martedì, settembre 20, 2005

RECENSIONE DELLA SETTIMANA


TITOLO : Another Voice
AUTORE : Agnostic Front
GENERE : Hardcore
ANNO : 2004
PROVENIENZA : New York (USA)





Roger Miret, cantante e frontman degli Agnostic Front è considerato all'unanimità "don hardcore", il padrino riconosciuto di uno dei generi più estremi di musica.
Ho preso questo "Another voice" (degna successione del bellissimo "One voice") per svariati motivi e il risultato è decisamente soddisfacente. Matt Henderson dei Madball è tornato a suonare la chitarra negli AF e la sua viol
enza si snte dall'inizio alla fine, togliendo il respiro in ogni brano.
Il disco, la cui copertina si può vedere qui sopra,
è un inno alla voce degli oppressi, dei più deboli, ma allo stesso tempo è la voce della strada, è la voce del popolo HARDCORE. Un lavoro potente e diretto che in molte cose ricorda più i dischi dei primi anni 90 della band e si distacca un po' dagli ultimi tre.
Si parte a mille allora con una scarica di hc newyorkese dal titolo "Still Here" che farebbe sobbalzare anche i più duri. Si continua di corsa : ‘All Is Not Forgotten’ dimostra a parole e nei fatti che il vecchio "One voice" è ancora
tenuto bene a mente dalla band, capace di rievocarne lo spirito grazie a una veste musicale piuttosto simile, ma miglirata da una produzione ancora più massiccia. ‘Pride, Faith, Respect’ e ‘Take Me Back’ riportano alla mente persino il capolavoro ‘Liberty And Justice’, per dire che dopo tutti questi anni gli Agnostic Front sono sempre gli stessi. E ‘per fortuna’ ci sarebbe d’aggiungere.
E' vero, non mancano pezzi un po' anonimi, ma ad una band così non si può certo rimproverare qualcosa. A fare i pignoli, forse "So pure to me" e "Dedication" sono di livello leggermente inferiore, ma sarebbe oro colato se tutto il livello basso fose
di questo tipo...
Dopo un periodo in cui le tematiche dei testi erano,
per così dire, un po' più morbide, con "Another voice" si tornano a trattare le esperienze della strada, più politiche e soprattutto più sociali : la guerra in Iraq, l'inasprimento della povertà nel mondo erano tematiche troppo forti per far finta di nulla e i cinque newyorkesi lo sanno bene.
Il basso di Mike Gallo non si ferma un secondo e si intrecci alla perfezione della batteria di Steve, davanti alla quale sentiamo un muro di chitarre da vera pelle d'oca.
Gli attacchi a Bloomberg non mancano (ai livelli di quelli all'ex sindaco di NY R.Giuliani), i riff viol
enti e l'adrenalina dell'hardcore ti fanno entrare a 360° in ogni songolo pezzo che ti prepara piano piano al finalone del disco, con "Hardcore (The definition)", un titolo che parla da se e la scalpitante "Casuality of Times"che chiude un disco da ascoltare a volume pazzesco.
Roger e l'intramontabile Vinnie Stigma non possono che essere soddisfatti della loro ultima fatica, nel rispetto di quello stile che li ha portati, senza paragoni, ad essere i veri... HARDCORE GODFATHERS