RECENSIONE DELLA SETTIMANA
DA METALITALIA, LA RECE DEL GRANDE RITORNO DEI MACHINE HEAD, CON UN ALBUM CHE CONFERMA TUTTA LA BRAVURA E LA POTENZA DELLA BAND AMERICANA
TITOLO : The Blackening
ARTISTA : Machine Head
GENERE : Metal
ANNO : 2007
PROVENIENZA : Oakland (USA)
Il 2007 vede la pubblicazione del sesto album in studio dei Machine Head. Intenzionalmente è il disco a marchiare l'anno di uscita, poiché poche volte un'attesa tanto spasmodica viene premiata degnamente. Molti sono infastiditi a priori dagli accostamenti ai classici, ma accantonando i pregiudizi si può dichiarare che una delle personalità più forti, caparbie, testarde e laboriose della scena metal ha realizzato davvero il "suo" "Master Of Puppets", proprio dopo la profetica cover di "Battery" per Kerrang Remastered. "The Blackening" è un rischio impensabile nell'era del singolo promozionale, soprattutto per una formazione che pochi anni prima è stata rifiutata da moltissime case discografiche anche con un brano concepito esclusivamente per le radio. E' un disco migliore di "Through The Ashes Of the Empire" perché non cade nell'autocitazionismo e ha il coraggio di sfidare il sistema dell'industria e l'ascoltatore con soli otto pezzi, minuziosamente rifiniti, strutturati, smontati e rimontati fino alla perfezione come solo la lavorazione programmata di Robert Flynn - un artista che non lascia nulla al caso - poteva creare. Nell'opener "Clenching the Fists of Dissent" viene immediatamente mostrata, senza esitazione, la filosofia dell'intero album, in una cavalcata thrash metal imponente e variegata, imperniata sui classici riff deflagranti del gruppo, sempre modernissimi ma in una struttura insolitamente classica, simile alle lunghe cavalcate caratteristiche dei capolavori del thrash che fu. Il sodalizio Flynn-Demmel staziona su vette mai raggiunte in passato, e oltre a regalare fraseggi memorabili si prodiga, sempre nella traccia d'apertura, in un assolo incrociato semplicemente devastante. Sorprendentemente il gruppo riesce a dimostrare una complessità e una intelligenza compositiva - mai così abilmente sfoggiata - in contemporanea ad una sana e adolescenziale attitudine alla distruzione: ne è di esempio il "Fuck You All" di "Beautiful Morning", la rabbia contro un giornalista di "Aestethic of Hate" (parlò con poco rispetto di Dimebag Darrel e definì cavernicoli i suoi fan) e quella contro tutti gli oppositori incontrati in una vita nella canzone più violenta dell'album, "Slanderous". Cosa aggiungere infine sulla capacità di affascinare con melodie vocali notevoli ("Halo")? Quello che tutti i fan della formazione aspettavano si è concretizzato, dimostrando il reale periodo rinascimentale di una formazione data per spacciata troppo presto, e che se non è riuscita a bissare lo stratosferico debutto ci è andata molto molto vicina. Si tratta in ogni caso di un disco diverso, a parere di chi scrive non paragonabile direttamente, ma egualmente imprescindibile: il migliore di questo giovane 2007.
(www.metalitalia.com)
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