venerdì, febbraio 02, 2007

DISCHI CHE HANNO FATTO LA STORIA


E' LA SECONDA VOLTA CHE I PINK FLOYD ENTRANO IN QUESTA RUBRICA. LO AVEVANO FATTO CON "the wall" E SI RIPETONO CON L' INDIMENTICABILE "the dark side of the moon" CHE NON POTEVA NON ESSERE ANNOVERATO TRA I DISCHI CHE HANNO LASCITO UN SEGNO NELLA STORIA DELLA MUSICA...

Considerato da molti il capolavoro dei Pink Floyd, "The Dark Side Of The Moon", datato 1973, è senza dubbio una pietra miliare della musica rock. Il suo sound ha influenzato alcune tra le più interessanti band contemporanee, le vendite multimilionarie (763 settimane nella classifica americana) ne hanno fatto un raro esempio di come la qualità, quasi mai accompagnata da grosse vendite, si possa sposare col successo.

L'album prese forma tra il 1972 ed il 1973, con la riscrittura di brani già composti dai Floyd, e con l'aggiunta di qualche pezzo di più fresca composizione. Nel corso di questo lasso di tempo il gruppo portò in giro l'opera in concerto, sia in Inghilterra che in America, riscuotendo ovunque un successo senza precedenti e facendo presagire i trenta milioni di copie venduti in tutto il mondo. L'opus magnum dei Pink Floyd è un concept album, che ha come suo argomento centrale la pazzia; del resto già il titolo ne è una allusione. I brani, che si susseguono in maniera unitaria, a formare un'unica grande suite, trattano delle varie cause che possono portare l'uomo sull'orlo del baratro. E' evidente che fortissima resta la presenza del 'fantasma' di Syd Barrett, il primo leader del gruppo, impazzito a causa dell'abuso di droga, ma, come scritto da qualche critico, "seppur trattava in gran parte di Syd, con quest'album si liberarono definitivamante di lui". Buona parte della stampa specializzata infatti, che aveva sempre dato scarso credito al gruppo senza il suo fondatore, dovette ricredersi. Il concept si apre con "Speak To Me", che più che una canzone è un susseguirsi di effetti sonori (primo tra tutti il battito di un cuore), i quali, da un lato anticipano i temi principali dell'album, e dall'altro creano una tensione che si stempera con la celestiali note di chitarra di David Gilmour, che introducono il primo brano: "Breathe". Seguono "On The Run", brano strumentale basato sul sintetizzatore che simboleggia anche nel titolo, ripreso dall'album "Obscured By Clouds", la paranoia e "Time", nel quale l'inesorabile scorrere del tempo, al quale troppo spesso assistiamo impotenti, viene trattato attraverso quello che, a parere di chi scrive, è il miglior testo dell'intera carriera dei Pink Floyd. La prima parte si chiude con "The Great Gig In The Sky", un brano uscito dalla penna del tastierista Rick Wright, al quale non servono parole per evocare lo spettro della morte, rappresentato, con la masima eloquenza, dai vocalizzi della cantante gospel Clare Torry.

La seconda parte si apre con "Money", un sarcastico atto d'accusa contro il 'dio denaro', che vede l'utilizzo di una ritmica insolita. Segue, senza soluzione di continuità, "Us and Them" , nella quale si raffigurano generali che giocano alla guerra, non consci del fatto che, quelle pedine mosse "da un lato all'altro", sono uomini, come il padre di Waters, autore di tutti i testi, morto in guerra nel 1943. Si prosegue con la strumentale "Any Colour You Like", che ricorda gli effetti della droga, per arrivare a "Brain Damage", probabilmente il brano che più di tutti richiama alla mente Syd Barrett, che si conclude con il verso "E se il gruppo in cui suoni inizia a suonare note differenti, ci vedremo sul lato oscuro della luna". Dopo la conclusiva "Eclipse", lo stesso battito umano presente all'inizio, chiude l'opera. Oltre che da una miriade di effetti sonori, come le numerose voci di semplici passanti, ai quali veniva chiesto di esprimere un parere sui temi dell'album, o come i rumori di cassa, o di orologi sincronizzati con la musica, l'album è caratterizzato, musicalmente, da atmosfere 'sognanti', grazie soprattutto alla chitarra di Gilmour, che crea un suono davvero inconfondibile, e grazie all'uso di strumenti inusuali fino a quel momento per i Pink Floyd, come il sassofono, o le voci femminili. In realtà gli elementi di novità veri e propri sono pochi, ma nonostante ciò, l'album ha il pregio di rappresentare una maturazione del gruppo, sia dal punto di vista della scrittura musicale, che mai aveva portato, nel periodo post-Barrett, ad un intero album di cosi' alto livello, sia dal punto di vista dei testi, che, per la prima volta, risultano davvero riusciti, essenziali ed in grado di colpire nel segno.

Come detto l'album ricevette un'accoglienza trionfale, sia dal pubblico che dalla stampa specializzata, arrivando ad essere considerato da molti il miglior disco rock mai realizzato. Nel corso degli anni, tuttavia, come è normale per un'opera tanto incensata, si sono moltiplicate le critiche. Soprattutto da chi si ostinava, e si ostina, a ritenere Barrett il vero genio dei Pink Floyd. La critica più ricorrente riguarda l'eccessiva perfezione formale degli arrangiamenti, che a volte parrebbero troppo laccati, sia in riferimento alla chitarra, secondo molti, eccessivamente languida di Gilmour, sia all'uso dei cori, che non avrebbero altra funzione che quella di rendere il suono più commerciale. Sono tanti infatti a ritenere che i Pink Floyd, avrebbero 'volgarizzato' la psichedelia, fino a renderla 'musica da salotto'. Questa impostazione non tiene conto, a parere di chi scrive, del vero obbiettivo che Waters e i Floyd si erano prefissi: quello di arrivare al maggior numero di persone possibili, non tanto per vendere dischi, ma per scuoterle. Quindi esattamente l'opposto di quanto sostenuto dai critici di cui sopra. Non dunque un processo che portava la psichedelia 'in salotto', ma un processo che portava molti giovani dal salotto alla riflessione su quei temi. E' quello, del resto, il motivo per cui Waters negò agli altri la possibilità di scrivere anche una sola riga di testo. Ed è quello il motivo di un sound cosi' levigato. Se questo può far si che, alle orecchie di ascoltatori maggiormente 'esperti', si perda quel fascino, quel mistero che può fare grande un disco, è anche vero che ciò contribuisce ad avvicinare, a quello stesso disco, ascoltatori meno smaliziati. Senza comunque, ed in questo i Pink Floyd sono stati grandi, compromettere la qualità dell'opera.