martedì, giugno 26, 2007

SHAM 69 IN ITALY...


UFFICIALIZZATA LA PRESENZA DEGLI SHAM 69 AL FESTIVAL DI RADIO ONDA D'URTO DI QUEST'ESTATE. LA BAND INGLESE SUONERA' IL 18 AGOSTO, SUPPORTATA DAI NABAT... E SCUSATE SE E' POCO.

Gli Sham 69, tra i gruppi principali della prima ondata punk, si sono sfasciati poco prima del trentesimo anniversario della fondazione. La band, o meglio quanto rimaneva della formazione originale che registrò pietre miliari -sebbene meno conosciute di quelle dei Clash od altri nomi di gran spicco- del genere, ha dato il benservito al cantante Jimmy Pursey. Un po' come se i Rolling Stones avessero deciso di licenziare Mick Jagger. Dave Parsons ed Ian Whitewood (della prima line-up il primo, aggiunto il secondo) hanno accusato Pursey di non voler perseguire l'attività live e l'hanno cacciato. "Ciò che hanno fatto è disgustoso e non mi esibirò mai più con loro", ha tuonato Pursey. "Da quando c'è questo gruppo, mai mi sono tirato indietro prima di un concerto. Mi hanno accusato d'essere un dittatore, ma la sola cosa sulla quale non sono mai stato d'accordo è quella di suonare ai tour di revival per fare soldi. Ho messo assieme questo gruppo nel 1975 e, già dall'inizio, la band è sempre stata come una nave. Ne abbiamo passate di tutti i colori. Questo è come l'ammutinamento del Bounty perché non mi hanno detto niente". Pursey ha anche riferito d'aver visto il resto del gruppo lo scorso ottobre, quando gli Sham suonarono allo Shepherd's Bush Empire di Londra, e poi di non aver più sentito nessuno. La band britannica era al lavoro da cinque anni su un nuovo album; il CD sarebbe di imminente pubblicazione. Gli Sham 69 pubblicarono il primo singolo, "Ulster", nell'agosto 1977 e poco dopo furono messi sotto contratto dall'etichetta Polydor

Indirizzo della festa :

FESTA DI RADIO ONDA D'URTO
030/45670
VIA GRANDI ANGOLO VIA MAESTRI ZONA INDUSTRIALE
BRESCIA OVEST


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PERSIANA JONES TOUR 2007

Rese note le date estive del tour dei Persiana Jones (riportate qui sotto direttamente dal loro sito ufficiale). La band torinese, che di recente ha pubblicato il valido "Just for fun", girerà l'italia e non solo.
A Milano il gruppo sarà di scena il 2 settembre all'Idroscalo rock, insieme ai più grandi nomi del punk/sk/HC del mondo... SI BALLA?!?


30/06 Fontigo - TV - Festa della birra

07/07 Roncegno Terme - TN - Summer Day

15/07 Olsi u Tabora - Czech Republic - Mighty Sound Festival

18/07 Genova - Goa Boa Festival

20/07 Alpette - TO - Alpette Rock Festival

21/07 Switzerland - tba

27/07 Nichelino - TO - Nichelino Sound Festival

04/08 Silandro - BZ - Open Air

11/08 Pinarella di Cervia - RA - Rock Planet

12/08 San Stino di Livenza - VE - Sportyland

28/08 Castagnole delle Lanze - AT - Festival Contro

02/09 Milano - Idroscalo Rock

07/09 Switzerland - tba

14/09 Bologna - Estragon Summer Festival

05/10 Switzerland - tbc

06/10 Zuerich - Switzerland - Dynamo

giovedì, giugno 21, 2007

ROCK IM RING 2007

DEFINITO UFFICIALMENTE TUTTO IL TABELLONE DEL ROCK IM RING, LO STRAORDINARIO FESTIVAL CHE VA IN SCENA A BOLZANO..


Per la line up di quest'anno, si è deciso di andarci giù duri, con gruppi storici e non del panorama HC/PUNK/METAL/METALCORE, basti pensare che, i due principali deventi del festivla saranno i WALLS OF JERICHO e il mitico e inossidabile MARKY RAMONE.
Ecco l'elenco completo degli artisti che si alterneranno sul palco nelle serate del 6 e 7 luglio...

MARKY RAMONE
WALLS OF JERICHO
GRAVEWORM
ELVIS JACKSON
HENCHMAN
FINAL PRAYER
MIND TRANSMISSION
THE WITCH
GLEEMAN MEMBERS
COMA
DON'T EAT THE YELLOW SNOW
DEAD RETURN

mercoledì, giugno 20, 2007

LIVE REPORT : QUEENS OF THE STONE AGE - Milano, Alcatraz (18/6/2007)


IL NOSTRO GRANDE AMICO PACO CI RACCONTA IL LIVE DEVASTANTE DEI QUEENS OF THE SONE AGE DI QUALCHE GIORNO FA ALL'ALCATRAZ, DOVE LA BAND STONER ROCK AMERICANA HA LETTERALMENTE SPAZZATO VIA LA FOLLA IN DELIRIO...

Aspettavo da una vita questo live: tutti quelli che li avevano visti dal vivo mi avevano raccontato grandi cose (tipo l'anno scorso all'indipendent festival dove i subsonica si sono dichiarati imbarazzati di dover suonare dopo uno spettacolo del genere). Mi presento un po' impreparato perchè non ho ancora ascoltato l'album nuovo, ma tant'è.
Dovevo andare con mio fratello, al quale avevo regalato il biglietto per il compleanno, ma mi pacca (a malincuore) all'ultimo momento. Mi presento da solo verso le 21, vendo il biglietto a prezzo di costo a un ragazzo incredulo (del resto non sono mica napoletano) ed entro.
A quell'ora l'Alcatraz è quasi pieno e sta suonando un dj che viene fischiato sonoramente. Dopo dieci minuti attaccano i nostri; io mi piazzo con alcuni amici incontrati sul posto di fianco al mixer.
Sono in 5, guidati da Josh Homme, ma senza Mark Lanegan (io, per lo meno non l'ho riconosciuto); sul palco ci sono 5 strani lampadari a forma di ragnatela. Partono con "monster in your parasol" dal secondo album: il volume e la potenza del suono sono impressionanti e il pubblico risponde subito alla grande con un boato al termine del pezzo.
Proseguono con alcuni pezzi del nuovo album, che non conosco, e altri che canto di gusto come "burn the witch", "little sister", "first it giveth" ecc.
Il volume è assordante, il batterista pesta come un martello e Josh Homme si lancia in assoli e virtuosismi alla chitarra di altissimo livello. Dopo un'ora tiratissima e una meritata pausa partono i bis, che sono chiusi da "no one knows" che manda i 3000 presenti in delirio.
E' stato sicuramente un concerto memorabile, anche se per la potenza espressa probabilmente sarebbe stato meglio se avessero suonato all'aperto. L'unico neo dal mio punto di vista è che non hanno proposto pezzi come "medication" e"gonna leave you". Comunque grandissimi.

PACO

martedì, giugno 19, 2007

RECENSIONE DELLA SETTIMANA

MERCOLEDI' SCORSO E' USCITO IL NUOVO DISCO DEL REVERENDO MARILYN MANSON. UN DISCO DIVERSO, PIU' MATURO, NEL QUALE GLI ECCESSI, COME AVEVAMO GIA' VISTO NEL LIVE DI MILANO, SONO STATI MOLTO MA MOLTO RIDIMENSIONATI...


TITOLO : Eat Me, Drink Me
ARTISTA : Marilyn Manson
GENERE : Hard Rock
ANNO : 2007
PROVENIENZA : Ohio (USA)

Spogliato. Così si presenta l’artista, struccato e paurosamente simile alla persona, all’anagrafe Brian Warner. Dimenticate il “God Of Fuck”, scordatevi l’Anticristo, lo spauracchio, il freak depravato che ha scandalizzato il mondo intero. Dopo aver passato gli ultimi mesi a dimostrarsi artista a trecentosessanta gradi, passando in maniera inaspettata e abile da poesia a pittura a recitazione, dopo aver messo sotto i riflettori matrimonio e separazione dalla starlette Dita Von Teese, Manson ostenta un lavoro strettamente autobiografico, scevro delle collaborazioni importanti (Trent Reznor, Twiggy Ramirez, John 5), orfano della violenza verbale e della furia iconoclasta come svuotato degli anthem elettrici che hanno caratterizzato il personaggio più pericoloso della storia recente del rock. Musicalmente si riparte dal picco commerciale di “Personal Jesus”: i suoni sono ora vicini alla new wave, alla ballata gotica sofferente e suadente, sempre obbligatoriamente pennellata in tinture plumbee e orrorifiche, cariche della sessualità perversa e vampiresca di cui il personaggio si è sempre fatto portatore. Protagonista assoluto degli undici pezzi, Manson canta la disperazione amorosa aiutato dall’ex bassista Skohld, autore di una prova sopra le righe nella inedita veste di chitarrista: drammatico, teatrale, depressivo ma anche elettrico e vibrante sa movimentare l’umore statico della raccolta con assoli importanti. Un album lento, depressivo e pesante, e necessario nel percorso dell’artista, oggi poco credibile nei panni dello shock-rocker, che tenta una via inedita e intimista, colpendo nel segno con il goth pop di “Heart Shaped Glasses”, la dark love story di "If I Was Your Vampire" e le reminescenze di David Bowie di "Putting Holes in Happiness". Il problema è uno solo: dopo la prima metà l'album scivola nella perdizione, tra un occhiolino ai fan storici e degli strascichi tormentati che abbassano considerevolmente la valutazione finale. C'è poi da interrogarsi sulla veridicità delle dichiarazioni del nostro, che gira con una ragazza della metà dei suoi anni e continua a dichiararsi cuore spezzato... ma preferiamo fermarci alla musica: di album interamente validi Marilyn Manson ne ha fatto uno solo a parere di chi scrive, e questo "Eat Me, Drink Me" non sfugge alla regola di una discografia fatta di album belli solo a metà. Togliendo tutta l'effettistica inoltre non rimane una voce così bella da poter far brillare quest'album, parzialmente inconsistente. Speriamo l'umore non influisca sulle prove live, perchè se così fosse le tenebre calerebbero sempre più fitte su Marilyn Manson.

giovedì, giugno 14, 2007

SEE YA SOON!

Come vuole la tradizione, una foto dei Sex Pistols annuncia le vacanze. Per festeggiare a dovere il mio 28° compleanno infatti, vado a Londra per tre giorni. DIFFERENTMUSIC torna lunedì con tante recensioni, live report, foto e articoli...
SEE YA!



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THE ORIGINAL SOUNDTRACK


VISTO IL RECENTE OSCAR ALLA CARRIERA, NON POTEVO NON DEDICARE LO SPAZIO DELLE COLONNE SONORE AL MITICO ENNIO MORRICONE, AUTORE DI INDIMENTICABILI E INIMITABILI MUSICHE E COMPOSIZIONI, TRA CUI QUESTA MAGNIFICA COLONNA SONORA... PER UN PUGNO DI DOLLARI.

E’ davvero difficile scrivere qualcosa su questa storica e leggendaria partitura della musica cinematografica senza il rischio di risultare banali, ovvi e risaputi, in particolar modo se si deve limitare il discorso nello spazio angusto di una mera recensione discografica. Che dire dunque dell’indimenticabile composizione di Ennio Morricone per il film di Sergio Leone? Innanzitutto dobbiamo fare i complimenti alla GDM, che ci ha regalato un’edizione finalmente definitiva, completa, rimasterizzata in maniera eccellente (la chiarezza del suono ha dell’incredibile se pensiamo che stiamo ascoltando una registrazione di quarant’anni fa) e con tutti i brani presentati nell’ordine cronologico in cui appaiono nel film, alcuni dei quali rimasti inediti fino ad oggi e finalmente recuperati con pazienza certosina. Per quanto riguarda la musica tout court invece, come si diceva è arduo non scrivere cose già espresse molto meglio da tanti altri studiosi e ben più titolati colleghi. Ci troviamo di fronte ad una colonna sonora che ormai è leggenda, entrata nella memoria collettiva cinematografica di almeno tre generazioni di spettatori, un dono questo che non capita così frequentemente alla musica del cinema. L’allora trentaseienne Morricone capisce al volo lo spirito e le intenzioni del regista e gioca per tutto il tempo con ironia beffarda, iconoclasta e quasi post-moderna, squadernando con apparente scioltezza una serie di incredibili invenzioni musicali, ormai entrate nel repertorio di base di qualsiasi compositore che si voglia cimentare col genere western. La maturità delle partiture leoniane successive è ancora lungi dall’apparire, ma forse è già qui, in questa sua veste ancora grezza, irruente, immediata ma al contempo già sublime, penetrante e stracolma di sfumature, che lo stile spaghetti western (ma forse è ora di smetterla di etichettarlo con questo termine riduttivo), che avrebbe reso famoso a tutto il mondo il suo compositore, raggiunge il suo compimento. E allora torniamo a farci emozionare e a lasciarci stupire dal torrente creativo morriconiano presente in questo imperdibile CD: dal tema dei “Titoli” con il fischio e la chitarra di Alessandroni, il marranzano, il campanaccio, la frusta, l’incudine e il Coro dei Cantori Moderni che letteralmente grugnisce “We can win! We can fight!”, passando dalla citazione del celebre “Deguello” (“Per un pugno di dollari”) con la tromba sublime di Michele Lacerenza, fino a tutte quelle pagine magari meno note (“Square Dance”, “Ramon”, “La tortura”, “La reazione”), ma altrettanto incredibili e dense di una vispa creatività musicale che a tutt’oggi rimane insuperata.
(www.colonnesonore.net)

mercoledì, giugno 13, 2007

IGOR E MAX : metal brothers forever!


DA METALITALIA, UNA NOTIZIA CHE NON PUO' CHE RENDERE FELICI TUTTI I FANS DEI FRATELLI CAVALERA, DIVISI DA TEMPO TRA SEPULTURA E SOULFLY, MA PRONTI A TORNARE INSIEME SULLE SCENE MONDIALI...

I membri fondatori dei SEPULTURA Max e Igor Cavalera hanno annunciato di essere tornati a lavorare insieme, per la prima volta in più di 10 anni. Secondo le prime voci, il materiale verrà pubblicato sotto un nome completamente nuovo per prendere le distanze anche dal gruppo di Max, i SOULFLY. Il giornalista Jose Mangin del programma radiofonico Hard Attack su Sirius Satellite Radio, ha avuto la chance di ascoltare della musica in quel di Phoenix, Arizona, la città in cui vive Max. Il materiale, che è stato descritto da Mangin come "malato", potrebbe vedere la partecipazione di membri di NAPALM DEATH e del chitarrista dei SOULFLY Marc Rizzo, ma tutto questo deve ancora essere confermato.

(HTTP://WWW.METALITALIA.COM)

martedì, giugno 12, 2007

DISCHI CHE HANNO FATTO LA STORIA


TORNIAMO A PARLARE DI DISCHI CHE HANNO FATTO LA STORIA, RIPORTANDO UN BELL'ARTICOLO DI ONDAROCK SU UN CAPOLAVORO DEI CURE DAL TITOLO DIRETTO, CHE NON LASCIA SPAZIO ALL' IMMAGINA ZIONE E CHE ARRIVA DRITTO AL CUORE DEI FANS : THE PORNOGRAPHY!

Accanto a Ian Curtis, Robert Smith è l'altro grande "spirito guida" della cosiddetta "dark-wave" britannica. I due erano uniti dalle stesse ansie, paranoie e depressioni, ed entrambi in ogni loro opera davano l'impressione di stare soccombendo sotto il peso di un'immane tragedia esistenziale. Ma la differenza fondamentale tra i due sta proprio nel fatto che, mentre Curtis alla sua personale tragedia si arrese senza nemmeno tentare di combattere, Smith ha invece sempre lottato con tutte le sue forze per uscirne. Da qui anche la differente impostazione musicale dei rispettivi gruppi: laddove la musica dei Joy Division era gelida, inerte e di precisione geometrica, quella dei Cure è invece in costante, nevrotico tumulto: Ian Curtis cantava come un robot privato di qualsiasi emotività, il tono di Robert Smith invece era quello di un condannato a morte prossimo all'esecuzione, che cerca ansiosamente una possibile via di fuga. Smith non ha mai avuto la sconvolgente, folle lucidità e la capacità riflessiva di Ian Curtis, ma ha sempre potuto vantare un talento lirico che ha avuto pochi rivali nel rock inglese degli ultimi due decenni: i suoi flussi di coscienza così romantici (nel senso "letterario" del termine), commossi e sconsolati, hanno segnato in profondità le sensibilità di stuoli di "dark-kids".

Dopo una crisi che nei due anni precedenti aveva ridotto la line-up al trio formato da Smith, Simon Gallup (basso e tastiere) e Laurence Tolhurst (batteria), il leader dei Cure riuscì a raggiungere l'apice della sua vena poetica, perfettamente supportato dai due compagni. I tre diedero così vita al loro lavoro più complesso e ambizioso, e ottennero quello che si può definire come il "perfetto" disco dark. Un'opera intimista, emozionante e desolata, che trasuda un senso quasi tangibile di disfacimento e decadenza.

L'attacco di "One Hundred Years" lascia subito col respiro mozzato: l'incedere ossessivo della batteria elettronica, gli spettrali cori delle tastiere, le lancinanti fitte chitarristiche preparano il terreno alla declamazione concitata di uno Smith in piena crisi nervosa, che esordisce con un programmatico "it doesn't matter if we all die". Se "Pornography" è il "perfetto" album dark, allora il suo brano d'apertura può essere tranquillamente considerato la "perfetta" canzone dark. Vi si accavallano rimpianto e sofferenza, ricordi di amori e felicità ormai perduti e visioni di un mondo privo di senso, come ribadito anche dalla successiva "A Short Term Effect", brano meno convulso ma dall'umore ancor più depresso: "A day without substance, a change of thought", proclama Smith, mentre cominciano sempre di più ad affollarsi immagini di morte, tutto sembra essere arrivato alla fine, all'immobilità, al gelo eterno ("no movement, just a falling bird cold as it hits the bleeding ground").

"Creatures kissing in the rain, shapeless, in the dark again" popolano "The Hanging Garden", inquietante visione notturna e invernale, scandita da un frenetico ritmo tribale, esattamente all'opposto della straordinaria "Siamese Twins", danza ipnotica, all'insegna della rarefazione totale, dilatazione estrema del tempo e dello spazio, recitata e suonata come in trance: "I chose an eternity of this, like falling angels / the world disappear laughing into the fire". "Figurhead" e "A Strange Day" riprendono invece la cadenza languida e rilassata di "Short Term Effect", mentre Smith si dimena sempre più delirante, ma anche sempre più sconsolato, ormai circondato dal disfacimento, tormentato da incubi e allucinazioni. È soprattutto negli ultimi brani che uno Smith ispiratissimo distribuisce autentiche perle di poesia decadente ("A Strange Day", con un incipit surreale come "give me your eyes, that i might see the blind man kissing my hands", è esemplare). Ed è a questo punto che intona il suo requiem più doloroso, "Cold": le lunghe, solenni frasi di organo e le folgori elettroniche sorreggono un'impalcatura sonora che più gotica non si può, mentre Smith trova finalmente il coraggio di fronteggiare l'opprimente senso di morte che lo affligge: "Ice in my eyes and eyes like ice don't move / screaming at the moon / another past time/ your name like ice into my heart / everything as cold as life…".

Si finisce così nel gorgo infernale della title-track, introdotta da un coro di voci spettrali, condotta da un crescendo percussivo tribale, indemoniato, apocalittico, in un mare di acutissime distorsioni e imponenti droni elettronici. Ma il brano più inquietante e dissonante è anche quello che riesce a concludere l'album su una nota di lieve speranza: Smith sembra essere riuscito a trovare la giusta dimensione in cui racchiudere le sue psicosi, sempre pericolosamente sull'orlo dell'esplosione ("one more day like this and I'll kill you"), ma perlomeno conscio della sua situazione e pronto a tentare di ritrovare la pace. Non è un caso che la frase posta a sigillo dell'opera sia un altro manifesto programmatico, ma diametralmente opposto a quello d'apertura: "I must fight this sickness, find a cure".

lunedì, giugno 11, 2007

DIFFERENTMUSIC FRIENDS al concerto di Nutini...


LA MIA AMICA MADU', COPYWRITER E AUTRICE, NONCHE' ASSIDUA FREQUENTATRI CE DI CONCETI LIVE, ERA PRESENTE AL ROLLING STONE PER LO SHOW DEL CANTAUTORE ITALO- SCOZZESE PAOLO NUTINI.
QUI DI SEGUITO UNA SUA BREVE RECENSIONE DEL CONCERTO...

Non ero scettica, ma mi aspettavo qualcosa di diverso.
Credevo di incontrare una mandria di teenager impazzite. E m’immaginavo un concerto acerbo, di quelli che puoi sentire ad una festa liceale. M’immaginavo una bella voce e un talento che deve ancora acquistare la consapevolezza del proprio carattere, prima sbocciare definitivamente.
E invece. Invece.
Ieri sera al Rolling Stone Paolo Nutini ha avvolto il pubblico con una voce potente, e il carisma di chi è lì per solo per la musica e non si risparmia. E a vederlo così esile e gracile ti stupisce una forza così.
La sua voce è corposa e piena di sfumature. Le sue interpretazioni portano alla luce aspetti inconsueti delle canzoni sue come di altri, mostrando una profondità matura, che va al di là dell’abilità tecnica. Ha rivelato che Natural Blues di Moby può avere un’anima soul, ha fatto ballare il Rolling Stone con Jenny Don’t Be Hasty, ha accarezzato il pubblico con le note struggenti di Dolphins e si è scatenato con il ritmo di Funky Cigarette. Più consuete e in “versione CD” le canzoni che il pubblico aspettava come These Streets e Last Request. E sarà per la mia deviazione professionale da copywriter, ma quello che mi colpisce sono i testi. Piccole storie disegnate in pochi tratti.
E poi si divertiva come un pazzo. Ben accompagnato da un bravo chitarrista e bassista. Ho avuto l’impressione che essere lì, in uno stadio pieno o in un pub a lui non sarebbe cambiato niente. Tanto aveva la sua musica. Un’ora - forse sempre troppo breve per un concerto – ma veramente coinvolgente.
Mi aspettavo qualcosa di diverso, ma per fortuna mi sbagliavo.

Madù

venerdì, giugno 01, 2007

1° GIUGNO 1967 : 40 anni fa SGT PEPPER


QUARANT'ANNI SONO PASSATI... MA NON LI DIMOSTRA CERTO. E' PASSATO TANTO TEMPO DALLA PUBBLIC AZIONE DI UN ALBUM CHA HA LETTERAL MENTE RISCRITTO LA STORIA DELLA MUSICA...

Il 1° giugno 1967, in piena "Summer of Love", il mondo sentì per la prima volta le note di Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band, l'album più famoso dei Beatles e della storia della musica popolare del '900. Non per forza di cose il miglior album del quartetto di Liverpool, a detta anche del batterista Ringo Starr, ma certamente il più influente e celebrato, e senza dubbio un definitivo punto di rottura nell'evoluzione della musica rock e pop. Da quel giorno in poi, e questa è opinione universalmente condivisa, nulla fu più come prima.

Con "Pepper" i Fab Four completano il percorso già intrapreso con Rubber Soul e soprattutto con Revolver per creare un ponte fra il rock ed una musica più "alta", inserendo a piene mani elementi di psichedelia e musica classica ed aprendosi completamente al sapiente utilizzo di strumenti musicali di vario tipo. Il tutto nelle oltre settecento ore ad Abbey Road sotto l'abile regia del produttore George Martin, elemento imprescindibile nel tradurre in musica il genio di Lennon e McCartney. "Sgt Pepper fu il primo album pop ad essere preso in considerazione" disse in proposito il compositore Philip Glass.

Dal classico Rock'n'Roll della title track alla malinconica With A Little Help From My Friends, dalla psichedelica Lucy In The Sky With Diamonds (a lungo bandita dalle radio per l'acronimo LSD) agli struggenti archi di She's Leaving Home, dalla grottesca Being For The Benefit Of Mr Kite al capolavoro della collaborazione fra John e Paul A Day In The Life, Sgt Pepper è una completa sintesi musicale, un andirivieni di suoni ed atmosfere così diverse e sorprendenti da rimanere ancora oggi sospeso nel tempo.

Ma Sgt Pepper è anche e soprattutto l'icona di un'intera generazione, icona anche per una copertina (così rara all'epoca) in cui i Beatles inserirono, oltre a loro stessi nelle nuove uniformi della Lonely Hearts Club Band ed alle loro statue di cera, una miriade di personaggi storici del XX secolo. L'idea base (di Paul) fu quella di creare una sorta di alter ego per la band, esasperata dagli eccessi della Beatlemania che l’aveva addirittura costretta ad abbandonare i tour dal vivo. Dietro la maschera della Lonely Heart's Club Band, i Beatles mandarono in tour un album al posto di loro stessi, un album che a quarant'anni di distanza è ancora considerato una pietra miliare.

Paolo Viganò


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LIVE EARTH July, 7th 2007


DALLA RETE ALCUNE INFORMAZIONI SUL MEGA FESTIVAL IN PROGRAMMA IL SETTE LUGLIO PROSSIMO IN TUTTO IL MONDO, PER FERMARCI A PENSARE CHE FINE STIA FACENDO IL NOSTRO PIANETA...

Ventiquattro ore di musica per salvare il pianeta. Si tratta di Live Earth, concerto che s'inscrive all'interno della campagna di mobilitazione planetaria promossa dall'ex presidente degli Stati Uniti, Al Gore, per sottolineare l'emergenza climatica del pianeta relativamente al surriscaldamento globale.

Più di cento artisti, tra cui Madonna, i Black Eyed Peas, i Red Hot Chili Peppers, Bon Jovy, Lenny Kravits, gli U2, i Coldplay, i Foo Fighters e i Radiohead, solo per citarne alcuni, hanno confermato la loro presenza e si sono dati appuntamento allo stadio di Wembley, Londra, il 7 Luglio. La lista delle pop star che parteciperanno è stata resa nota da Kevin Wall, fondatore degli show Live Earth.

live earth.jpgIl concerto sarà l'occasione per lanciare un appello di sensibilizzazione a proposito degli allarmanti cambianti climatici, che mettono in pericolo la salute ambientale del Pianeta. Il Live Earth si terrà contemporaneamente in sette paesi: Washington, Shangai, Rio de Janero, Johannesburg, Tokyo, Sidney e naturalmente Londra.

Per l'evento si attendono più di un miliardo di persone. I biglietti per assistere al concerto saranno disponibili a partire dal 18 aprile e tutti i proventi andranno ad associazioni che lavorano per risolvere la crisi climatica, tra cui per esempio il Climate Group, Alliance for Climate Protection.