mercoledì, luglio 25, 2007

DISCHI CHE HANNO FATTO LA STORIA


1977: l'esplosione del movimento "punk" a Londra e l'uscita sul mercato di alcuni dischi storici della prima "new wave" lo rendono un anno di confine, un anno in cui il rock intraprende un nuovo ed irreversibile corso. I quattro newyorkesi che si facevano chiamare "Ramones" rientrano a pieno titolo tra i maggiori protagonisti di questo periodo di gran fermento: esorditi allo storico CBGB's già nel 1974, Joey Ramone e compagni avevano, due anni dopo, con l'uscita di "Ramones", dato un salutare scossone alla scena musicale del tempo, dimostrando di aver fin troppo chiare quali fossero le nuove prospettive da far assumere al rock degli anni a venire.

Dopo un buon secondo album di transizione, "Rocket to Russia" rappresentava l'assestamento e il magistrale consolidamento del loro peculiare sound: ciò che nell'album d'esordio poteva ancora sembrare quasi una burla, o una sorta di bizzarro esperimento, adesso, nell'anno "ufficiale" di nascita del movimento "punk", era invece diventato a tutti gli effetti il verbo riconosciuto di un'autentica rivoluzione musicale, ormai matura in tutta la sua irriverente “immaturità”.

"Rocket to Russia", completando una sorta di trilogia, può esser considerato l'album più "punk" dei Ramones. E' anche quello che, ovviamente insieme a "Ramones", ha influenzato stilisticamente una generazione intera di chitarristi, bassisti e frontmen. E' quello che non può mancare in nessuna discografia punk/new wave che si rispetti. A questo punto, si rende però necessaria anche qualche considerazione preliminare per contestualizzare meglio un disco storico come "Rocket to Russia" e, con esso, il ruolo stesso svolto dai Ramones in quel periodo così come già a partire dai tre anni precedenti.

Pur essendo i Ramones a buon diritto associati alla generazione “punk”, d’altro canto, i quattro andrebbero considerati come un fenomeno non del tutto coincidente con quel movimento ma, piuttosto, come un fenomeno parallelo e, per molti versi, anche a sé stante: in primo luogo, per il semplice motivo che i Ramones non soltanto cominciarono ad esibirsi ben tre anni prima dell’affermazione del “punk”, ma anche che, a differenza della quasi totalità dei gruppi del ’77, continuarono una lunga carriera anche dopo l’esaurimento di quello stesso movimento, e lo fecero senza nemmeno modificare troppo la propria fortunata ricetta iniziale. In secondo luogo, i quattro newyorkesi affondavano parte delle proprie radici anche in momenti musicali e in tematiche che il punk trascurò, quando non vi si oppose decisamente: le love-songs per esempio, comprese quelle canzoni strappalacrime adolescenziali che conquistavano i teens americani tra la fine degli anni '50 e i primi '60. Ascrivere i Ramones al “punk” in modo acritico e scontato o, peggio, considerarli soltanto alla stregua di "precursori" di esso, finisce non soltanto per limitarne l'importanza storica, ma sopratutto per penalizzarli musicalmente, facendo apparire come mancanti rispetto al "punk maturo" (quello cioè di Sex Pistols, Clash, Damned, etc) quelli che in realtà sono piuttosto alcuni aspetti peculiari e distintivi della formazione rispetto ad esso. Asserita l'indipendenza dei Ramones dal punk, non bisogna però, dall'altro lato, sottovalutare invece la forte dipendenza e il grande debito contratto dal punk-rock nei confronti dei Ramones: senza questi ultimi, infatti, esso - e ciò con profonde conseguenze per il rock tutto - di sicuro non sarebbe stato come quello che conosciamo. Non avrebbe assunto il suo aspetto più scanzonato e beffardo; non avrebbe aspirato ad un sound davvero rivoluzionario, ma sarebbe rimasto legato soltanto alle sonorità loser e "decadenti" di gruppi come New York Dolls (quest’ultima fu una formazione pur necessaria, ma non certo sufficiente, alla nascita del "punk" vero e proprio).

Rivendicare, come si è appena fatto, la peculiarità e l'autonomia dell'approccio musicale dei Ramones, è un modo per attribuire il giusto peso ad una formazione che ha avuto, innanzitutto, il grande merito di aver riportato in vita, alla metà degli anni '70, l'energia originaria e dirompente del rock'n'roll: non in qualità di revival del passato, bensì in una forma dalla portata talmente innovativa da rendere i quattro paragonabili a dei novelli Chuck Berry dell'era punk. La "Maybellene" degli anni '70 si chiama "Sheena Is a Punk Rocker": un brano energico, divertente, frizzante, funambolico, e che davvero elegge i Ramones quali più genuini rock&rollers di quegli anni. "Sheena" resta il brano più meritatamente celebre di "Rocket To Russia" ed è anche uno dei più rappresentativi e acclamati dell'intera lunga carriera della formazione.

Ma nel disco non mancano certo altrettanto ottime tracce: a cominciare dalla potente opening-track , la trascinante e demenziale "Cretin Hop", e la seguente "Rockaway Beach", forte anche di chiare ascendenze di matrice surf-rock: sin da subito, qui infatti si respira quell’atmosfera di svago estivo e spensieratezza che, in qualche modo, tutti abbiamo ben vivida nella fantasia: girls, surf, fun, California sun. Sarebbe tuttavia sbagliato leggere brani del genere, ricorrenti in varie forme nel repertorio della band, in modo eccessivamente “immediato”: come erano riusciti magistralmente i Beach Boys, i Ramones si dimostrano in grado di dar vita ad un immaginario giovanile il cui artificio sfugge proprio perché costruito in modo tanto semplice quanto efficace (ci vuole dell’"arte" per nascondere l’"arte", insomma).

Una novità del disco, rispetto ai due album precedenti, è costituito la presenza di "Here Today, Gone Tomorrow": si tratta di un brano ben più pacato rispetto agli altri, con un testo più riflessivo e che introduce anche una vena malinconica la quale, spesso associata al tema del ricordo di un amore perduto, non mancherà in seguito nella musica dei Ramones. Caratterizzata anche da un diverso timbro chitarristico, più acustico, "Here Today, Gone Tomorrow" è la prima ballata della formazione, quasi disarmante per la sua scarna essenzialità. Joey Ramone, dal canto suo, si dimostra particolarmente dotato nel cantare un brano del genere, che rappresenta anche il primo riuscito esperimento verso un filone più "pop" in cui la sua band conseguirà alcuni splendidi risultati negli anni seguenti (si acoltino ballate come “Questioningly”, “7-11” o “Bye Bye Baby”).

"Locket Love" è una gradevole ed allegra love-song che riporta subito il buonumore dopo le nubi passeggere del brano precedente. La seguente "I Don't Care", che tra musica e testo è uno degli episodi dalle connotazioni più "punk", lascia presto spazio alla giovanile irruenza della già citata "Sheena Is a Punk Rocker": una chitarra incandescente e un cantato irresistibile, accompagnato da coretti e handclapping , lo rendono uno di quei brani così coinvolgenti che fanno davvero venir voglia di saltare sulle sue note. Le seguenti "We're a Happy Family" e, sopratutto, "Teenage Lobotomy" rappresentano altre due pietre miliari della formazione, anche se forse si tratta di due brani che rendono meglio dal vivo ("It's Alive" è lì a dimostrarlo!).

"Do You Wanna Dance?" è l'eccellente cover di un brano degli anni ’50 firmato Bobby Freeman; illustre precedente era stata, tre anni prima, una versione cantata da John Lennon in "Rock 'n' Roll", la quale però non si discostava troppo dall'originale. I Ramones, al contrario, personalizzano molto il brano, lo fanno proprio al punto da non distinguersi più minimamente dagli altri; l'originale, infatti, è prima de-costruito per poi essere ricomposto con le medesime poche ed efficaci componenti che stilisticamente danno vita agli altri brani: il potente e lineare "wall of sound" chitarristico inventato da Johnny Ramone; il basso martellante di Dee Dee; i tempi rapidi della batteria di Tommy; la davvero inimitabile voce di Joey, l'eterno teenager. E il tutto è, come di consueto nella prima parte di carriera della band, dai tratti squisitamente low-fi e ridotto alla media di poco più di due minuti per traccia: nessun assolo, nessun abbellimento, nessuna ridondanza. Energia allo stato puro.

L'altra cover da manuale presente nell'album è la persino più vulcanica "Surfin' Bird", tratta da un vecchio hit dei Trashmen: in questo caso, è sopratutto la scelta del brano ad essere significativa poiché, al contrario del caso precedente, questa volta già lo stesso brano originale sembra fatto apposta per essere rivisitato dai Ramones. Con "Surfin' Bird" siamo di fronte non solo ad un esplicito omaggio al surf-rock, ma anche ad un saggio esemplare della sua riattualizzazione e rilettura in chiave moderna: il surf , genere proliferato nei primi anni '60 anche in una dimensione garage , incontra adesso il garage di una generazione successiva, quella dei Ramones. Questa è una lezione che non mancherà di fare alcuni illustri proseliti, sopratutto in patria.

Prima di giungere ad ascoltare i Ramones alle prese con i Trashmen, c'è spazio però anche per la gioviale filastrocca di "I Wanna Be Well", per i guizzi di "I Can't Give You Anything" e, sopratutto, per la cadenzata freschezza di "Ramona": gli immancabili cori di sfondo, nonché una chitarra dai toni più soffici, scandiscono un altro piacevole brano che rappresenta anche un perfetto modello, sebbene in realtà inimitabile, per tante future melodie pop-punk degli anni '90.

"Why It Is Always This Way?", per concludere, congeda in bellezza da una vera pietra miliare del rock: un disco che a suo tempo ebbe un impatto rivoluzionario; un album che, ancora oggi, non solo conserva la propria carica e diverte, ma si dimostra anche in grado di insegnare qualcosa, di far discutere. Se l'essenzialità musicale è stata la caratteristica distintiva dello stile “Ramones”, in particolare della prima fase creativa della band, a parere di chi scrive essa può essere riconosciuta ed apprezzata a due diversi livelli, entrambi validi, e che non vanno confusi: ad un primo livello, l'essenzialità di questi brani è già compiuta in se stessa, poiché proprio nella semplicità è riposta la loro perfezione, il segreto di un piacere dell'ascolto riposto non nella complessità, ma piuttosto nella semplicità dei mezzi di espressione artistica. Nello stesso tempo, ai Ramones vanno però anche attribuiti parecchi meriti storici: proprio nella loro brillante essenzialità, ognuna di queste tracce ha rappresentato un prezioso prototipo cui si è fatto ricorso per intraprendere tante nuove strade nel rock. Le canzoni dei Ramones hanno così rappresentato delle lezioni imprescindibili, e presto inconsapevolmente implicite, per quasi chiunque sia giunto dopo di loro.

Ancora oggi, infine, un album come "Rocket to Russia” può costituire una lezione sempre attuale per tutti gli amanti del rock, e sopratutto per chi è convinto che il rock'n'roll non abbia davvero età: i Ramones sono riusciti, forse come nessun altro, a reincarnare in una forma del tutto nuova, moderna, popolare, il suo originario spirito rivoluzionario e a tramandarlo alle nuove generazioni, gettando così un ponte ideale tra passato e futuro. Un ponte fatto di tre accordi e poco più: semplicemente, geniale. Long live rock'n'roll.

Francesco Paolo Ferrotti (ondarock)