martedì, maggio 16, 2006

THE ORIGINAL SOUNDTRACK


Torniamo a parlare di colonne sonore. Oggi ci occupiamo del mio film preferito : PULP FICTION, una pellicola fantastica, accompagnata da una colonna sonora di altissimo livello...

Quel che più colpisce del background musicale di Quentin Tarantino non è tanto la quantità di vinili che il regista conosce e con tutta probabilità possiede, bensì l'estrema eterogeneità del materiale stesso.
Senza arrivare all'eccessiva dispersività dei recenti Kill Bill: Volume 1 e Kill Bill: Volume 2 che fanno perdere identità al disco in sé stesso, per Pulp Fiction Quentin in persona indossa le cuffie e seleziona una manciata di belle old songs che rifioriscono grazie all'inserimento nel contesto cinematografico; nuove vesti per brani poco noti o completamente dimenticati che entrano nell'immaginario collettivo per quello che rappresentano all'interno del film e per il corredo visivo di cui entrano a far parte, piuttosto che per la propria storia pregressa.

Caso da manuale è rappresentato da You Never Can Tell: quando la si ascolta (anche in un programmatissimo spot pubblicitario televisivo) chi riesce a non mimare l'irresistibile balletto simil twist di John Travolta ed Uma Thurman piuttosto che immaginare il faccione di Chuck Berry?
Ed a questo si aggiunge un altro interrogativo: ma al twist contest la coppa John e Uma l'avranno vinta o l'avranno rubata?
Interrogativi che si sovrappongono ad altri tipici della pellicola, del tipo "ma che diavolo ci sarà mai in quella dannata valigetta?" oppure "ma perché Wallace ha quell'assurdo cerotto appiccicato dietro la nuca?"
Tutto il film è un susseguirsi di selvagge emozioni musicali (oltre che visive, obviously) che partono dai titoli iniziali (col feroce attacco di Dick Dale & The Deltones il quale lascia solo vagamente presagire cosa ci attende nel seguito della narrazione), sottolineano ogni momento emozionale del film e terminano col sermone (sul versetto di Ezechiele) di Samuel L. Jackson, killer convertito che non riesce a lasciare a casa la rivoltella.

La cosa stupefacente è che per Pulp Fiction non è stato scritto nulla di inedito per sottolineare ed enfatizzare la sceneggiatura ma Tarantino è riuscito a trovare brani in grado di sposarsi perfettamente con le esigenze cinematografiche, ed ha lavorato così bene da farci pensare "ma avrà scelto la canzone dopo aver scritto la scena o avrà ideato la scena pensando alla canzone?".
L'unica traccia davvero nota al grande pubblico è la soffice Let's Stay Together di Al Green, sottofondo per il pugile suonato interpretato da Bruce Willis che finge di voler seguire le raccomandazioni del boss; ma il tripudio non può che essere Girl, You'll Be a Woman Soon, originariamente di Neil Diamond ma qui ripresa degnamente dagli Urge Overkill, che accompagna la danza sfrenata e ribelle di Uma nel salotto di casa, volume a palla, Travolta davanti allo specchio del bagno a porsi interrogativi erotico/esistenziali, la donna del boss che sta inesorabilmente per collassare.
Ed a seguire l'impareggiabile John Travolta/Vincent Vega nella fuga in macchina verso casa dell'amico per salvare la "pupa", con espressioni facciali degne del Premio Oscar: purtroppo nell'anno di Forrest Gamp ci sarà spazio solo per il premio come miglior sceneggiatura originale, anche se il film trionfò a Cannes.
Emozioni uniche.

Pulp Fiction propone una violenza tanto esagerata da divenire comica e surreale, pertanto anche le scelte musicali non possono che andare nella stessa direzione, e Tarantino ripesca un paio di surf divertissement: Bustin' Surfboards dei Tornadoes e Surf Rider dei Lively Ones.
Ed anche qui il miracolo: piuttosto che pensare alle chitarrine surf, alle gigantesche onde californiane o ai Beach Boys di Pet Sounds, queste canzoni ci rimandano ai grilletti che in modo ironicamente troppo facile e naturale vengono premuti durante il film.
Con l'inserimento di Jungle Boogie dei Kool & The Gang avviene una prima incursione nel mondo della Blaxploitation, il quale sarà adeguatamente ripreso ed approfondito nel successivo lungometraggio del regista, Jackie Brown, personale omaggio al mondo del cinema e della musica black dei Seventies.

Il film che ha (ri)lanciato il pulp come genere a sé stante, il film che tutte le nuove generazioni di cineasti alternativi hanno cercato di emulare, Uma Thurman che compariva nelle riviste musicali accanto alle facce di Kurt Cobain, Eddie Vedder e Michael Stipe (eroi del momento), il film che diventò un must per gli amanti del grunge (il genere che riempiva le classifiche nel '94) senza aver niente di grunge, Tarantino che diventava un punto di riferimento, assoluto quanto irraggiungibile, sia nella tecnica narrativa che in quella delle scelte musicali.
Il soundtrack perde qualcosa se staccato dalle immagini, anche perché la spezzettatura con alcuni dialoghi ne fa perdere il carattere di disco capace di vivere in maniera autonoma, ma se selezionate esclusivamente le tracce musicali avrete comunque una bella sequenza di canzoni scelte per voi personalmente da Sua Maestà Quentin Tarantino.