INTERVISTA DELLA SETTIMANA
Visto che ho recensito il loro disco e visto che in questi giorni su internet c'è un gran parlare di loro, ecco un'intervista fatta poco tempo fa dal nostro buon vecchio ALEXIO, ai discussi DROPKICK MURPHYS. Guarda caso, si trattano nello specifico anche alcuni argomenti di cui loro sono stati "accusati", a dimostrazione che troppo spesso, la gente parla a vanvera. Buona lettura...
Intervistare i Dropkick Murphys è stata una soddisfazione che ha reso finalmente onore a tutte le volte che chi scrive è stato beccato in atteggiamenti assolutamente comici davanti allo stereo, ovviamente acceso a volumi insostenibili, mentre con il deodorante in mano si esibiva in una sentitissima interpretazione dei migliori cori creati dalla band di Boston. Ho aspettato Ken Casey, il bassista nonché principale songwriter del gruppo, per circa quaranta minuti all’esterno del locale milanese in cui dovevano esibirsi. Nonostante sia stato crudelmente devastato da tutte le zanzare del laborioso nord-ovest e mi sia perso sia i Reach the Sky che le giapponesine Thug Murder (che mi hanno assicurato essere assolutamente esilaranti, immaginate tre giapponesi vestite come Johnny Rotten che ululano canzoni punk dalla durata media di un minuto e mezzo) alla fine la mia attesa è stata premiata. Ken sembra un personaggio uscito da un film di Ken Loach, ha la faccia veramente da irlandese, anche se è americano al 100%. Ci accomodiamo in un ufficio da cui Al Barr, (un nome uno slogan per combattere l’alcoolismo), il cantante del gruppo, sta chiamando con voce tenue la sua fidanzata (almeno credo): Ken è veramente stanco e si vede, ma alla fine ne esce una chiacchierata assai interessante, che passando da domande sui sindacati e l’antropologia delle dinamiche migratorie arriva a toccare persino il nostro amato sport nazionale, il calcio. Permettetemi di ricordare il finale strappacuore dell’intervista: io porgo ossequioso un t-shirt ricordo del miglior pub irlandese della città e lui, palesemente onorato, mi fa scegliere la maglia preferita fra il loro merchandising. Cazzo, così si fa: provate a fare lo stesso con i Marduk, se vi va bene al massimo vi regalano il cuore ancora palpitante strappato ad una capra.
Giusto due note sullo show: il pesante viaggio affrontato per arrivare a Milano ha condizionato il concerto, i Dropkick erano molto stanchi e il loro set è durato poco, circa un’ora bis inclusi. Però ragazzi, che grinta: se già su disco i pezzi funzionano, dal vivo scatenano l’ultra dentro ognuno di noi. Cori a palla, stage-diving collaborativo e mai violento, e soprattutto un gran clima di festa. La serata si conclude con “Skinhead on the MBTA”, per cui il gruppo invita tutti i presenti sul palco: la risposta del pubblico non si fa attendere, ogni centimetro dello stage viene invaso: una scena così io non la vedevo da un concerto del 1991 dei Cro-mags ( e allora ditemi che sono un vecchio!) e di concerti, modestia a parte, vi assicuro che in questi anni ne ho visti parecchi.
D- Sì, siamo già stati in Europa altre volte come headliner, ma in precedenza abbiamo suonato in Italia solo una volta..non mi ricordo esattamente dove.
A- Vi state divertendo?
D- Sì, ma è anche faticoso, ieri notte abbiamo affrontato un viaggio piuttosto lungo per riuscire a venire sino a qui, e così non siamo riusciti a visitare la città. E’ l’aspetto negativo dello stare on the road, si girano un sacco di posti ma non riesce a vedere mai niente dei posti in cui si suona
A- L'ultimo disco è piuttosto differente da quello precedente: il primo era molto vicino al punk 77, il secondo più verso l’OI!, mentre questo nuovo si spinge verso il folk irlandese: si tratta di un’evoluzione naturale o di una scelta precisa?
D-No, è stato tutto molto naturale. Le caratteristiche folk erano presenti fin dagli esordi della band, ora abbiamo anche aggiunto dei nuovi membri al gruppo che suonano strumenti folk, quindi abbiamo potuto sviluppare pienamente queste influenze all’interno del sound della band. Togliendo le cornamuse e la fisarmonica, alcuni delle canzoni del nuovo album potrebbero sembrare dei veri e propri pezzi Oi! o punk ’77 al 100%..
A- Avete anche riarrangiato delle vecchie canzoni con dei nuovi strumenti?
D-Si alcune canzoni le abbiamo scritte diverse anni fa, volevamo adattarle a quella che è la nuova formazione del gruppo
A- So che ci sono state diversi cambiamenti nella line-up. a cosa sono stati dovuti? Sei soddisfatto dell’attuale formazione?
D- I due ragazzi con cui avevo formato il gruppo, il cantante e il chitarrista, non erano sicuri al 100% di voler andare in tour e di viaggiare con la band, mentre chi ha preso il loro posto è coinvolto al massimo nei Dropkick Murphys
A- Nel nuovo disco ci sono alcuni pezzi con Shane McGowan (ex-cantante dei Pogues), com’è nata questa collaborazione?
D-Ci siamo incontrati a dei festival, quando poi ha fatto dei concerti a Boston abbiamo suonato insieme e gli abbiamo proposto di collaborare con noi. Si trattato semplicemente di essere nel posto giusto al momento giusto, gli abbiamo chiesto se gli andava di cantare in un paio di nostre canzoni, e due giorni dopo siamo andati in studio per realizzare il tutto, anche se ad essere sinceri in realtà non puoi programmare un granché quando si tratta di Shane!
A- Vi siete divertiti? Io sono un suo grande fan, ma so che non se la sta passando un granché bene..
D- Sì, è stato bello, anche se in realtà io non ho mai passato molto insieme a lui. E’ una persona molto divertente, anche se non saprei dire quanto siano vere le storie che si raccontano sul suo conto ( e qui passiamo un paio di minuti a discutere sulle attuali condizioni di salute dell’ex-cantante dei Pogues, ma visto che non siamo “Novella 200” tralascio volentieri dei particolari purtroppo non troppo piacevoli).
A- Consideri in qualche modo i Dropkick Murphys una band politica?
D- No, parliamo di argomenti di carattere politico semplicemente perché hanno a che fare con quella che è la vita di ogni giorno. Quando penso ad una band politica penso a un gruppo che fa dei discorsi fra una canzone e l’altra, che fa della propaganda insomma, attraverso i testi parliamo semplicemente di quello che sono i nostri problemi quotidiani. Se ti senti coinvolto puoi trovarli interessanti, altrimenti puoi goderti la musica. Non piacciono le persone che cercano di veicolare i loro ideali attraverso le canzoni.
A- Nel disco c’è una canzone sui sindacati (“Which side are you on?”). Mi colpito parecchio, perché so che in America i sindacati subiscono delle restrizioni notevoli, mentre in Europa sono una forza molto radicata nella nostra società. In qualche modo si tratta di una canzone politica.
D- Penso che fondamentalmente le union diano l’opportunità ai meno privilegiati di vivere e di crescere una famiglia in America senza dover sottostare ai grandi poteri economici, danno voce ai meno fortunati all’interno della società. I sindacati in effetti stanno affrontando diversi problemi in America in questo momento e forse non più così forti come nel passato. Non ne so molto sulla situazione dei sindacati in Italia, mentre per quanto riguarda Australia e in Inghilterra ho letto qualcosa ed ho parlato con diverse persone, immagino comunque che ogni nazione abbia una sua realtà specifica.
A- Nel vostro sito ho anche trovato una decisa presa di posizione contro il razzismo. I Dropkick Murphys hanno un largo seguito fra gli skinhead, ovviamente la maggior parte degli skin sono apolitici e antirazzisti, ma in alcune zone dell’est europeo e della Germania ci sono effettivamente dei problemi con i bonehead (cioè gli skinhead neonazisti)..
D- I bonehaed non si fanno mai vedere ai nostri show, o al limite sono uno o due, di sicuro non provano a manifestare le loro idee urlando “sieg hail” o facendo il saluto romano..di solito abbiamo un seguito così forte di skin apolitici che non cercano di sicuro di creare problemi ai nostri concerti. Abbiamo sempre manifestato chiaramente le nostre idee, tutti gli skin anti-razzisti sanno da che parte stanno i Dropkick Murphys.
A- Voi siete sempre stati molto legati alle vostre radici irlandesi. L’Irlanda con cui sei cresciuto è però quella che ti hanno raccontato da bambino, una realtà decisamente diversa dall’Irlanda attuale, una nazione molto cambiata, più ricca e moderna, rispetto a quella che hanno lasciato i tuoi parenti..Che tipo di differenze hai trovato quando sei stato in Irlanda?
D- Per quanto riguarda i giovani ho visto ragazzi che non sono particolarmente orgogliosi della loro terra, specialmente a Dublino, dove i giovani cercano di assomigliare agli Americani; nella compagna invece ho ritrovato di più l’Irlanda che mi avevano raccontato da piccolo. Si tratta soprattutto di generazioni diverse, penso che le persone che hanno mantenuto un certo tipo di ideali e di mentalità sono soprattutto quelle in America. In una città come Boston la comunità irlandese è così numerosa e compatta da sembrare uno stato all’interno di un’altro stato. In America poi c’è in questo momento la moda di essere irlandese, magari solo per il cognome, anche se poi non si vive nemmeno in uno stato in cui c’è una vera comunità irlandese. E’ quando sono a Boston che sento il rapporto con quello che sono le mie radici irlandesi, non mi sento più a casa mia in Irlanda di quanto mi senta qui in Italia. A volte ci torno per visitare i miei parenti, ma non cammino di certo per la strada pensando “Questa è la mia patria”, semmai mi sento di dirlo quando sono in America. Gli irlandesi che per primi hanno lasciato l’Irlanda e sono venuti in America ormai sono morti, e io sono il frutto dell’incontro fra diverse culture, quella irlandese e quella americana.
A- I nipoti degli immigrati italiani in America quando tornano in Italia spesso trovano una nazione diversa rispetto a quello che gli avevano raccontato i nonni..
D- Lo stesso per l’Irlanda, una nazione totalmente cambiata, che ha attraversato un grande sviluppo economico. Da un punto di vista esterno è interessante notare come in una nazione, quando questa inizia a diventare più ricca, i giovani iniziano a perdere le proprie radici culturali
A- Boston e San Francisco, sono le città cardine per quanto riguarda lo “streetpunk”. Perché proprio in queste due città, e non Los Angeles..
D-Uno dei motivi per cui la scena streetpunk è così grande in queste città e non a Los Angeles è la grande collaborazione che c’è fra le band e la gente della scena, a Los Angeles c’è sempre stata una grande rivalità interna, problemi con le gangs e così via. Un’altra ragione fondamentale è che le band di Boston e di S. Francisco sono sempre andate in tour, diffondendo la loro musica sia in America che nel resto del mondo. Ci sono ottime band streetpunk in altre città dell’America, solo che non fanno tour, non fanno conoscere il loro nome..
A- Come gli Anti-Heroes, che sono della Georgia..
D- Esatto, a Boston c’è sempre stata una grande collaborazione fra le persone per far diventare la scena il più grande possibile, per aiutare molte band ad emergere: ad esempio gli Slapshot quando andavano in tour si portavano dietro un’altra band da Boston, i Mighty Mighty Bosstones, così come noi abbiamo portato in Europa i Reach the sky. Quando metti il piede in una porta, c’è sempre spazio anche per un’altra band..
A- In Europa c’è la convinzione che Boston e San Francisco siano le città più europee in America: si tratta solo di un’impressione sbagliata o c’è qualcosa di vero?
D- Mah, questo è divertente, perché da un punto di vista italiano e irlandese è sicuramente vero. Un lato di Boston, la zona sud e i sobborghi, sono per lo più abitati di abitanti di origine irlandese, mentre la zona nord e quella est della città è abitata da immigrati di orine italiana: in questo modo si è conservato un rapporto intenso con il vecchio Continente, anche se l’arrivo di immigrati da altre parti del mondo sta ovviamente cambiando un po’ di cose. In altre città come New York non si può dire lo stesso, perché è abitata da gente che proviene da tutto il mondo, mentre a Boston molti abitanti hanno conservato un forte rapporto con le nazioni da cui provenivano i loro antenati.
A- Parlando di New York, è vera questa vecchia leggenda sulla profonda rivalità che divide le due città, io sono cresciuto ascoltando i Gorilla Biscuits e i Judge e c’era sempre sottointeso questo rapporto abbastanza pesante fra le due scene (basta pensare al testo di “New York Crew” dei Judge che- testuali parole- diceva “Boston came around one night, push came to shove and we were down to fight”, avete bisogno della traduzione?)..
D- Si tratta di due città che per quanto riguarda lo sport, soprattutto baseball e hockey, sono sicuramente nemiche. Per quanto riguarda la scena musicale invece si è sempre trattato di una rivalità tutto sommato amichevole, ci siamo sempre sfottuti a vicenda, ma in fondo c’è sempre stata una grande collaborazione, sicuramente fra gli skinhead delle due città ci sono stati in passato dei grossi problemi, ma per quanto riguarda l’hardcore, gli Agnostic Front venivano a suonare a Boston, mentre gli SSD andavano tranquillamente a New York. Insomma se le due città si odiavano per lo sport, le due scene punk lavoravano bene assieme.
A- La rivalità fra le città è una cosa tipicamente europea, soprattutto italiana, in America suona più strano, considerato quanto sono grandi gli Stati Uniti..
D- Boston è a sole tre ore di macchina da New York. Sai, è un classica rivalità sportiva: New York Yankees contro i Boston Red Sox
A- Voi siete appassionati di sport: ad inizio disco celebrate la squadra di hockey, i Boston Bruins, mentre in chiusura addirittura i Celtics.
D- I Boston Bruins sono una mia vera mania..
A- In Europa siamo praticamente tutti fanatici di calcio
D- Forse la passione che c’è nel Nord Est degli USA per l’hockey è simile a quella europea per il calcio, l’hockey non è lo sport più popolare in America, ma probabilmente è quello che ha i fan più devoti..
A- Una delle grandi differenze fra la scena OI! Americana e quella Europea è che in America non siete interessanti al calcio, mentre molte band inglesi componevano canzoni apposta per le loro squadre favorite, come hanno fatto i Cockney Rejects per il West Ham.
D- Io ho 32 anni, e Al ne ha 33, la cosa divertente è che quando eravamo piccoli il football era lo sport dei ragazzini ricchi e per questo noi non ci abbiamo mai giocato. Poi è successo qualcosa, e adesso tutti i ragazzi sotto i 25 anni iniziano ad appassionarsi al calcio, i membri più giovani della band sanno tutto delle squadre europee, vanno anche a vedere i New England Revolution allo stadio..
A- C’è uno di voi che indossa la maglietta del club sul retro del disco..
D- Esatto, invece noi che siamo più grandi rimaniamo fedeli ai classici sport con cui siamo cresciuti, ma credo che nei dieci anni il calcio sarà popolare come gli altri sport in America.
ALEXIO
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