RECENSIONE DELLA SETTIMANA
LA RECE DI OGGI PARLA DI UNO DEI MIGLIORI GRUPPI ATTUALMENTE IN CIRCOLAZIONE... I QUEENS OF THE STONE AGE!
TITOLO : Songs for a deaf
ARTISTA : Queens of the stone age
ANNO : 2002
GENERE : Stoner rock
PROVENIENZA : Seattle (USA)
Il precedente platter dei QOTSA, "Rated R", non mi aveva granché convinto: troppo frammentario, ed a tratti persino derivativo. Molto meglio, al contrario, il disco d'esordio, decisamente fresco ed ispirato. Ho acquistato dunque con curiosità questo loro nuovo, terzo lavoro, ispirato anche dal successo di critica che sta riscuotendo un po' ovunque. Ed effettivamente "Song For The Deaf" suona molto più focalizzato, e ricorda per certi versi il debutto omonimo che tanto mi aveva impressionato.
La prima constatazione vige nelle sonorità decisamente compatte: l'impressione é quella di un disco solido, coerente sino in fondo. Alla premiata coppia Homme/Olivieri si aggiungono ospiti di gran pregio, ovvero Dave Grohl alla batteria e Mark Lanegan ai vocal, ed il loro peso specifico fa la differenza in più di un episodio. E' peraltro la splendida voce di Josh Homme che va a reggere, con tutta probabilità, le dorate sorti dell'opera: impressionante la sua versatilità e la carica emotiva sciorinate in questi solchi, che certificano doti di frontman fuori dal comune. E' il caso di rimarcare come lo stoner (nell'accezione propria dei maestri Kyuss) non abita più qui: affiorano piuttosto gli spettri di certo grunge passato (forse) a miglior vita, con la scorza punk in debita evidenza (cfr. "You Think I Ain't Worth A Dollar..", che caracolla su una ritmica stoogesiana) e un sapido impasto canoro ad adornare sapientemente il tutto.
Si argomentava di hard rock moderno: ascoltando "Hanging Tree" e "God Is In The Radio", due tracce avvincenti, vengono alla memoria gli Screaming Trees migliori, cosi come la stupenda title-track rimanda a certe sonorità à la Soundgarden. Ma c'é dell'altro, ovviamente: l'incedere zeppeliniano, virato in chiave funkizzata stile Prong, dell'avvincente "No One Knows", oppure la tensione flamencata di "First It Giveth". Od ancora l'ariosa pesantezza di "The Sky Is Fallin'" e "Song For The Dead" (numerosi i rimandi ai 'padrini' Masters Of Reality), per non tacere del puro incanto di "Mosquito Song", che sembra tirata fuori da "A Sack Full Of Silver" degli indimenticati Thin White Rope (altra gente che si nutriva della polvere del deserto..). Semplicemente geniale poi l'idea del 'concept radiofonico', che aggiunge un tocco di classe in più ad un'opera di notevolissima caratura. In conclusione, un disco davvero riuscito, per una band allo zenith del suo percorso tecnico/compositivo: in ambito 'rock duro', la sola band che possa competere con lo spessore dei Tool e dei Katatonia.
Michele Dicuonzo
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