DISCHI CHE HANNO FATTO LA STORIA
RITORNA LA NOSTRA STORICA RUBRICA CHE PIACE TANTO AI LETTORI DEL BLOG E CHE PARLA DI QUEI DISCHI CHA HANNO LASCIATO UN SEGNO NELLA STORIA DELLA MUSICA.
OGGI SI PARLA DI PROG, CON UN ALBUM DEI MAESTRI DI QUESTO GENERE... ECCO A VOI I DREAM THEATER.
Siamo di fronte ad un concept album, degnissimo seguito di "Metropolis pt.I", brano contenuto nell’album "Images and Words", seconda release della band. I protagonisti della storia sono i due gemelli telepatici Julian e Edward (rispettivamente 'The Sleeper' e 'The Miracle') protagonisti di una vicenda che li vede amare la stessa donna (Victoria). Mi fermo qui con la narrazione della storia, altrimenti rischio di rovinare la sorpresa a qualcuno che magari non ha ancora avuto modo di sentire il disco.
Veniamo dunque alla parte musicale dell’opera. Settantasei minuti suddivisi in due atti di pura adrenalina, miele per le orecchie dei fan dei Dream di vecchia data, sia per chi non lo e’ o non ama particolarmente il quintetto in questione. Da sempre lo stile 'Dream' e’ in continua evoluzione (sfido chiunque a trovare due album con contenuti uguali o simili), ma trova la sua massima esaltazione in questa release che contiene in egual misura dosi di tecnica, potenza, cuore e precisione. Mescolate questi ingredienti e otterrete quello che e’ secondo me il miglior disco dei Dream Theater. Qualcuno storcera’ il naso pensando alla rivoluzione musicale che "Images and Words" provoco’ alla sua uscita, ma "Scenes From a Memory" (da ora in poi "SFAM") gli e’ superiore perche’ "Images and Words" risulta essere troppo ricco di tecnica fine a se stessa e da cio’ l’ascolto risulta appesantito, al contrario di "SFAM", i cui settantasei e passa minuti di musica passano veloci e lasciano all’ascoltatore la voglia di premere il tasto 'play' ancora una volta.
Un giusto mix di brani veloci e potenti ("Beyond This Life", uno per tutti) e splendide e commoventi ballad ("Through Her Eyes") snelliscono l’ascolto. Da segnalare l’ottima strumentale “The Dance of Eternity", puro sfoggio di tecnica e l’altrettanto notevole brano finale "Finally Free". Siamo al cospetto di uno quei dischi che a mio parere saranno destinati a fare storia nella musica prog, una pietra miliare insomma. La precisione di Petrucci e il suono chiaro della sua chitarra, il grandissimo Portnoy a scandire i tempi dietro la batteria, gli intrecci di tastiera di Rudess, l’accompagnamento di Myung al basso e la voce squillante di un LaBrie tornato a livelli eccezionali (quelli di "Images and Words", per intenderci), fanno di questo disco un’ opera imperdibile per chiunque. Punto di riferimento per le generazioni a venire: il disco perfetto.
1 Comments:
rispetto per i virtuosi si... ma quando esagerano diventano fenomeni da circo... viva la musica col cuore!
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