritto di un disco paragonabile ad un’overdose di adrenalina, per cui è normale essere un po' abbacchiati quando ci troviamo dentro anche del bromuro…

Marco Gallarati (metal italia)