martedì, marzo 20, 2007

MADE IN ITALY : Modena City Ramblers

OGGI SI RIPRENDE IL NOSTRO VIAGGIO ALL'INTERNO DELLE REALTA' ITALIANE, CON UN BELL'ARTICOLO DI ONDAROCK CHE CI PARLA DI UNA STORICA BAND DEL PANORAMA NOSTRANO...


Prendete le suggestioni del folk d'Irlanda. Conditele con una contagiosa allegria dal sapore emiliano. Aggiungete testi di impegno politico, in stile "combat-rock", e avrete la ricetta dei Modena City Ramblers, uno dei gruppi rivelazione dell'ultima leva italiana. Il loro ulltimo album, Fuori campo e' stata l'ennesima incursione in questo campo. "Fuori campo è ciò che non entra nell"occhio di una telecamera o di un obiettivo fotografico. È ciò che circonda le cose cui i media danno attenzione, però esiste. È ciò che non si vede, ma che spesso è più importante di quello che si vede", spiega la band.

E' un disco nato in modo molto diverso da come di solito i Ramblers progettano e realizzano i propri lavori. Senza un titolo di riferimento, semplicemente scrivendo canzoni e portandole in studio per essere arrangiate e completate. In Irlanda, nel corso della pre-produzione, il gruppo ha raccolto diversi contributi di ottimi musicisti locali, che ha poi utilizzato nelle registrazioni vere e proprie del disco. Il risultato pero' non e' stato sempre all'altezza. Certo, ballate trascinanti come "Danza etnica" non mancano, ed e' forte l'impronta del Manu Chao di "Clandestino", ma si ha l'impressione, in definitiva, che i Ramblers abbiano fatto di meglio. Come nell'album, "Raccolti", vero compendio del loro repertorio, interamente acustico e inciso dal vivo durante una tournée nei pub. "Con quel disco abbiamo voluto ritrovare le radici folk della nostra musica e atmosfere più tranquille, quasi campestri", spiega Giovanni Rubbiani (chitarra, armonica e voce della band).
I Modena City Ramblers nascono nel 1991 come gruppo di folk irlandese, che suona per la strada, o per amici e parenti. Nel 1994 pubblicano il primo album, Riportando tutto a casa, in cui rivendicano la loro identità meticcia, l'Irlanda e l'Emilia, la resistenza e gli anni Settanta, i viaggi e le lotte. Tra i loro "compagni di strada", anche due big irlandesi: i Chieftains e Bob Geldof. Tra i brani, "In un giorno di pioggia", resoconto della nascita del grande amore per l'Isola verde.

Le loro coinvolgenti ballate trascinano il pubblico anche per la veemenza polemica dei testi. "Quarant'anni", ad esempio, traccia un ritratto al vetriolo della politica del dopoguerra tra P2, mazzette e stragi impunite. Ci sono anche due cover "politicamente schierate": "Bella ciao" e "Contessa". Il periodo è caldo: l'inizio di Tangentopoli. "Oggi sono cambiate le condizioni sociali. C'è meno voglia di lottare e molta confusione. Penso che non riscriverei più un pezzo come 'Quarant'anni'", ammette Rubbiani.
Ma la grande utopia dei Modena City Ramblers ha continuato a vivere nel secondo disco, La grande famiglia (50.000 copie vendute), dedicato al pubblico. E soprattutto nei versi di Terra e libertà, il terzo album, che attraversa i sogni di riscatto del Messico di Emiliano Zapata ed "el Sup" Marcos, viaggia tra i campi dei Saharawi e segue le tracce lasciate da Ernesto Guevara (non ancora "Che") alla scoperta del suo continente.
Gli strumenti sono la fisarmonica della tradizione italiana e la "uileànn pipe" di quella celtica; la chitarra e l'armonica del vecchio Woody Guthrie, le percussioni latino-americane, le chitarre elettriche e le batterie rock. Una mistura che la band definisce "patchanka celtica". Il successo dei Modena City Ramblers è cresciuto nel solco della riscoperta folk dei primi anni '90, portata avanti da gruppi come Mau Mau, Gang, Yo Yo Mundi. "Oggi per la scena indipendente c'è più spazio - spiega Rubbiani -. Ma è sempre molto difficile combattere il dominio delle radio commerciali". Loro ci provano. Tra gighe, combat-rock e ballate in dialetto di "un'Emilia anche immaginaria".

La formazione emiliana torna nel 2002 con l'album Radio Rebelde, dal nome dell'emittente fondata da Che Guevara ai tempi della lotta nella Sierra Maestra. Il singolo apripista, "Una perfecta excusa", è la traduzione in musica di un testo regalato al gruppo emiliano dallo scrittore cileno Luis Sepulveda. "Puoi trovare 'una perfetta scusa' per andare sempre avanti, sperando in un cambiamento", dicono i Modena City Ramblers. Ma in realtà è il loro armamentario retorico-demagogico ad avere perso ogni spinta innovativa. Anche la copertina del cd - una grande bandiera rossa sventolata da un omino nero che si arrampica suun'antenna per le trasmissioni - sa ormai pateticamente di deja vu. Alimentano la confusione ideologica (palla al piede da sempre della band) i vari inserti parlati, da Berlusconi a Bush, ilbrano "La legge giusta", ispirato dai fatti del G8, e "Pirata satellitare", ilpezzo-manifesto della contestazione ai media. "C'è il rischio di vedere una 'letterina' col burqa o la faccia di Bin Laden sulla statuettadel Buddha" - dice "Cisco" Bellotti, cantante del gruppo -. Nella tv italiana, che non riesce a dare un contesto adeguato alla musica, anche i messaggi più importanti rischiano di perdersi. Quello di Jovanotti, ad esempio, portato in mezzo alle 'letterine', è stato inefficace". Ma - al di là dell'indubbia qualità di alcuni dei brani anche di questo disco - ciò che accomuna i Modena City Ramblers proprio al famigerato Jovanotti è l'impareggiabile banalità demagogica dei testi.