martedì, aprile 01, 2008

I MARTIRI DEL ROCK N ROLL : CHARLIE PARKER


OK OK, NON HA MAI FATTO ROCK, E' STATO FORSE IL PIU' GRANDE JAZZISTA DI SEMPRE, MA QUESTA RUBRICA E' DEDICATA NON SOLO AI ROCKETTARI, MA A TUTTI QUELLI CHE HANNO SCRITTO IMPORTANTE PAGINE DELLA STORIA DELLA MUSICA E NE SONO POI, IN UN MODO O NELL'ALTRO, RIMASTI VITTIME...

Nato a Kansas City nel 1920 Charlie Parker, vi debutta nel 1937 con le orchestre di Lawrence Keyes, Harlan Leonard e Jay McShann, ed è con quest'ultima che arriva sulla scena di New York, nel 1941. A quell'epoca aveva già incominciato a sviluppare un suo personalissimo stile che partendo da radici swing e blues apporta alla musica afro-americana un originale sviluppo improvvisativo caratterizzato da ardite sostituzioni armoniche e da una maggiore attenzione per il ritmo. Questo stile influenzerà molti musicisti dell'epoca diventando un vero e proprio linguaggio che verrà in seguito chiamato Be Bop.
A New York inizia a collaborare con i maggiori musicisti presenti sulla scena, in particolare col suo alter-ego trombettistico Dizzy Gillespie.
Nei suoi gruppi suonano Miles Davis, Chet Baker, Howard McGhee, Red Rodney, Fats Navarro, Kenny Dorham (tromba), J. J. Johnson, Trummy Young (trombone), Lucky Thompson, Dexter Gordon, Wardell Gray (sax tenore), Milt Jackson (vibrafono), Bud Powell, John Lewis, Al Haigh, Clyde Hart, Hank Jones, Red Garland (piano), Barney Kessel, Billy Bauer, Remo Palmieri (chitarra), Oscar Pettiford, Red Callender, Ray Brown, Charles Mingus, Curley Russell, Tommy Potter (contrabbasso), Max Roach, Specs Powell, Roy Haynes, Joe Harris, J. C. Heard (batteria).
La fama di Charlie Parker esplode nel 1945 proprio nei gruppi in cui milita assieme a Gillespie: le incisioni di "Billie's Bounce", "KoKo", "Now's The Time","Ornithology" (per citare solo qualcuna tra le più famose) rappresentano una vera e propria rivoluzione nel mondo musicale afro-americano, segnando per sempre la storia del jazz.
Nella seduta del 1949 che riunisce le stelle dell'etichetta Metronome Parker si confronta con le ottime partiture di Lennie Tristano (Victory ball) e Pete Rugolo (Overtime), oltre che coi migliori solisti del periodo. Fondamentali le raccolte di incisioni per Savoy, Dial e Verve nelle quali si possono confrontare i differenti assolo di Bird sullo stesso pezzo (alternate takes) e le bellissime esecuzioni estemporanee (jam sessions) con Johnny Hodges, Benny Carter, Ben Webster, Coleman Hawkins, Lester Young, Ella Fitzgerald, Roy Eldridge, Charlie Shavers, Buddy Rich, Oscar Peterson, Ray Brown, Flip Phillips.
Parker, con il suo sax alto, è impareggiabile per tecnica, fantasia, originalità. È un uomo brillante, colto (ama Bela Bartok, Arnold Schoenberg, Paul Hindemith e Igor Stravinsky), dotato di un naturale e mostruoso talento. Un solista formidabile, esuberante, capace di improvvisare a velocità fantastica, di inventare splendide melodie, di commuovere con il suo lirismo. Rappresenta per la comunità afro-americana del suo tempo il raggiungimento di una pari dignità con i bianchi.
L'eroina e l'abitudine all'eccesso lo uccidono a trentaquattro anni. Parecchie sue composizioni, spesso nuove melodie basate su giri armonici preesistenti, sono suonate ancora oggi e insegnate agli aspiranti musicisti.