venerdì, ottobre 13, 2006

PUNK : dalla strada al palco, storia di una musica, di una cultura, di uno stile di vita...


SI PARLA TANTO DI PUNK NE GLI ULTIMI ANNI, ASSOCIANDO TROPPO SPESO QUESTA PAROLA A SITUAZIONI CHE SONO DISTANTI ANNI LUCE DAL VERO CONCETTO DEGLI ANNI 70, QUANDO NELLE STRADE INGLESI SI AGGIRAVANO I PRIMI RIBELLI DALLE CRESTE COLORATE.
DALLA RETE UN BELL'ARTICOLO CHE CI RACCONTA LA STORIA DI UNO DEI MOVIMENTI PIU' IMPORTANTI A LIVELLO SOCIALE, STORICO, MUSICALE...

Il termine punk è apparso per la prima volta sulle note di copertina di una raccolta retrospettiva per descrivere i gruppi-garage degli anni sessanta, ma ha acquisito un preciso significato solo nel 1977 con l'affermazione del gruppo simbolo del movimento punk: i Sex Pistols. Gli inglesi fecero la loro conoscenza una sera d'estate, quando durante un programma televisivo costoro insultarono per mezz'ora, in diretta, un povero presentatore che si chiamava Bill Grundy. Erano giovanissimi, vestiti in maniera vergognosa, con i capelli irti, i denti marci e gli occhi stralunati. Per tutta la trasmissione sghignazzarono, sbadigliarono e si cacciarono le dita nel naso fino alle nocche. Il trambusto che provocarono fu tale che le case discografiche, le cui vendite stagnavano dagli anni dei Beatles, gareggiarono per scritturarli: la spuntò la Emi, ma fu costretta quasi subito a recedere dal contratto perché i Sex Pistols, continuando imperterriti a vomitare sul palcoscenico e insultare la regina, rovinarono l'immagine dell'azienda. La gran parte delle date del tour inglese vennero cancellate ed i cristiani organizzarono processioni contro i Sex Pistols, dicendo di essere la vergogna della razza umana.
A dir la verità però il merito di questo gruppo è quello di aver orchestrato l'affermazione a livello planetario, sfruttando al meglio le potenzialità sensazionalistiche in un paesaggio nel quale ogni velleità rock istintiva e turbolenta era drammaticamente soffocata da echi tardo-hippy, pacchiante post-glam e masturbazioni progressive.
Però contemporaneamente a loro, forse incominciando anche prima, si affermarono altri due gruppi storici: sempre in Inghilterra ci furono i Clash, mentre negli Stati Uniti i Ramones.
Nella Gran Bretagna della metà degli anni '70, depressa sul piano sociale e affamata di novità, le provocazioni concettuali, estetiche e sonore, lanciate dalle "pistole del sesso" e dai loro sempre più numerosi discepoli non passarono davvero sotto silenzio. Gonfiate dai mass-media, ottennero il duplice effetto di turbare il pubblico cosiddetto benpensante e coinvolgere una vasta audience giovanile, che nel "movimento" punk ritrovava le grandi e piccole soddisfazioni quotidiane, la paura del domani (esorcizzata, si fa per dire, nella filosofia nichilista del "no-future","nessun futuro"), il proprio impeto iconoclasta e nel contempo il bisogno di nuovi eroi che non si ponessero su un piedistallo, il legittimo desiderio di riti liberatori e divertimenti quanto più possibile sfrenati. A tali esigenze, avvertite soprattutto (ma non solo) da teenagers proletari e creativi in erba, il punk rispose in modo totale e diretto, senza naturalmente sopprimere le deviazioni del sistema - la droga, il razzismo più o meno strisciante, la violenza ottusa, l'assenza di prospettive concrete - ma dando vita ad un'illusione collettiva alla quale furono in molti ad abbandonarsi. Fu un'illusione di breve durata, ma sufficiente a cambiare per sempre lo stato delle cose, nonostante la minima consapevolezza e lo scarso spessore culturale di quasi tutti coloro che la propagandavano, la generale insipienza di certi segni di appartenenza alla comunità - il trucco grottesco, i vestiti strappati, le spille da balia infilate nelle guance o le catene ostentate nella maniera dei gioielli, ma anche la violenza del pogo (un "ballo" che consisteva nello scagliarsi saltando gli uni addosso agli altri) o la pratica disgustosa del gobbing (cioè lo sputare verso i musicisti in segno di apprezzamento) - e nonostante la fisionomia tutt'altro che accattivante di una musica grezza, rumorosa e aggressiva, fatta di approssimazione tecnica, strumenti da poco e parole dure urlate con rabbia invece che cantate.
Tutto ciò non è emerso all'improvviso dal nulla, ma affondava le sue radici in esperienze maturate al di là dell'Atlantico. Comunque dopo la caduta di tensione politica fra le masse giovanili sul finire degli anni sessanta e l'inizio dei settanta, la Gran Bretagna dell'epoca fa da sfondo naturale allo sviluppo massiccio di queste tendenze che, a differenza dei movimenti di un decennio precedenti, non solo esprimono una critica ed un netto rifiuto alla società capitalistica, ma arrivano ad una presa di coscienza estrema ed inevitabile: l'impossibilità di vedere una trasformazione del mondo sia di conseguenza al naturale corso della storia che attraverso una lotta organizzata. Dal punto di vista politico, considerando tuttavia che l'approccio di base è inizialmente quanto mai confuso, l'atteggiamento di fondo è strettamente nichilista, nessun futuro possibile che non passi attraverso la soppressione totale delle istituzioni, identificate con il termine "sistema". Il Punk prende la violenza che la borghesia usa per ridurre tutto a merce e la porta sul palcoscenico riducendo a merce essa stessa. Le sinistre decisero che i punks intendevano simboleggiare la disperazione delle nuove generazioni, senza lavoro e senza prospettive in un'Inghilterra costretta all'austerità dalle misure imposte al governo laburista dal fondo monetario internazionale. La destra violenta, ringalluzzita dalle svastiche comparse sui giubbotti dei nuovi ribelli, fece anch'essa alcune avance. I Punks però ignorarono tutte queste attenzioni, di cui forse nemmeno capivano bene il significato.
Attorno a questa situazione e con il suo evolvere, nascono una serie di etichette discografiche indipendenti ed una forma editoriale, la "fantine", la rivista orgogliosa della propria forma grafica rozza e scorretta con il proposito di spezzare i monopoli dell'informazione, a testimonianza della presenza di consistenti canali produttivi-distributivi sotterranei mai visti prima, né in movimenti giovanili di massa come fu quello "freak" che accompagnò gli anni della grande ripresa economica, tantomeno in altri fenomeni sub-culturali a carattere più strettamente urbano che ebbero come protagonisti "mods", "teddy boys", ecc.
Dopo questo primo periodo negli Stati Uniti si sviluppa la corrente musicale denominata "hardcore-punk", più veloce ed esasperato del punk-rock tradizionale e altrettanto aperto all'incrocio con altre tendenze e generi musicali, i contenuti delle fanzines diventano di carattere più impegnato sul fronte sociale; tutto questo, a riprova di un livello di coscienza e di consapevolezza sempre maggiori da parte dei giovani che si rendono primi attori di questi fatti, con l'unica irrinunciabile ragione di costruire e mantenere viva una cultura ed una pratica realmente antagoniste al falso pluralismo della nostra civiltà.
Questo momento di relativa prosperità culturale spontaneista vive sino a circa il 1990; nel '91 la casa discografica "Rough trade", alternativa per eccellenza in Inghilterra, fallisce sotto il peso della dura legge del mercato, in America le "alternative tentacles" ed altre meno rilevanti in Europa, e con loro i gruppi musicali dell'ultima ora che ne costituiscono i motivi motori, vivono una crisi che somiglia più a ghettinazione che ad una resistenza in attesa di tempi più favorevoli, la "fantine" praticamente scompare.
Oggi, a più di vent'anni dal primo avvento del Punk, assistiamo ad un evidente ritorno di quelle che furono sue caratteristiche, atteggiamenti trasgressivi, un certo tipo di estetica, gruppi musicali che vendono forme simili o addirittura identiche a quelle nate spontaneamente dieci, quindici o vent'anni fa arrivano in vetta alle classifiche mondiali; vale la pena di porsi alcune domande sulle cause che hanno portato a questo poiché evidentemente non possono esistere in periodi differenti le condizioni tali da riproporre un fenomeno sociale nello stesso identico modo.
Quello a cui stiamo assistendo oggi è un ritorno non dei contenuti, ma solo della forma esteriore di quello che la sub-cultura giovanile detta Punk portò con sé nel '77, ridotto a fenomeno di "revival".
La data della "rinascita" del punk può coincidere con quella della nascita della Epitaph che tutt'oggi è la più grande e la più importante etichetta indipendente del mondo ed è gestita dal chitarrista dei Bad Religion Brett Gurewitz.
Sicuramente le band della scena punk odierna sono molto più preparate dal punto di vista della tecnica strumentale, ma certamente non hanno più quello spirito rivoluzionario che contraddistingueva i punks del '77.