BIOGRAPHY : HENRY ROLLINS
OGGI CI OCCUPIAMO DELLA VITA DI UN PERSONAGGIO STORICO DELLA SCENA HC E PUNK MONDIALE : HENRY ROLLINS, EX VOCALIST DEI BLACK FLAG, TUTT'ORA IMPEGNATO IN VALIDI PROGETTI MUSICALI...
Nel 1981 i Black Flag rilasciano due nuovi EP, "Six Pack" e "Louie Louie", continuando comunque a fare concerti in giro per gli Stati Uniti. Ad uno show in New York City un fan del gruppo, Henry Garfield, sale sul palco per cantare un brano: alla band piace talmente la sua performance che gli chiedono di fare qualche prova con loro per vedere se poteva prendere il posto di Dez alla voce, visto che lui vuole smettere di cantare perché le sue corde vocali si stanno rovinando. Dopo qualche prova, in luglio, i Black Flag decidono di assumere Henry come nuovo cantante, che decide di utilizzare il nome d'arte di Henry Rollins e di trasferirsi immediatamente in California, lasciando il lavoro e vendendo tutto ciò che possedeva (persino l'auto e l'appartamento), mentre Dez passa alla seconda chitarra. Lo stesso anno la band registra il primo full-length, che è anche il primo lavoro registrato in cinque, "Damaged". Durante le registrazioni, effettuate sostenendo una spesa di circa 8.000 dollari, la band riceve un'offerta di distribuzione da una piccola label, la Unicorn Records, una sussidiaria della MCA Records, una major: il gruppo, pensando di potere ottenere una migliore distribuzione, accetta la proposta. Ma dopo che sono state stampate 25.000 copie, il direttore della sezione distribuzione della MCA dice che la compagnia non avrebbe distribuito l'album, in quanto ritenuto portatore di un messaggio sociale negativo. La band decide allora di rilasciare, sempre nel 1981, l'album per la SST, violando così il contratto stipulato con la Unicorn, il che porta ad una guerra legale che vede la casa da una parte ed il gruppo e la SST dall'altra
Verso la fine dell'anno, quando la band sta per lasciare l'Inghilterra dopo alcune date, Robo viene trattenuto alla frontiera, cosicché le rimanenti sette date del tour vengono concluse con Bill Stevenson dei Descendents alla batteria. Robo lascia così definitivamente la band, che trova in maggio il suo sostituto in Emil Johnson, con il quale la band registra alcuni brani che vengono rilasciati sottoforma di singolo, "TV Party". Poco dopo, in luglio, Emil lascia la band a causa di un litigio con Steve "Mugger" Corbin, un impiegato della SST (nonché roadie della band) che frequentava la sua ragazza a sua insaputa. Emil viene sostituito dall'ex batterista della band canadese D.O.A., Chuck Biscuits, che con i Black Flag effettua alcuni concerti e registra alcuni demo che però non vengono rilasciati, prima che venga cacciato perché irresponsabile. Intanto, nel 1982, la SST ha rilasciato "Everything Went Black", una raccolta di brani con i precedenti cantanti (Keith Morris è citato, in questo disco, col nome di Johnny "Bob" Goldstein), sul quale però, a causa della disputa legale con la Unicorn, non può apparire il nome del gruppo. Agli inizi del 1983 torna a suonare con i Black Flag Bill Stevenson (pur restando anche nei Descendents), e poco dopo la giustizia si pronuncia sulla causa con la Unicorn: Ginn e Dukowski (che aiuta Ginn a mandare avanti la SST) vengono condannati a cinque giorni di reclusione nelle carceri di Los Angeles. Ma la Unicorn nel frattempo va in bancarotta, e pertanto dopo poco tempo i Black Flag possono tornare ad usare il proprio nome: la SST rilascia così lo stesso anno una nuova compilation, "The First Four Years". Nel frattempo lasciano il gruppo sia Dez che Chuck (che comunque continua a cooperare con la SST), che comunque registra un nuovo lavoro: Ginn suona in questo album, "My War", che esce sempre nel 1983, oltre che la chitarra, anche il basso, con il nome di Dale Nixon. Poco dopo, verso la fine del 1983, viene reclutata come bassista Kira Roessler, una ragazza che Ginn aveva sentito suonare con la band nel frattempo fondata da Dez, i DC3, con la quale registrano due full-length, "Family Man" (un album costituito da un lato comprendente parlato di Rollins, e l'altro solo strumentale) e "Slip It In", entrambi rilasciati nel 1984. Lo stesso anno viene anche ristampato con il nome ed il logo della band in copertina "Everything Went Black", mentre l'anno seguente vengono rilasciati il primo live del gruppo, "Live '84", l'album "Loose Nut", l'EP strumentale "The Process Of Weeding Out" ed un altro full-length intitolato "In My Head". Intanto, in aprile, la band chiede a Bill di andarsene perché a Ginn non piace come suona: il mese seguente viene trovato il suo rimpiazzo in Anthony Martinez. Agli inizi del 1986 il gruppo chiede a Kira di andarsene, a causa delle differenze musicali e caratteriali con gli altri membri, e viene rimpiazzata da C'el Revuelta. Esce poi, sempre nel 1986, il live "Who's Got The 10 ½?", registrato con Anthony e Kira. Ma poco dopo, in agosto, Ginn scioglie la band, per dedicarsi interamente ad un nuovo gruppo, i Gone, ed alla direzione della SST Records, che sta diventando una delle più importanti case indie mondiali. Nel '87 esce "Wasted… Again", un "best of" della band, mentre due anni più tardi viene rilasciato "I Can See You", un EP contenente tre brani tratti da "In My Head" ed uno inedito registrato con Bill e Kira.
Terminata l'avventura con i seminali Black Flag, Henry Rollins (che nel frattempo si è guadagnato un'ottima reputazione anche come performer di "spoken-words") comunica la notizia al suo grande amico, Chris Haskett. E' quest'ultimo a convincerlo a mettere su una nuova band. Chris, buon chitarrista, viveva da tempo a Leeds, in Inghilterra. Del posto è anche il batterista Mick Green. A Washington D.C., invece, Rollins coinvolge il bassista Bernie Wandell, e il gioco è fatto!
Sempre a Leeds, nel 1986, i nostri iniziano a registrare materiale inedito, con il supporto tecnico dell'ingegnere del suono Geoff Clout. Gran parte di quel materiale andò a finire sull'album d'esordio della band, Hot Animal Machine, pubblicato nel 1987 ed intestato al solo Henry Rollins.
L'album è una sorta di primo testamento spirituale dell'ex Black Flag, segnato da un'infanzia che dire intensa e difficile significa voler usare un eufemismo. La tensione accumulata anche durante il periodo trascorso alla corte di Greg Ginn viene scaricata in una miscela furiosa, allucinata, dalle sottili ma inconfondibili venature lisergiche. Rollins imbastisce psicodrammi fortemente "teatrali", in cui l'elemento cardine, il protagonista unico e assoluto, è la sua psiche martoriata da tensioni spasmodiche e terrificanti.
Il galoppante rock & roll di "Black And White" è indicativo di quello che sarà l'umore dell'intero disco. Certo, la carica hardcore dei Black Flag non è andata del tutto smarrita; ma qui c'è soprattutto un infernale crogiuolo tra blues, funk e rock viscerale. "Followed Around" prosegue nella devastante opera di purificazione del leader, con scatti epilettici di chitarra che ora suonano la ritirata, ora lanciano l'offensiva. "Lost And Found" si apre con un possente hard-boogie, con Rollins pazzo furioso e infernale giocoliere dell'anima. Scava solchi ancora più profondi, il voodoobilly di "There's A Man Outside", screziato da lancinanti derive psichedeliche.
La cover di "Crazy Lover" (Chuck Berry) subisce lo stesso trattamento adrenalinico, mentre "A Man And A Woman" dosa l'istinto bestiale, tra singhiozzi di basso, stridori metallici e la verbosità quasi parossistica del leader. "Hot Animal Machine 1", un heavy-metal spavaldo, riporta in auge la cattiveria e gli impulsi più animaleschi di Rollins. La sorpresa è la straordinaria cover di "Ghost Rider", sì, proprio quella che apriva l'omonimo debutto dei leggendari Suicide. Un'altra cover è quella di "Move Right In": Velvet Underground, New York City. Il delirio logorroico di "Hot Animal Machine II", con perentorie accelerazioni hard-rock, si perde in una spirale di psichedelica memoria, con Haskett sugli scudi e il resto della gang a macinare decibel onirici.
Tutta questa bolgia di distorsioni, urla, rumori e quant'altro, prepara il recital psicoanalitico di "No One", lasciato vagare in un mare di dissonanze, e parente prossimo di quella "Damage II" che chiudeva "Damaged, il grande capolavoro dei Black Flag. Ancora una volta, Rollins non mostra alcun problema nel mettersi a nudo, confessando al mondo intero tutta la sua angoscia e tutte le sue frustrazioni.
Durante le stesse session di Hot Animal Machine, venne registrato anche l'Ep Drive By Shooting, un lavoro dai toni più rilassati e a tratti grotteschi.
Il primo album in cui compare la sigla "Rollins Band" è Life Time (1988), prodotto da Ian MacKaye. La sezione ritmica è nuova di zecca: Andrew Weiss (basso) e Sim Cain (batteria), entrambi provenienti dai Gone, l'altra creatura di Greg Ginn. Ci sarà da divertirsi. Intanto, quando i nostri attaccano con "Burned Beyond Recognition", non c'è alcun dubbio che quell'animale in gabbia che sputa veleno nel microfono sia quel maledetto bastardo di Rollins. Tanto per chiarire subito che c'è ancora pane per i nostri denti. Lo stupro continua su "What Am I Doing Here?", con eccellenti ricami di chitarra e un basso "gigione". Chi si ferma è perduto, e allora ecco partire "1,000 Times Blind", seguita dalle cadenze maestose di "Lonely" e dall'heavy-metal lercio di "Wreckage". Rollins prende coscienza del suo posto nel mondo, concludendo che l'unica soluzione a questo schifo abominevole sia la solitudine. Il capolavoro del disco risponde al nome di "Gun In Mouth Blues", una lunga, estenuante discesa nell'inconscio, sorretta da un'epica impalcatura strumentale e da una voce dissoluta. Rallentato fino alla stasi, fino a una quiete arroventata, il brano dissipa tutte le sue forze nell'apocalisse conclusiva, tra mitragliate assassine di chitarra, scariche adrenaliniche di basso e urla maniacali. Si riprende a saltare come dei matti con "You Look At You", mentre sembra di risentire gli scatenati Black Flag nella supersonica sarabanda di "If You're Alive". Ancora tempo per l'heavy-funk di "Turned Out" e. tutti a casa!
Ancora più disperato e potente appare Hard Volume, che raggiunge i negozi appena un anno dopo. Il sound ha guadagnato in compattezza e in dinamicità: la Rollins Band è, ormai, una micidiale macchina da guerra. Dal rock'n'roll tumefatto di "Hard" a quello dinamitardo di "I Feel Like This", passando per il blues esuberante e solenne di "What Have I Got" e il punk rallentato e meccanico di "Planet Joe", Hard Volume si presenta come un blocco granitico di energia, passione e poesia di strada.
La belva torna a mostrare i denti nella raggelante atmosfera di "Love Song", e continua a farlo tra la tempesta grunge di "Turned Inside Out" e nella delirante orgia "hardelica" di "Down And Away". Se Rollins costringe la sua voce a seguirlo dappertutto, il resto della band non è da meno, districandosi tra scudisciate hard, orgasmi lisergici e stasi ribollenti di fuoco.
Documentata l'attività live con il discreto Do It (1988), in piena epoca grunge la Rollins Band insegna due o tre cosine a tante "mezzeseghe" con il mastodontico The End Of Silence (1992). Rollins è ancora, se possibile, più arrabbiato, teatrale, solitario. Le sue urla sono spasmodiche, scomposte, sincere. La musica ha ormai rotto gli argini, e cola senza sosta verso il fondo, verso gli abissi in cui quella voce maledettamente "sul limite" si ostina a trascinarla. La Rollins Band si spinge in mare aperto, e continua a navigare, impavida. "Low Self Opinion" paga ancora dazio all'amato blues, mentre gli stili si moltiplicano in "Grip" e la psichedelia ritorna a farla da padrona su "Just Like You" (con l'urlo bestiale di Rollins che non lascia scampo) e su "Blues Jam". Sul lato più propriamente "heavy" si situano "Tearing" (con un grande assolo di Haskett), "Almost Real" e "What Do You Do".
A dire il vero, qualche delirio di jazz-core alla lunga finisce per stancare, ma, tutto sommato, The End Of Silence rappresenta una pietra miliare del rock alternativo degli anni '90, oltre che uno dei migliori episodi della carriera di Rollins.
Venuto a mancare il fondamentale apporto di Weiss, la Rollins Band rallenta la sua folle corsa con la mezza delusione di Weight (1994), un album di funk-metal che non lacera l'anima più di tanto. "Liar" è l'hit-single della situazione, il loro primo grande successo commerciale. Ma non si può definire un grande pezzo, tutt'altro. E non convincono più di tanto nemmeno l'heavy-metal di "Icon" o l'hard-rock lisergico di "Step Back". E che dire del funk di "Shine"? No, niente da fare. Passiamo oltre. Anzi, meglio guardare indietro, visto che davanti alle cariatide di Come In And Burn (1997), Get Some Go Again (2000) e di Nice (2001) c'è solo da rimpiangere i bei tempi andati. (The Only Way To Know For Sure (2002) è invece un altro documento live).
Parallelamente all'attività con la Rollins Band, il vecchio Henry ha proseguito la sua carriera di poeta, portando in giro i suoi spettacoli di "spoken words": nel 2001 è stato pubblicato "Rollins In The Wry".
0 Comments:
Posta un commento
<< Home