venerdì, dicembre 18, 2009

CONSIGLI PER IL WEEK-END

QUESTO FINESETTIMANA C'E' IL MOBFEST... TUTTO IL RESTO E' NOIA!

giovedì, dicembre 17, 2009

RECENSIONE DELLA SETTIMANA


TITOLO : A sangue freddo
ARTISTA : Il teatro degli orrori
GENERE : Alternative Rock
ANNO : 2009
PROVENIENZA : Venezia - Milano (ITA)
ETICHETTA : La Tempesta

"Un lampo ha finalmente squarciato le tenebre nelle quali ristagna da tempo immemorabile la musica italiana”: è quello che ho pensato ascoltando A Sangue Freddo, secondo full lenght della band Il Teatro Degli Orrori.
Il nome del gruppo, nato nel 2005 come progetto parallelo ai One Dimensional Man e Super Elastic Bubble Plastic, è stato ispirato dal commediografo, attore teatrale, regista e scrittore francese Antonin Artaud e, più specificatamente, dal cosiddetto teatro delle crudeltà:

Ecco l'angoscia umana in cui lo spettatore dovrà trovarsi uscendo dal nostro teatro. Egli sarà scosso e sconvolto dal dinamismo interno dello spettacolo che si svolgerà sotto i suoi occhi. E tale dinamismo sarà in diretta relazione con le angosce e le preoccupazioni di tutta la sua vita. Tale è la fatalità che noi evochiamo, e lo spettacolo sarà questa stessa fatalità. L'illusione che cerchiamo di suscitare non si fonderà sulla maggiore o minore verosimiglianza dell'azione, ma sulla forza comunicativa e la realtà di questa azione. Ogni spettacolo diventerà in questo modo una sorta di avvenimento. Bisogna che lo spettatore abbia la sensazione che davanti a lui si rappresenta una scena della sua stessa esistenza, una scena veramente capitale. Chiediamo insomma al nostro pubblico un'adesione intima e profonda. La discrezione non fa per noi. Ad ogni allestimento di spettacolo è per noi in gioco una partita grave. Se non saremo decisi a portare fino alle ultime conseguenze i nostri principi, penseremo che non varrà la pena di giocare la partita. Lo spettatore che viene da noi saprà di venire a sottoporsi ad una vera e propria operazione, dove non solo è in gioco il suo spirito, ma i suoi sensi e la sua carne. Se non fossimo persuasi di colpirlo il più gravemente possibile, ci riterremmo impari al nostro compito più assoluto.
Egli deve essere ben convinto che siamo capaci di farlo gridare.
”Il teatro e il suo doppio” (Antonin Artaud)

La filosofia de Il Teatro Degli Orrori è tutta racchiusa in queste parole e traspare nettamente nelle liriche dei brani che affrontano tematiche sociali, politiche ed argomenti più intimi quali la solitudine, l’amore, il dolore e l’odio.
Il vocalism molto particolare, a tratti anarchico, di Paolo Capovilla varia da momenti di rabbia ad altri più pacati e riflessivi ricorrendo spesso ad una velata ironia. A volte il suo cantato è quasi parlato, una sorta di confessione di cui è testimone l’ascoltatore.
Il genere proposto da questa interessante formazione si può inquadrare in un'alternative rock fortemente intriso di sonorità acide, dense ed aggressive alternate ad altre più rarefatte ed oniriche.
Rispetto al precedente Dell'impero delle tenebre, uscito nel 2007, si rilevano delle sensibili differenze riguardanti il sound che appare nel nuovo album meno grezzo e più immediato virando quindi, seppure in maniera impercettibile, verso la semplicità.

L’inquietante ed eterea opener Io Ti Aspetto inizia con un lungo sibilo elettronico, poi gli archi del duo Angelo Maria Santisi/Nicola Manzan ed il piano di Paola Segnana disegnano una triste armonia che turba l’ascoltatore pienamente conscio dell’ansia imperante che assale l’uomo abbandonato dalla propria donna.
La successiva trascinante Due rompe gli indugi grazie al micidiale riffing in stile grunge scaturito dalla chitarra di Gionata Mirai; il testo parla stavolta di una lei lasciata dal partner con un finale quasi implorante:

Gesù, Giuseppe e Maria abbiate pietà dell'anima mia, non si vive ogni giorno, non si può morire sempre

Ma è la granitica e trascinante title track a costituire l'apice del platter. La song è dedicata al poeta attivista nigeriano Ken Saro Wiwa ucciso per le sue idee nel 1995:

Non ti ricordi di Ken Saro Wiwa?
il poeta nigeriano
un eroe dei nostri tempi
non ti ricordi di Ken Saro Wiwa?
perché troppo ha amato
l’hanno ammazzato davanti a tutti
bugiardi dentro
fuori assassini
vigliacchi in divisa
generazioni intere
ingannate per sempre
a sangue freddo

Sapiente miscela di hard rock e melodia, Mai Dire Mai mette maggiormente in evidenza le doti di Capovilla che si lascia andare ad una sorta di monologo (anche simpatico quando ad un certo punto dice: Ma chi se ne fotte!); interessante la parte finale acustica.
Con Direzioni Diverse, in collaborazione con i partenopei Bloody Beetroots, ci si avvicina alla ballata dove dominano la chitarra, gli archi, l’elettronica e tanta malinconia:

Sarebbe stato bello invecchiare insieme

Si passa dai ritmi serrati de Il terzo mondo alla sottile derisione di Alt! (che cosa può accaderti se vieni fermato da una pattuglia per un controllo?); da evidenziare il richiamo alla notissima Il ragazzo della via Gluck di Adriano Celentano.

In Majakovskij emerge in pieno l’amore per la poesia ed il teatro trattandosi di una rilettura di All’ amato me stesso di Carmelo Bene.
Lievemente inferiori nel complesso E’ Colpa Mia e La Vita è Breve mentre Padre Nostro ha un ritmo in crescendo su cui rabbiosamente il singer recita la nota preghiera ed altre amare considerazioni.
Torna l’inquietudine negli oltre dieci minuiti finali di Die Zeit (ossessivo il ripetere in continuazione tu non mi ami più… ed io nemmeno) che idealmente si ricongiunge con la song iniziale; mi ha ricordato certe atmosfere dei Tool.
Importante ricordare la collaborazione di Giulio Favero (nonchè bassista della band), uno dei migliori produttori italiani, a cui si deve la realizzazione di un suond cristallino e piacevole.

A Sangue Freddo è un lavoro mai banale, irriverente, scanzonato, intellettuale, attraente….insomma: il miglior album di rock italiano serio da molto tempo a questa parte.

Scusate se è poco.

mercoledì, dicembre 16, 2009

LONDON CALLING : 30° ANNIVERSARIO...

Era il 14 dicembre del 1979, lo stesso anno della morte di Sid Vicious dei Sex Pistols e due giorni prima che l'Unione Sovietica invadesse l'Afghanistan. In Italia spopolavano Umberto Tozzi con "Gloria", Lucio Dalla e Francesco De Gregori con "Banana Republic" ma anche i Pink Floyd di "The Wall", quando gli abitanti del Regno Unito trovarono nei negozi di dischi un album (un doppio venduto al prezzo di uno), con in copertina il bassista Paul Simonon intento a distruggere il suo strumento (foto scattata durante un live a New York al Palladium) e con la grafica che riprendeva lo stile del primo album di Elvis Presley.

In quel momento, di fatto, cambiò la storia del rock. Era uscito "London Calling" (inserito da Rolling Stone America all'ottavo posto tra i migliori dischi di tutti i tempi). E' vero che i Clash quando pubblicarono questo album, il terzo della loro discografia (dopo "The Clash" del 1977 e "Give'em Enough Rope" del 1978) godevano già di un gran seguito in U.K. ma con questo lavoro riuscirono a fare il definitivo salto di qualità.

"London Calling" è senza ombra di dubbio il disco più complesso mai registrato dai Clash, dove al punk rock si affiancano e si mischiamo lo ska, il reggae, rockabilly, il soul unito a testi sempre più politici ("Revolution Rock" su tutti) e critici sulla società benpensante inglese di fine anni Settanta. Sicuramente quello che ha definito al meglio il suono della band, prodotto da Guy Stevens, e che ha permesso di far uscire i Clash fuori dai confini nazionali esplodendo come fenomeno anche negli U.S.A fino a quel momento parecchio tiepidi nei confronti di Joe Strummer, Mick Jones, Paul Simonon e Topper Headon.

Ora, trent'anni dopo, "London Calling" è stato ripubblicato in edizione cd+dvd con booklet da 20 pagine. Il cd ripropone in versione digitalizzata l'album originale mentre il dvd "The Last Testament: The Making Of London Calling" vanta interviste alla band e video rari registrati durante le session in studio nei Wessex Studios. Un occasione imperdibile per riascoltare uno dei capitoli più importanti della storia del rock.

martedì, dicembre 15, 2009

NOTIZIA BOMBA!


LA NOTIZIA GIRAVA NELL'ARIA DA TEMPO, MA QUASI TUTTI PENSAVANO FOSSE SOLO UNA LEGGENDA E INVECE E' TUTTO VERO : METALLICA + SLAYER + MEGADETH + ANTHRAX SULLO STESSO PALCO...
QUI DI SEGUITO LA NOTIZIA UFFICIALE DA METALLIZED.IT :

Non ci credeva nessuno: se ne è parlato per settimane (leggi la prima e l'ultima news a proposito): il tour che vedrà Metallica, Slayer, Megadeth e Anthrax si terrà in occasione delle tre date europee del Sonisphere -programmate a Varsavia, in Polonia e Praga rispettivamente il 16, il 19 ed il 20 giugno 2010.

La notizia bomba è stata battuta solo pochi minuti fa sul sito ufficiale dei Metallica; seguono le parole di Lars Ulrich a proposito dello storico evento:

Chi avrebbe mai pensato che a distanza di più di 25 anni dalla sua nascita, i big 4 del thrash metal sarebbero non solo stati ancora in giro e più famosi che mai, ma addirittura avrebbero suonato insieme per la prima volta... che c'è! Dateci dentro!

Who would have thought that more than 25 years after its inception, thrash metal's big 4 would not only still be around and more popular than ever, but will now play together for the first time...what a mindfuck! Bring it on!

venerdì, dicembre 11, 2009

CONSIGLI PER IL WEEK END...

Dunque : per chi ha voglia di farsi qualche kilometro, stasera suonano gli US BOMBS a Lugano. Per gli altri consiglio vivamente i CRIPPLE a Como con gli amici OFU e altri ospiri, oppure gli RFT al vittoria...
CHEERS!




giovedì, dicembre 10, 2009

CHI L'HA VISTO?

Inizia oggi su DIFFERENTMUSIC una nuova rubrica gestita dalla nostra amiche Lisetta. Ci occuperemo di quei gruppi spariti nel nulla e dei quali non si è saputo più nulla... comprese notizie dello scioglimento o del proseguimento di carriera. Iniziamo coi PROZAC +, gruppo che per un certo periodo è parso in grado di costruire qualcosa di concreto nella scena punk melodica, ma che poi è imploso in sè stesso. Ora ci sono i SICK TAMBURO (progetto parallelo).


Si sono formati sul duro fronte del palco. E, dopo tanta gavetta, sono riusciti a sfondare, grazie a due album di successo come "Acidoacida" e "3 Prozac +". La loro è una musica che si esalta soprattutto nei concerti. I Prozac +, infatti, sono una band nata per suonare dal vivo. Lo dimostrano anche l'esperienza di supporter degli U2 nelle due date del "Pop Mart Tour '97" e la massacrante sequenza di oltre duecento concerti in due anni. Sono esibizioni piene di vigore, in cui Eva (voca), Gian Maria (chitarra) ed Elisabetta (basso) sanno martellare l'uditorio con i loro brani iper-veloci, duri e melodici insieme: un punk aggiornato in chiave pop e condito d'ironia.

Durante i loro concerti, i fan più scalmanati rinnovano rituali punk: sputano e tentano a ripetizione di invadere il palco, "pogano" e urlano qualche amichevole volgarità all'indirizzo della band. Ma Eva, l'esile cantante dalle variopinte parrucche, non perde il tempo neanche per un attimo: salta, balla e canta con invidiabile energia. Tutto rievoca apertamente l'era punk, con tanto di sirene dell'auto della polizia nello stile dei Clash di "Police on my back".

Nel 1997 l'album Acidoacida li ha proiettati nelle top ten italiane, in forza di un riuscito cocktail di punk e pop, con testi che descrivevano, in modo forse superficiale ma senz'altro efficace, il disagio giovanile. Un disco facile, ma non banale, trainato dalla deliziosa "Acida", in bilico tra ritmi martellanti e melodia. Il loro primo exploit era stato però "Pastiglie", un pezzo ironico sulla vita da "impasticcati", che era valso loro una certa notorietà nella scena underground italiana.
I loro testi hanno provocato malumori e qualche polemica sulla loro presunta "tossico-filia" (Prozac è la marca di un noto antidepressivo). In effetti, più di un sospetto di ruffiano "scandalismo" suscita un testo come quello di "Betty tossica": "Ha 15 anni ma ne mostra 30/ vive nei parchi assieme ai gatti/ tutti si innamorano di Betty tossica/ un'eroinomane, la più bella che c'è". Ma la band si è sempre difesa sostenendo che i loro testi "non fanno altro che mostrare un approccio laico e non moralista al disagio giovanile".
L'altra accusa, invece, è quella di convertire il punk a facili melodie. "In fondo - replica Gian Maria Accusani, chitarrista e autore dei testi - anche i pezzi del punk californiano a cui ci ispiriamo erano delle canzoni con melodie anni '60, ma suonate più dure". Non si può dare torto, in effetti, a questi discepoli dei Ramones, perché i loro brani riescono a graffiare anche solo con un paio di accordi azzeccati e un refrain accattivante.
Quella dei tre punk venuti da Pordenone, insomma, è una formula ibrida, che accontenta i nostalgici dei Sex Pistols strizzando l'occhio alle classifiche. Al punto che Acidoacida è riuscito a vendere oltre 160mila copie.

Ma il rischio che Accusani diceva di temere più di ogni altra cosa - "la ripetitività" - è emerso puntuale con 3 Prozac +, il loro secondo album, che sbatte in copertina rifiuti e desolazione. Un disco che si compiace nel presentare tutto ciò che è squallido (le immagini del cd mostrano nel dettaglio: merce avariata, gomme abbandonate, discariche abusive), ma che non riesce ad essere immediato e comunicativo come Acidoacida. Molti brani girano a vuoto e sembra di riascoltare pezzi precedenti, ritoccati con un arrangiamento diverso. Prosegue l'approfondimento del disagio, con pezzi come "Stonata" ("Mi sento bene/ solo se mi faccio male."), "Ordine e disordine" ("Mi uso e abuso di me/ mi spingo sempre oltre il limite/ Ma il limite non so più dov'è, il limite non esiste"). E i rimandi a una vita fuori dalle regole continuano, come in "Pds" (che non sta per Partito democratico della sinistra, ma per "persa-diversa-sconvolta"), in cui Eva canta: "Sono così come sono, così mi piaccio/ Sono così diversa, diversa fuori e dentro/ Sono così, non cambio, nata così per scherzo".
Troppo per non suscitare il sospetto che la band di Pordenone sia vittima di qualche prematuro segno di manierismo e di stanchezza. Intanto, "3 Prozac+" è stato anche tradotto in inglese per il mercato internazionale.

Il successivo album Miodio segna una nuova tappa nel progresso della band, con piccole evoluzioni nell'organizzazione delle melodie e degli arrangiamenti, ma sempre nel solco della collaudata formula di un pop-punk frizzante e un po' straniato. I testi confermano una ironia di fondo (a cominciare dal titolo, da leggere indifferentemente come "Mi odio" o "Mio Dio"), ma anche la consueta analisi del malessere esistenziale giovanile. I brani sono ancora una volta gradevoli, anche se un po' ripetitivi, intonati con approccio cantilenante dall'inconfondibile Eva e - in quattro casi su tredici, compreso il singolo "La storia di Piera" - dal più aspro Gian Maria Accusani. In generale, si ha l'impressione di un disco che tenta con fatica di intraprendere la strada di una maturazione indispensabile per il futuro della band.

mercoledì, dicembre 09, 2009

DISCHI CHE HANNO FATTO LA STORIA...


SETTIMANA CORTA DOPO IL PONTE DI SANT'AMBROGIO. INIZIAMO SUBITO CON UNO DEGLI ALBUMPIU' IMPORTANTI DELLA DISCOGRAFIA MONDIALE, CONSACRANDO GLI U2 A GENI INDISCUSSI DELLA MUSICA POP ROCK DI TUTTO IL PIANETA... ACHTUNG BABY

Gli anni novanta si aprono con tre caplavori : R.E.M. Out of time, Nevermind dei Nirvana e Achtung baby, il giro di boa degli U2.
Non solo infatti il 1991 ma tutto l'ultimo decennio del secolo è ben rappresentato in Achtung baby, e rapprensenta per gli U2 un periodo di cambiamento epocale della loro musica. Come un onda impetuosa la maturità travolge il gruppo di Dublino che crea un opera immagnifica nella sequenza impeccabile di dodici brani che riascoltati decine di volte non stancano mai, ma anzi, non finiscono mai di affascinare per la seguenza di suoni che trasudano senzazioni, emozioni.
Il disco è un caleidoscopio dal quale vengono proiettate stupefacenti immagini, le stesse che saranno trasmesse dai videoclip in tutto il mondo e che insieme alle luci, migliaia di luci, esplodono e arrivano dirette al cuore e alla mente delle centinaia di migliaia di persone che hanno assistito ad uno dei più importanti e mastodontici spettacoli dal vivo della storia del rock. Lo ZooTv Tour e il successivo Zooropa Tour trasmettono a chi osserva e ascolta emozioni nuove, e forse irripetibili. La potenza esplosiva dei significati della musica e dei messaggi ad essa legata, non solo dal testo dei brani ma dalle immagini trasmesse sui video oltre che dal puzzle di una copertina che è già tutta un programma. I dodici brani sono immagini, significati, dodici stelle tutte illuminate di luce propria. Apre le danze Zoo Station con un riff elettronico che fa accapponare la pelle e ci fa sentire pronti per sensazioni "migliori anche di quelle vere" (even better than the real thing). One non teme rivali è una delle più affascinanti lovesong di sempre. Uno dei brani in cui la successione impetuosa che caratterizza il susseguirsi dei brani si ferma e ti abbraccia, per poi lasciarti e farti roteare, nuovamente, con una spinta travolgente di suoni che vanno a mille all'ora (the fly) e per poi ancora fermarsi con la strazianti e riflessive acrobat e ultraviolet. Il disco si chiude con un annuncio acritico (love is blindness), con un canto malinconico, quasi a salutare il caplavoro appena concluso, che lascia commossi ed esterefatti i fan del gruppo. Una ventata inattesa d'aria "fredda" che lascia un segno indelebile nei fan degli U2 ma anche in coloro chce il gruppo non lo aveva mai ancora ascoltato.
Nessuno di essi troverà più negli U2 un'ispirazione tanto forte da creare simbolismi e mitiismi. Quest'album arriva con il consueto supporto del genio di Brian Eno e di Daniel Lanois che produce Bono e compagni nell'apice della loro carriera artistica. Influenze e contributi che sfruttano sapientemente le doti del gruppo irlandese e che permettono di collocare quest'album ai primi posti tra quelli realizzati nell'ultimo decennio del ventesimo secolo. Un simbolo. L'album non trova ripetizioni e le cover successive non saranno altro che un vano e miserevole tentativo commerciale di cavalcare l'irripetibile successo dovuto ad una ispirazione superiore.

venerdì, dicembre 04, 2009

CONSIGLI X IL WEEK-END

SOLITA RUBRICA DEL VENERDì SU COSA FARE NEL WEEKY...
FINE SETTIMANA PIATTISSIMO, CI SONO SOLO GLI EDITORS A MILANO QUESTA SERA (il concerto doveva essere all'alcatraz ma è stato spostato al palavobis x la grandissima richiesta di tickets) POI TUTTI VIA X IL PONTE!
A PROPOSITO DI PONTE : LUNEDI' E' SANT'AMBROEUS... AUGURI A TUTTI E UNA BELLA FOTO X CELEBRARE LA FESTA!
CHEERS!


giovedì, dicembre 03, 2009

THE ORIGINAL SOUNDTRACK

“Sono Aldo Raine e sto mettendo insieme una squadra speciale. Mi servono otto soldati. Ci faremo paracadutare in Francia vestiti da civili. Faremo una cosa sola – uccideremo nazisti.”
Con queste parole il luogotenente americano, interpretato da un tamarrissimo Brad Pitt in splendida forma, incita i suoi uomini a sterminare più soldati tedeschi possibile nella Francia occupata durante la Seconda Guerra Mondiale nell’ultimo film di Quentin Tarantino.



La colonna sonora, come accade spessissimo nei film del regista de Le iene, è un assemblaggio ben curato e ragionato di canzoni e brani preesistenti presi in prestito da film di diverso genere, dallo spaghetti western a quello di guerra, dal poliziesco all’horror, dal dramma all’avventura, giusto per non trascurare nulla. Purtroppo una OST che senza il supporto delle immagini fatica a decollare, a differenza delle precedenti soundtracks tarantiniane per Kill Bill volume 1 & 2, Pulp Fiction e Le iene. La troppa differenziazione di stili musicali e la scaletta del CD non rende facile l’approccio all’album e il suo ascolto tutto d’un fiato, soprattutto per chi non ha visto e amato visceralmente, come il sottoscritto, il film. Dopo la sua visione, prendere il CD in mano e metterlo nello stereo rende il suo ascolto una visione aggiuntiva e rigenerante del film stesso, quindi un godimento non da poco, soprattutto per chi è un cinefilo DOC e non può far altro che il gioco di riuscire a scovare da quale film proviene il brano selezionato da Tarantino per il suo film. Brani che il più delle volte, venendo a conoscenza della provenienza, sembrerebbero non azzeccarci nulla con la sua pellicola, ed invece, sorpresa, risultano perfetti e sembra quasi che siano nati apposta per commentare il suo film.
Veniamo ai pezzi di Bastardi senza gloria, che in origine doveva avere il commento originale scritto da Ennio Morricone, il quale ha dovuto dire di no perché troppo impegnato con la stesura della lunga partitura per Baaria di Giuseppe Tornatore. Però il compositore premio Oscar è notevolmente presente nel film con brani estratti da western, polizieschi e drammi. Quindi partiamo proprio da questi, vero perno della pellicola di Tarantino, difatti nel CD se ne trovano quattro: “The Verdict (Dopo la condanna)” e “The Surrender (La resa)” entrambi appartenenti alla colonna sonora del film western La resa dei conti di Sergio Sollima del 1967. In particolare il primo pezzo commenta la scena iniziale del film (per non spoilerare, dirò soltanto un vero gioiello di scrittura cinematografica, un omaggio al cinema di tensione hitchcockiano e al western all’italiana!) con il tipico stilema musicale tensivo del Western con l’immissione del classico “Per Elisa” di Beethoveniana memoria. Un colpo di genio morriconiano colto da quell’altro genio di Tarantino! Il nostro Ennio nazionale torna con uno dei suoi tipici e più belli temi romantici “Un amico” tratto da Revolver, altro film, questa volta un poliziesco, di Sergio Sollima del 1972, e la bellissima marcia di speranza e rivalsa dal titolo “Rabbia e tarantella” dal drammatico Allonsanfan del 1974 di Paolo e Vittorio Taviani. In realtà in Inglourious Basterds, remake, solo nell’idea di base, della pellicola di Enzo G. Castellari (in un breve cammeo nel ruolo di un generale nazista) Quel maledetto treno blindato del 1978, Morricone compare con altri 4 brani: “L’incontro con la figlia” dal western Il ritorno di Ringo di Duccio Tessari del 1965, “Mystic and Severe” dal western Da uomo a uomo di Giulio Petroni del 1967, “Il mercenario (ripresa)” da un altro western Il mercenario di Sergio Corbucci del 1968 e “Algeri: 1 novembre 1954” dal film di guerra di Gillo Pontecorvo La battaglia di Algeri del 1966. Altro compositore italiano che si palesa nel CD è Gianni Ferrio con la ballata per armonica “One Silver Dollar (Un dollaro bucato)” dal western Un dollaro bucato di Giorgio Ferroni del 1955. Invece nel film fa capolino Riz Ortolani con il brano “Al di là della legge” dal western omonimo di Giorgio Stegani Casorati del 1968. Ora passiamo ai compositori stranieri dell’album e del film: i titoli di testa sono commentati dalla celebre morbida ballata di Dimitri Tiomkin e Paul Francis Webster, cantata da Nick Perito, “The Green Leaves of Summer” dal western patriottico di e con John Wayne La battaglia di Alamo del 1960, poi Charles Bernstein con il pezzo country sospeso “White Lightning (Main Title)” dal film d’avventura McKlusky metà uomo e metà odio (White Lightning) di Joseph Sargent del 1973, Lalo Schifrin con il brano pieno di tensione e percussivo “Tiger Tank” da Kelly’s Heroes (I guerrieri) di Brian G. Hutton del 1970 e il francese Jacques Loussier con il drammatico ostinato, da tipico noir Made in France (in realtà un film USA), “Main Theme from Dark of the Sun” da Il buio oltre il sole (The Mercenaries) di Jack Cardiff del 1968. Del medesimo film e compositore sono presenti altri due brani in Bastardi senza gloria, come anche altri due pezzi di Charles Bernstein, “Bath Attack” e “Hound Chase (Intro)”, e “Zulus” di Elmer Bernstein. Invece la sezione canzoni consta nel CD di un pezzo da leone, il grande David Bowie con il rock aggressivo “Cat People (Putting Out the Fire)” scritto con Giorgio Moroder per il film Il bacio della pantera (Cat People) di Paul Schrader del 1982: un vero brano canoro ruggente che sulle immagini “bastarde” urla vendetta! Le altre canzoni sono abbastanza trascurabili, sia quella tedesca che francese, nonché il metallaro funky rock ”Slaughter” di Billy Preston.
In ogni caso una colonna sonora che vive del e con il film, slegata dal suo contesto risulta una compilation strampalata, per questo vi consiglio prima di ascoltarla di vedere (specialmente in lingua originale), e soprattutto amare, Inglourious Basterds. Un gioiello inestimabile della Settima Arte!

mercoledì, dicembre 02, 2009

Darrell Tribute...

Come vi facevamo sapere un paio di settimane fa la versione anglosassone della rivista Metal Hammer pubblicherà un disco tributo a Dimebag Darrel Abbott, chitarrista dei Pantera tragicamente scomparso quasi cinque anni fa. Il cd, di cui segue la tracklist completa, verrà allegato al numero 200 dell'autorevole magazine:



01 ZAKK WYLDE - "Suicide Note Pt. 1"
02 MACHINE HEAD - "Fucking Hostile"
03 MALEFICE - "I'm Broken"
04 AVENGED SEVENFOLD - "Walk"
05 EVILE - "Cemetery Gates"
06 FIVE FINGER DEATH PUNCH - "A New Level"
07 BIOHAZARD - "Mouth For War"
08 SYLOSIS - "Strength Beyond Strength"
09 CHIMAIRA - "Slaughtered"
10 UNEARTH - "Sandblasted Skin"
11 THROWDOWN - "Becoming"
12 KIUAS - "This Love"
13 THIS IS HELL - "Rise"

martedì, dicembre 01, 2009

ZAKK WYLDE NEWS...

TORNIAMO AD OCCUPARCI DI UNO DEGLI IDOLI INDISCUSSI DI DIFFERENTMUSIC : ZAKK WYLDE. IL CHITARRISTA AMERICANO PARE ORMAI UFFICIALMENTE RIABILITATO DOPO IL PERIODO PASSATO IN OSPEDALE...



La moglie di Zakk Wylde, tramite i più noti social network, ha rivelato che le condizioni di salute del frontman dei Black Label Society migliorano sempre più.
Inolte ci fa sapere che Zakk Wylde, tornato a Los Angeles per riprendersi completamente dopo aver annullato le date rimanenti del Pedal To The Metal Tour, è ormai pronto a riprendere l'attività live. Un assaggio di Zakk e dei BLS dopo l'operazione, l'hanno avuta i newyorkesi, che hanno potuto assistere, lo scorso 31 ottobre, ad una data live all' Hard Rock cafè, organizzata per testare la situazione.
Da gennaio uscirà il nuovo calendario live dei BLS...
Aspettiamo impazienti...