martedì, aprile 11, 2006

1972 : la rivoluzione entra in Hit Parade

Riportiamo qui di seguito un bellissimo articolo di IGOR PRINCIPE, nel quale si racconta come la musica abbia avuto un ruolo importantissimo negli anni piu' duri delle contestazioni nel nostro paese...


Il '69, in Italia, non è l'anno di Woodstock, bensì di Piazza Fontana, nella quale - il 12 dicembre - non risuo
nano le note delle chitarre, ma il fragore di un ordigno che toglierà la vita a dodici persone, esplodendo al centro della Banca Nazionale dell'Agricoltura.

E' l'inizio di quella che viene chiamata "strategia della tensione", consistente nel far accadere qualcosa di grosso ogni qualvolta si avverta nell'aria un tentativo di cambiare. Non é questa la sede per un'analisi politica di quei tempi, che tuttora faticano ad abbandonare le discussioni degli italiani. Quel che conta, ai fini della nostra storia , è di vedere come e quanto quei tempi abbiano influenzato i contenuti della canzone popolare. La risposta - per certi versi ovvia - è: totalmente. In particolare, dal '69 al '76, l'attenzione dei cantautori è catalizzata dallo scenario politico, in particolar modo dall'avanzata della sinistra e in particolare del Pci, che arriva a sfiorare, proprio nel '76, una storica vittoria elettorale.
Lo slogan dei giovani di quegli anni è "uniti contro la Dc", vista come il p
artito di dinosauri, di burocrati e di burattinai. Nonostante l'entusiasmo del Paese nella difesa della libertà contro il terrorismo nero (caratterizzato dall'uso delle bombe) e le minacce di golpe, la vittoria del referendum sul divorzio nel 1974, il Partito Comunista non riuscirà mai a sorpassare la Democrazia Cristiana, sorretta - nel 1976 - da una maggioranza silenziosa analoga a quella che, otto anni prima, permise a Charles De Gaulle di rimanere all'Eliseo contro tutte le previsioni.

La canzone, per tutto questo periodo, respira quest'aria, se ne nutre. I giovani, in quegli anni, abbandonano l'ambito istituzionale della musica leggera e si riversano negli spazi aperti ai giovani dalla Sinistra. In questo ambiente nasce la nuova canzone, definita "impegnata" poiché tratta problemi del quotidiano, di condizione operaia, di libertà dell'individuo. Voci di allora sono GUCCINI, DE GREGORI, VENDITTI, BENNATO, ma anche - su toni più leggeri e meno politici - DALLA, CONTE, DE ANDRÉ.

Nel '72, la Contestazione fa il suo ingresso in Hit Parade, con la canzone "Piazza del popolo" di CLAUDIO BAGLIONI, storia d'amore vissuta in una manifestazione studentesca dispersa dalla polizia. Una delle poche canzoni a sfondo politico di Baglioni, reo di cantare l'amore e quindi di estraniarsi dal contesto di allora, molto più degno d'attenzione, secondo i più. Salvo poi, nell'intimità della propria cameretta, tuffarsi nell'ascolto del Claudio nazionale e di quel LUCIO BATTISTI che davvero può considerarsi l'interprete della colonna sonora degli anni '70.

BATTISTI, AMORE E DISIMPEGNO Affiancato dal paroliere più efficace della storia della canzone italiana - quel GIULIO RAPETTI più conosciuto sotto il nome di MOGOL - Battisti canterà meglio di chiunque altro le emozioni d'amore di quella generazione, che almeno da questo punto di vista non si differenzia dalle precedenti.
Ma il rifiuto di toccare temi politici lo porterà ad essere etichettato a vita come "il cantante della destra". In quest'opera, contributo fondamentale è dato anche da quei ragazzi che, non volendo partecipare all'euforia collettiva del tempo, ascoltano Battisti al posto di Guccini.
Ciò, tuttavia, non costerà in termini economici al nostro, che in quegli anni vende più di tutti, al punto da decidere, nel 1982, un definitivo ritiro dalle scene per dedicarsi alla propria vita privata, sfornando un disco ogni tanto. Amor di precisione obbliga a dire che, terminato burrascosamente - alla fine degli anni '70 - il sodalizio con Mogol, Battisti si produrrà in dischi estremamente impegnati, ai limiti dell'ermetismo, che non gli porteranno quei consensi che si era giustamente guadagnato sul campo in precedenza. Sarà sarà stato l'effetto del mancato sorpasso elettorale, sarà stato l'eccessivo clima di tensione vissuto durante i primi anni del decennio, fatto sta che la Sinistra si sfalda.

La Contestazione, però non accenna a diminuire, anzi, per certi versi si acuisce. Il 1977 vede nascere, infatti, una generazione di contestatori che non digerisce la sconfitta di quelli del sessantotto. Eppure, questi loro predecessori hanno ottenuto notevoli vittorie. Tra le tante, segnaliamo quella che più riguarda il campo musicale: la nascita delle radio libere. La radiofonia, e quindi la trasmissione musicale, fino al '76 sta nelle mani della Rai. Ma il 10 marzo del 1975, nell'etere accade qualcosa di nuovo: cominciano le trasmissioni di Radio Milano Internazionale, fondata da tre ventenni.

LA RABBIA DEL 1977 - E' un vero segnale di libertà: da quelle frequenze, infatti, sgorga tutta quella musica che non riusciva a trovare spazio sulle frequenze Rai. In particolare, Radio Milano e le altre che, a ruota libera, seguiranno la sua strada, rappresenteranno il vero megafono di quella musica che si svilupperà intorno alla protesta del '77.
Una protesta violenta, estrema. I giovani sfilano in corteo con le tre dita alzate a mimare il simbolo della P38, inseparabile compagna di quegli anni: chiedono "tutto e subito", come faceva CIM. Morirono alla fine degli anni Sessanta. Ma se Jim, poi, vi rinunciò per una vita da artista dannato, i nostri non hanno alcuna intenzione di mollare.
Il 17 febbraio arrivano a contestare anche un capo storico della sinistra proletaria di quegli anni: Luciano Lama, segretario della Cgil. Questi, durante un comizio a Roma, viene bombardato da bulloni e altri oggetti, lanciati da esponenti delle frange estreme del movimento di allora.

Lo sbandamento, tra i giovani, è forte. FRANCESCO GUCCINI, che pochi anni prima cantava del trionfo della giustizia proletaria ("La locomotiva"), sembra lontano anni luce. Si diffonde un sentimento di delusione mista a rabbia. I cantautori rifiutano la violenza espressa dai giovani di allora: CLAUDIO LOLLI, forse il miglior interprete del 1977, canta "disoccupate le strade dai sogni", svergognando chi sognava "l'immaginazione al potere" (slogan tra i più in voga durante il '68).

La musica cerca altre vie: c'è la sperimentazione degli Area e della PFM, la provocazione gay di IVAN CATTANEO e RENATO ZERO, la voglia di fare solo musica con Ivan Graziani. L'impegno che caratterizzava, nei primi anni '70, DE GREGORI, VENDITTI, BENNATO, sembra scomparso. Se prima era un must, per il cantautore, essere considerato colto - tanto che fioccavano tra di loro gli iscritti all'università e i laureati (Guccini in Magistero, Bennato in Architettura, Roberto Vecchioni in Lettere) - adesso si ritorna al cantautore come semplice poeta, o al massimo come sperimentatore. Il tempo dei sogni, insomma, sembra davvero finito.

L'ORA DELL'ULTIMO VALZER - La deflagrazione finale si ebbe nel 1978, con il sequestro Moro. I cinquantacinque giorni di prigionia dell'allora Presidente del Consiglio segnarono il periodo più difficile, per l'Italia, di tutto il dopoguerra. Le Brigate Rosse, con il loro "attacco al cuore dello Stato", cercavano di impedire la normalizzazione del Pci, che doveva avvenire con l'ingresso del partito al governo. Il Paese, dinanzi al più grande pericolo di sovversione mai corso prima, si compatta , politicamente e socialmente.
La protesta, insomma, è andata oltre ogni limite, e coloro che negli anni precedenti l'hanno incarnata al meglio - i cantautori - non possono ora condividere la follia di chi ha compiuto quel gesto. La musica, quindi, ritorna lentamente nel suo alveo, faticando però a riconquistare quella qualità che l'aveva contraddistinta durante la prima Contestazione.

I primi anni Ottanta saranno caratterizzati da un vuoto musicale italiano che spianerà la strada all'invasione del pop inglese e americano. Forse l'unico che partorì in quegli anni un capolavoro assoluto è De Gregori, con la bellissima "Donna cannone". Ma le note inglesi e a stelle e strisce ci invaderanno. E a proposito di America, là, nel '78, c'è ancora qualcosa per cui vale la pena di combattere: quell'anno, infatti, si verifica l'incidente nucleare di Three Miles Island, che porta alla ribalta il problema legato a quella nuova forma di energia. In segno di protesta, un gruppo di cantanti americani organizza un concerto a New York, conosciuto con il nome di "No Nukes". Vero mattatore della serata è BRUCE SPRINGSTEEN, nuovo idolo rock americano, considerato - non a torto - l'erede dello scettro di Elvis e di Dylan. Springsteen canta la vita di provincia già nel '75, quando da noi imperversa la protesta studentesca e operaia. Egli sa che in America, invece, l'unica voglia è di raggiungere quel sogno americano che coincide con la realizzazione di una vita migliore sul piano personale. E il pubblico lo incensa, catturato anche dalle sue performance live di quattro ore. La protesta per il nucleare, però, è l'ultimo focolaio di vita della generazione dei "capelloni" americani. E quando alla fine del '78 Martin Scorsese gira il film "The Last Waltz", cronaca dell'ultimo concerto di The Band, il gruppo di Dylan, si capisce che quel tempo è definitivamente tramontato. Sul palco, in quella occasione, sfilano Neil Diamond, Eric Clapton, un Ringo Starr brizzolato che suscita una valanga di ricordi legati a quei favolosi quattro i quali, a colpi di chitarra, cominciarono a cambiare il mondo. E legati a tutti coloro che -nel bene e nel male - li seguirono.