martedì, novembre 03, 2009

THE ORIGINAL SOUNDTRACK


Dopo il week end di halloween rieccoci qui a scrivere sul blog.
Ritorna anche la rubrica dedicata alle colonne sonore che meritano attenzione. Oggi si parla di un film zarrissimo a davvero crasto : FAST & FURIOUS 4 SOLO PARTI ORIGINALI, ultimo (in rodine di uscita) della saga dedicata ai motori.
Musiche interessanti, non c'è che dire...

Il prolifico Brian Tyler, ormai onnipresente tra le nuove uscite cinematografiche, torna a comporre per il fortunato franchising The Fast And The Furious, arrivato al suo quarto capitolo.
Visto il successo musicale di Tokyo Drift, in netto contrasto con l’indiscusso tracollo qualitativo della serie, il nuovo episodio ripropone quanto di meglio sia stato dedicato a questi titoli: Brian Tyler riconfermato alle musiche ed il grande ritorno del cast originale, composto da Vin Diesel, Paul Walker, Michelle Rodriguez e Jordana Brewster.
La coincidenza, o magari qualcosa in più, vuole che l’egregio musicista di Hollywood si dedichi spesso a pellicole interpretate dal giovane Walker, presente anche in Timeline e The Lazarus Project.

Fast & Furious si presenta davvero densa di sorprese e di materiale degno di attenzione, che ascolto dopo ascolto regala grandi emozioni e svela piccoli tesori nascosti da un’apparenza piuttosto confusa e chiassosa, che a primo impatto tende a deludere l’ascoltatore che ha apprezzato l’incisività di Tokyo Drift.
In effetti Brian Tyler sembra quasi essere influenzato dal ritorno degli interpreti originali del primo episodio, rievocando l’approccio elettronico di BT per la pellicola del 2001 e calcando la mano nell’utilizzo della componente sintetica.
Il risultato però è molto differente dalla prima impressione, infatti il compositore non solo dona alla partitura un corpo più massiccio e una vena più bombastica, egli si prodiga soprattutto nella realizzazione di costruzioni melodiche e d’atmosfera precise e nitide, capaci di proiettare l’ascoltatore nel bel mezzo delle varie location che incorniciano gli avvenimenti della pellicola.
In tutto ciò c’è da apprezzare poi l’intenzione di creare sporadicamente un filo conduttore musicale tra questo nuovo episodio e Tokyo Drift, accennando ai movimenti più adrenalinici della passata partitura senza citarli mai davvero, bensì richiamando alla mente quelle immagini musicali che coloro che hanno amato la colonna sonora del 2006 non potranno non riconoscere e apprezzare.

Entrando nel merito del disco si può dire che l’edizione Varese Sarabande offre una quantità notevole di materiale, che tocca quasi gli 80 minuti di durata; piuttosto lunghi se si considera il tipo di sound che prevale, ma decisamente interessanti e necessari a mostrare le varie sfaccettature della partitura.
Brian Tyler affida ad uno stereotipo musicale molto in voga nel mondo dell’automobilismo estremo l’incipit iniziale; “Landtrain”, brano d’apertura dell’album, proietta l’ascoltatore nel mezzo di una strada il cui asfalto sembra ribollire emanando il suo odore, attraverso una cavalcata di basso elettrico crescente che riporta alla mente tantissimi lavori legati al mondo delle automobili, da Gone In 60 Seconds di Trevor Rabin al brano “Travelling Without Moving”, tratto dall’omonimo album, dei Jamiroquai, gruppo funk molto famoso anche per le performance del caldo strumento ritmico.
La costruzione si arricchisce di momento in momento di componenti come percussioni, rullanti, timbales, pizzicati di chitarra ed una costante presenza orchestrale di fondo che introduce l’esplosione per elettronica, chitarra elettrica e batteria, la quale, suonata personalmente da Tyler, regala interessantissime performance in stile Heavy Metal, arricchite da timbriche e buona padronanza dello strumento, passando da landscape che lasciano immaginare le calde zone desolate degli Stati Uniti ad una vera e propria corsa automobilistica, in cui lo strumento ritmico scandisce freneticamente gli istanti della competizione.
Il nuovo tema principale, ascoltabile in “Fast & Furious”, consiste in una costruzione elettronica arricchita da una presenza ritmica di basso e batteria notevolmente coinvolgenti, il cui risultato sembra comunque essere più un esercizio di stile piuttosto che un elemento identificativo del film; si tratta comunque di un dettaglio poco importante, visto l’utilizzo assai limitato che Tyler fa del movimento, a favore di costruzioni molto più interessanti, come “The Border”, forse uno dei momenti più belli dell’intero disco. L’autore si affida ad una timbrica che ricalca i classici stilemi atti a delineare gli stati esteri, prevalentemente Messico e Medio Oriente, attraverso l’utilizzo puntuale di timbales ed una creazione tematica che strizza l’occhiolino alle sonorità di quei luoghi, senza tralasciare però il suo stile muscoloso e ricorrente, che all’interno dell’album trova numerose valvole di sfogo, attraverso l’incastro sinfo-elettronico della parte conclusiva del medesimo brano, in alcuni istanti molto in linea con Tokyo Drift, oppure nell’adrenalinica “Dom Vs Brian”, il cui incipit elettronico ricorda notevolmente brani come “Ditch The Fuzz” o “Dominic’s Story” composti da BT per il primo film.
Nonostante la presenza elettronica, il brano gode di una bella costruzione sinfonica per archi, che l’artista gestisce con buona inventiva, grazie all’assegnazione di un drammatico movimento che introduce l’esplosione d’insieme per ottoni, timpani ed elettronica dal gusto molto simile a Tokyo Drift. Molti gli elementi interessanti, piuttosto difficile enumerarli tutti: ostinati d’archi, performance di batteria estremamente coinvolgenti, crescendo poderosi e strappi della sezione d’ottoni che, seppur coperti dalla componente elettronica, godono di un bel corpo capace di donare il giusto vigore al variegato passaggio, il quale nei suoi 7 minuti di durata non fatica a coinvolgere grazie alle numerosissime variazioni melodiche, ritmiche e soprattutto timbriche.

Di tutt’altro genere “Suite”, pagina esclusivamente sinfonica per grande orchestra dalla vena drammatica. Brian Tyler compone uno dei suoi pezzi migliori quanto a costruzione melodica, grazie alla scrittura di passaggi molto trascinanti, arricchiti da un’orchestrazione atta a valorizzare i singoli cambi e movimenti tra le varie sezioni nonostante la linearità della melodia di base. Molto interessanti infatti le interpretazioni degli archi nell’esplosione centrale, e particolarmente apprezzabile la comparsa dei violoncelli poco prima della fine, che ricreano un sapore estremamente teatrale, quasi in forte contrasto col resto della partitura, soprattutto del brano successivo, “Revenge”, dall’incipit molto più prorompente, muscoloso, e costruito su effetti elettronici contenuti ma estremamente appropriati.

Altri elementi di Tokyo Drift tornano a far capolino nello score, alcuni dei quali però si rivelano tanto adeguati musicalmente parlando quanto poco inerenti dal punto di vista filmico; “Amends” ricalca molto il sapore e la costruzione melodica di “Neela Drifts” e “Neela”, brani strettamente legati al personaggio dal quale traggono il nome, e quindi apparentemente fuori luogo se si considera che si parla di un tema associato ad un qualcosa che non è presente in questo film. Si tratta di un dettaglio, ma la cosa lascia piuttosto perplessi a causa di una identità troppo spiccata per venir riciclata o riutilizzata in un contesto del tutto differente
Migliore invece “Brian and Mia”, forse l’unico tema d’amore della composizione; la costruzione si rivela tanto seducente ed originale quanto scontata nel sapore, ma il retrogusto assai radicato tra le note di BT lo rende più intelligente di quanto non sembri.

Superata la techno “Outta Sight”, composta da una paletta elettronica molto martellante ed una linea vocale parlata, estremamente tipica per il genere, l’ascolto della partitura si fa a tratti ostico, a causa di una certa pesantezza delle scelte compositive, innegabilmente difficili da sopportare a lungo, soprattutto a causa di una serie di costruzioni che tendono a ricalcare il materiale conosciuto nella prima metà dell’album, seppur con arrangiamenti e coloriture diverse e talvolta degne di nota, come la sinfonica, e a tratti anche dissonante, “Real Drivers”, in cui compaiono elementi quali tromboni e corni molto interessanti.
Fortunatamente i passaggi conclusivi dell’album, “The Showdown” e “Judgment”, rinvigoriscono l’atmosfera grazie ad una sessione ritmica particolarmente frenetica e carica di presenze sinfoniche molto incisive e, nel brano finale, un crescendo conclusivo che esplode in una performance imponente e muscolosa per orchestra, carica di timpani, rullanti, timbales ed una massiccia componente elettronica.

Tirando le somme Fast & Furious si stacca molto dalla precedente Tokyo Drift, prediligendo il commento alla scrittura tematica; in effetti la grande varietà di costruzioni ritmiche, sfumature timbriche in gran quantità e performance di strumenti quali batteria, basso e chitarra di livello medio-alto appaiono più come un vero e proprio esercizio di stile, nel quale Tyler si cimenta sfruttando le possibilità fornitegli dal carattere della pellicola per sfoggiare alcune delle sue doti musicali che vanno oltre la composizione classica, toccando sponde molto più vicine ai musicisti rock e metal, specialmente per il largo utilizzo della doppia grancassa nella linea di batteria in “Landtrain”, interpretazione decisamente apprezzabile.
Sono molto affascinanti quelle soluzioni atte a commentare le linee di confine tra stati o territori extranazionali (“The Border”), costruzioni in parte standard e piuttosto diffuse per il tipo di commento, ma indubbiamente di grande effetto, come i pizzicati di chitarra, la scelta di timbales e melodie dal gusto mediorientale. C’è poi una buona ricerca del singolo, che il carattere stesso del film non favorisce molto, ma comunque trova buone valvole di sfogo in quei pochi spazi concessi, come “Dom Vs Brian” o l’interessante “Suite”.

Sostanzialmente lo score, e il relativo album, è soddisfacente e garantisce un ascolto appagante a chi ha apprezzato Tokyo Drift, nonostante la vena più aggressiva e bombastica, meno incisiva e graffiante rispetto alla precedente composizione, ed interessanti spunti di riflessione sull’evoluzione tecnica e stilistica dell’autore, nonostante le sue innegabili pecche o ripetizioni.