venerdì, dicembre 09, 2005

live report : WHITE STRIPES (Bologna 21/10/05)


Che piaccia o meno i White Stripes sono la punta di diamante del cosiddetto "pre-rock", ma a differenza di molte band simili ma salite nel carrozzone dell'opportunismo, loro (fratello e sorella?.. -ex- marito e moglie?..), anche in quanto alfieri dal "lontano" 1999 del genere stesso, rimangono personalmente uno tra i gruppi più credibili - seppure cadendo in qualche contraddizione di marketing - e talentuosi in circolazione. Certo Meg White non è un fenomeno alla batteria ma il suo stile scarno ed essenzialmente dilettantistico si sposa a dovere con la creatività del compare Jack e soprattutto va a nozze con l'attitudine selvaggia/primitiva della band stessa. Causa traffico, si giunge al Paladozza con i supporters Greenhornes già sul palco a tentar di scaldare gli animi dei presenti, proponendo un appassionato garage-rock riuscendo alla fine nell'intento, a conclusione del loro set infatti, il pubblico li saluterà in maniera calorosa e soddisfatta. Appena finita la loro esibizione, ecco comparire i roadie per sistemare gli strumenti con mise d'ordinanza (verstiti neri, cravattina rossa e bombetta: parte del già citato marketing, appunto..). Alcuni di questi addetti ai lavori passerà il tempo a disseminare piante completamente bianche su tutta la zona della strumentazione, allestendo così una coreografia alquanto esotica. Dietro al palco, come sfondo, un telone nero in cui giganteggia l'immagine di una mela. Mezz'ora dopo la fine dei supporters e spente le luci dell'intero impianto sportivo, un gran boato della folla accoglierà l'arrivo dei due: Meg s'infilerà subito dietro alla batteria mentre Jack saluterà il pubblico presentando lui e la sorella. Si parte poi subito in quarta con il singolo "Blue Orchid" tratto dal loro ultimo e quinto album "Get Behind Me Satan" e per i circa 90 minuti dello spettacolo non mancherà all'appello quasi nessuno dei loro cavalli di battaglia (tra gli altri: "Dead Leaves And The Dirty Ground", "Black Math", "My Doorbell") salvo qualche eccezione come ad esempio "You're Pretty Good Looking". I due - Jack, suonando di volta in volta a seconda dell'esigenza della canzone la chitarra, il pianoforte o lo xilofono e Meg, la batteria, le percussioni o semplicemente proponendosi come cantante - eseguiranno brani vecchi e nuovi, propri o cover (ad esempio "Jolene") senza far notare che tutto sommato sul palco ad eseguirli sono solo una coppia. Infatti i White Stripes fanno parte della categoria dei grandi animali da palcoscenico e, tra l'altro, loro non temono il problema del limitato supporto strumentale: il loro suono risulta comunque corposo, potente come se non fossero solo due a suonare contemporaneamente sul palco. Di tutta la scaletta proposta qualche pezzo viene eseguito leggermente diverso, magari più lento come "Fell In Love With A Girl" o elettrico come "Hotel Yorba" non facendo comunque perdere l'originale fascino. Tutto scorre via in un attimo e al ritorno per gli immancabili bis ecco accontentato il pubblico che, nelle precedenti pause tra un pezzo e l'altro, intonava a gran voce il riff tormentone dell'ormai classica "Seven Nation Army". Aggiungetevi come epilogo canzoni quali "The Hardest Buttom To Buttom", "Red Rain" e la conclusiva "De Ballit Of De Boll Weevil" per chiudere il cerchio da dove era partito ovvero con un gran boato della folla ma, stavolta, non per l'arrivo ma per la partenza dei due verso i camerini sperando inutilmente in ulteriori songs. La serata per i White Stripes è finita ma non per il pubblico. In molti, infatti, si riverseranno in massa verso il Covo per l'aftershow organizzato appositamente per il dopo concerto nella speranza, ovviamente vana, di incontrare magari là Jack o Meg White..