DISCHI CHE HANNO FATTO LA STORIA
Il 1995 per i Bon Jovi rappresenta l'anno della svolta. L'anno della svolta stilistica dopo l'incredibile successo ottenuto pochi mesi prima da Always, l'anno della svolta dopo che il bassista Alec John Such lascia la band per far posto a Hugh McDonald, l'anno della svolta verso un tipo di sonorità ancora non del tutto collaudate per la band del New Jersey. Gli anni 80 erano stati quelli di Livin' On A Prayer, di You Give Love A Bad Name, di Bad Medicine, insomma, erano stati gli anni della musica da anni 80, canzoni spensierate, milioni e milioni di album venduti, sesso, droga e rock'n'roll.
All'inizio degli anni 90, dopo i primi esperimenti solisti di Jon Bon Jovi (con la colonna sonora del film Young Guns II, Blaze Of Glory) e Richie Sambora (con l'album Stranger In This Town), avviene una sorta di maturazione, che si potrebbe meglio identificare in un adattamento a ciò che sta succedendo nel panorama musicale internazionale. Spopolano i Nirvana con il loro grunge, e i Guns 'n Roses fanno la loro bella parte… non si può tornare in scena con una nuova Bad Medicine (che tutti si aspettavano), ma avviene la svolta verso il sound più maturo di Keep The Faith.
Qualche anno dopo, una volta lasciati alle spalle definitivamente gli anni 80 e superato il periodo di transizione tra due stili musicali diversi, ecco nascere l'album che ha avuto come titolo preventivo Open All Night (un titolo di cui i Bon Jovi hanno sempre voluto scrivere una canzone, e ora ce ne sono ben due!) ma finito sugli scaffali con il nome These Days stampato sulla copertina.
Se una persona mettesse nel lettore cd Slippery When Wet o New Jersey, poi subito dopo These days, la prima reazione sarebbe quella di pensare che non si tratta della stessa band. Un sound decisamente più soft, album caratterizzato principalmente da ballate, o comunque canzoni mid-tempo, alternate solo poche volte da dei pezzi che si potrebbero definire propriamente rock.
Ad aprire l'album, come consuetudine, è proprio una di queste: "Hey God". Decisamente una delle canzoni più heavy mai scritte a quattro pugni da Jon Bon Jovi e Richie Sambora. Il tema della canzone è una sorta di incazzatura nei confronti del padreterno che non si occupa abbastanza di tutti i suoi miliardi di figli. Un sound decisamente insolito per chi è abituato ad identificare Jon & Co. con canzoni del tipo di I'll Be There For You, Bed Of Roses o Always…
A seguire c'è "Something for the pain", un piacevole rock mid-tempo che si rivela poi, in futuro, essere la canzone che riscuoterà il maggior successo tra il pubblico. Il testo, scritto dal fortunato terzetto composto da Jon Bon Jovi, Richie Sambora e Desmond Child (vedi Livin' On A Prayer…) si occupa dello stato d'animo di un uomo che ha visto l'amore volare via. Una specie di inno per scacciare solitudine e tristezza… ma alla fine si sa che l'unica vera medicina, l'unico vero rimedio per questo dolore, è nientemeno che l'amore!
Nella terza traccia troviamo il singolo che ha spianato la strada all'album, la prima vera power ballad che si incontra nel disco. Stiamo parlando di "This Ain't A Love Song", sempre scritta dal terzetto Bon Jovi-Sambora-Child, cerca evidentemente di riuscire ad emulare il successo e la bellezza di Always, evidentemente non con il risultato sperato, ma il lavoro non è certo da scartare.
Segue la title track dell'album. "These Days", una canzone rock mid-tempo abbastanza malinconica scritta da Bon Jovi e Sambora. Il tema è il mondo di questi giorni… un qualcosa che va sempre in degrado, a cui però si deve sempre cercare di far fronte. Un verso significativo della canzone recita "I know Rome's still burning, though the times have changed" (So che Roma sta ancora bruciando, ma i tempi sono cambiati). Una sorta di ottimismo contrapposto al pessimismo che perpetua nel mondo.
La traccia seguente è "Lie To Me", forse la canzone dei Bon Jovi che testimonia maggiormente l'influenza lasciata da Always nel songwriting di Jon e Richie. Tipica love song bonjoviana che ha come tema l'amore a tutti i costi… "Se non mi ami, mentimi" supplica Jon alla sua ipotetica partner. Il risultato è tuttavia piacevole.
A seguire la seconda traccia rock dell'album. "Damned" si presenta con un sound decisamente meno duro della opening track "Hey God", ma siamo comunque di fronte a una delle canzoni "meno soft" del disco. Il tema della canzone è sempre l'amore, ma questa volta la storia è raccontata con un sound decisamente meno dolce rispetto alla consuetudine.
La traccia successiva è quella che io personalmente reputo una delle tre migliori dell'album. Il titolo è "My Guitar Lies Bleeding In My Arms", e qui ci troviamo di fronte a un incrocio tra rock e ballad, con un testo dal significato decisamente malinconico e poco felice. Evidentemente la canzone è stata scritta in un momento di poca ispirazione della band, o è magari il racconto di come ci si sente quando senti che la vita ha poco da darti (simbolica la frase "I can't write a love song the way I feel today, I can't sing no song of hope, I've nothing left to say"). La cosa curiosa è che Jon ha ammesso che ha trovato l'ispirazione per scrivere questa canzone pensando alla storia d'amore di Richie Sambora con l'attrice Heather Locklear, che invece si erano recentemente sposati ed erano felicissimi…
A questo punto, quando sul display del nostro lettore cd compare il numero otto ad indicare la traccia, stiamo ascoltando "(It's Hard) Letting You Go", la prima ballata acustica della band. Esaltata dal suono delle tastiere di David Bryan e l'insolito picchiare leggero delle bacchette di Tico Torres, la malinconia del testo scritto dal solo Jon Bon Jovi traspare per tutta la durata della canzone. La canzone parla ancora di un amore perso, ma questa volta il ritmo è decisamente più blando della trascorsa Something for the pain. Testo comunque molto bello, quasi poetico oserei dire. Una piccola perla per gli amanti del genere soft.
La traccia numero nove si chiama "Hearts Breaking Even", ancora una volta ci troviamo davanti a una fusione tra una rock song con una ballata, con diverse influenze mid-tempo tra le note. Come dal titolo, la canzone scritta da Jon Bon Jovi e Desmond Child, parla di cuori che si spezzano, ancora una volta. Il bello è che pur trattando grossomodo lo stesso tema in più canzoni diverse, siamo davanti a tre canzoni con uno stile sicuramente diversissimo tra loro, e con una somiglianza tematica quasi impercettibile. Sicuramente questo uno dei pregi dell'autore Jon Bon Jovi, affiancato da Sambora.
A seguire troviamo un'altra di quelle tre canzoni che io preferisco nell'album (la mancante delle tre è la title track, "These Days"). Si tratta di "Something To Believe In", canzone dal suono non molto rock a dire il vero, anzi, tutt'altro, ma che esalta particolarmente le grandi capacità canore di Jon Bon Jovi (che ha scritto da solo il testo) e Richie Sambora. Testo che parla di un uomo che perde la fiducia in tutto e in tutti, e che in un mondo che non ti dà niente, ha bisogno solo di qualcosa in cui credere.
La traccia successiva è rappresentata da un'altra mid-tempo veramente molto piacevole, con una tematica sempre incentrata sull'amore, un amore difficile, un amore che sta finendo, ma che si vuole cercare di salvare in tutti i modi. Il titolo è "If That's What It Takes", ed è stato scritto da Jon Bon Jovi e Richie Sambora. A chiudere la versione internazionale dell'album c'è una seconda canzone acustica, canzone che in realtà era stata scritta nel 1988 per essere inclusa in New Jersey, ma poi è stata scartate perchè con il resto dell'album non avrebbe avuto molto a che vedere. Per These Days la canzone è stata ripresa e un attimino "rimodernata". Stiamo parlando di "Diamond Ring", canzone fatta essenzialmente dalla voce di Jon Bon Jovi e Richie Sambora, e la dodici corde acustica dello stesso Sambora. Il tema è ancora una volta l'amore per una donna, ma questa volta solo quello, nessuna crisi, nessun'amore da ricostruire… solo una canzone d'amore nel senso più proprio del termine, che viene cantata usando come "oggetto di riferimento" un anello di diamanti che sarebbe la "materializzazione" della donna e l'amore per lei.
Per chi possiede la versione europea o giapponese dell'album, ci sono ancora due canzoni però da ascoltare. Si tratta delle bonus tracks "All I Want Is Everything" e "Bitter Wine", entrambe scritte dal duetto Bon Jovi-Sambora. La prima è una canzone rock dal sound particolarmente heavy in cui Richie spolvera anche il vecchio talkbox che aveva abbandonato nove anni prima in Livin' On A Prayer. La seconda è una ballata semi-acustica dal suono abbastanza piacevole. Quest'ultima è inclusa come bonus track, a differenza di "All I Want Is Everything", anche nella versione nordamericana dell'album.
In definitiva These Days è un album che rappresenta una maturazione del gruppo dal punto di vista compositivo, in altre parole si potrebbe definire il primo vero album da "cantautori" prodotto dai Bon Jovi insieme al produttore Peter Collins.
Chi suona nell'album è: Richie Sambora alle chitarre elettriche e acustiche, oltre ad essere seconda voce; David Bryan alle tastiere e pianoforte, e voce di sottofondo; Tico Torres alla batteria e percussioni; Hugh McDonald al basso e voce di sottofondo; e ovviamente Jon Bon Jovi, voce principale, percussioni e armonica.
L'album ha avuto un ottimo successo in Europa e in Giappone, mentre il pubblico nordamericano è rimasto più scettico nei confronti di questo album, così come accadde per Keep The Faith, al contrario invece degli album degli anni 80. Tuttavia l'album al giorno d'oggi ha venduto circa 10 milioni di copie in tutto il mondo. Durante l'anno i Bon Jovi ricevono diversi riconoscimenti, tra cui il più importante, il premio come miglior gruppo rock agli MTV European Music Awards di Parigi, durante i quali i Bon Jovi si sono dilettati anche in una grande esibizione live di Hey God.
Dopo quest'album i Bon Jovi partiranno per un lunghissimo tour mondiale che parte in India e termina nel New Jersey dopo essere passato in Europa, Sud Africa, Giappone e Sud America. In Italia la tappa è all'Aquatica di Milano, dove registrano il tutto esaurito. In seguito per la band ci sarà una sosta di cinque anni prima della pubblicazione di Crush, sosta interrotta solo dai lavori solisti di Jon Bon Jovi (Destination Anywhere, 1997) e Richie Sambora (Undiscovered Soul, 1998).
Recensione di A.R.
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