lunedì, novembre 30, 2009

RECENSIONE DELLA SETTIMANA

RICOMINCIA UNA NUOVA SETTIMANA. PARTIAMO SUBITO CON LA RECE DI UN ALBUM MOLTO ATTESO, SCRITTA DIRETTAMENTE DA LUCA DI METLITALIA...
BUONA SETTIMANA A TUTTI!


TITOLO : Our circle is vicious
ARTISTA : Rise and Fall
GENERE : Hardcore
ANNO : 2009
PROVENIENZA : Gent (Belgio)
ETICHETTA : deathwish Inc

È sempre difficile recensire con obiettività un album a lungo atteso, in questo caso oltre tre anni. Tanto è durato il digiuno dall'ultimo lavoro in studio dei Rise And Fall, il magnifico "Into Oblivion", solo parzialmente lenito dai continui tour in cui la band belga si è imbarcata per spargere il verbo della propria musica. Tuttavia, anche dopo tre anni di silenzio la personalità della proposta dei Rise And Fall non smette di stupire. Ciò che balza subito all’orecchio sono ancora una volte le chitarre: una tale varietà di soluzioni, solitamente prerogativa di certi gruppi "post" che rinunciano a fare un largo uso di linee vocali, qui è al servizio di canzoni vere e proprie, dalle strutture definite e mai troppo ridondanti. Non parliamo di complessi intrecci strumentali, dato che è l'immediatezza a farla da padrone, ma un meccanismo di aggiunta, una prolificità creativa che al momento ha pochi paragoni in campo hardcore-metal. Anche quando all'interno di una canzone c’è già una melodia, un motivo per riascoltarla, i Rise And Fall aggiungono un altro riff di chitarra o un'improvvisa digressione atmosferica; siamo già soddisfatti e loro introducono un'altra linea melodica, poi un cambiamento di ritmo, un silenzio. Abbiamo a che fare con un album più variegato e arioso di "Into Oblivion", ed è proprio questo processo di continua aggiunta che invece di confondere o saziare, qui intriga, regalando ad ogni ascolto nuove sorprese. Li avevamo descritti come un incrocio di Converge ed Entombed, ma il nuovo "Our Circle Is Vicious" è molto di più. Puro disagio mischiato a uno spessore melodico sempre più notevole, il tutto confezionato in una produzione ruvida e caldissima, che non poteva risultare più adatta. Impossibile non rimanerne affascinati.

Luca (Metal Italia)

venerdì, novembre 27, 2009

CONSIGLI PER IL WEEK END...

...what else you gonna do on this weehy?!

giovedì, novembre 26, 2009

STASERA...

METALLICA : WORK IN PROGRESS!


DUNQUE, STASERA ALLA VILLA VEGAN CONCERTONE HC CON TEAR ME DOWN (roma) e RFT(milano). SERATA CONSIGLIATA X TUTTI GLI AMANTI DEL GENERE.

OGGI SI PARLA DEI METALLICA, IMPEGNATI IN UN BEL PO' DI LAVORI :

Dai primi di dicembre sarà acquistabile solo www.metallica.com e nei negozi dell'America latina, il nuovo live DVD/CD dei METALLICA, "Orgullo, Pasion y Gloria: Tres Noches En La Ciudad de Mexico". Registrato al Foro Sol Stadium di Città Del Messico nei giorni 4, 6 e 7 giugno 2009, il live conterrà un totale di 34 canzoni diverse e interviste. Disponibili diversi formati con tracklist differenti.

I four horsemen di San Francisco hanno inoltre annunciato che nel 2010 saranno di nuovo in tour in Europa. Queste le date confermate ad oggi, con la certezza che ne seguiranno altre più "comode" per noi :
April 13 - Oslo, Norway - Telenor Arena
April 14 - Oslo, Norway - Telenor Arena
April 17 - Riga, Latvia - Riga Arena
April 18 - Riga, Latvia - Riga Arena
April 20 - Vilnius, Lithuania - Siemens Arena
April 24 - Mosca, Russia - Olimpiski Arena
April 25 - Mosca, Russia - Olimpiski Arena

Intanto sul web "star della musica metal" hanno parlato bene e male dei Metallica: Dave Lombardo ha deriso pubblicamente Ulrich, mentre Alex Skilnick ha esaltato James Hetfield, come potete leggere qui di seguito:
Dave Lombardo: "Nessuna mancanza di rispetto verso Lars (Ulrich, batterista dei METALLICA), perchè Lars è un grande e un bravo ragazzo, ma avrebbe bisogno di venire a casa mia a suonare. 'No Lars, così! Calmiamoci, rilassiamoci, prendiamo un caffè e suoniamo!' Hahahaha!"
Recentemente mi è stato chiesto un parere sui METALLICA e su James Hetfield.
Alex Skolnick: Mentre non è un segreto che sono sempre stato d'accordo con tutte le decisioni prese dai METALLICA come gruppo, ho scelto di parlare di un soggetto che spesso è sembrato andare persone nel chaos derivante dal successo dei METALLICA: James, il musicista.
James Hetfield è un virtuoso mai troppo celebrato. Il suo suono di chitarra, la sua voce, assieme alle sue idee, hanno reso possibile l'ascesa dei METALLICA che sono passati dall'essere classificati assieme a MOTÖRHEAD e VENOM a raggiungere l'allineamento con band del calibro di BRUCE SPRINGSTEEN e U2. Molta della hard music di oggi è stata cambiata dal suo tono di chitarra, dalla sua tecnica vocale rendendolo di fatto il musicista più influente della sua generazione.
James ha avuto molta più influenza di tanti altri chitarristi virtuosi, lui stesso è un ottimo chitarrista solista, i suoi rari assoli nei METALLICA sono i più memorabili, provano che la velocità è seconda alla melodia. E' anche un grande chitarrista acustico, suona delle parti molto intricate con molta profondità, consistenza e dinamicità.
Sono convinto che se avesse suonato la batteria, il basso o la chitarra solista nel suo gruppo, James Hetfield sarebbe stato lo stesso virtuoso e influente".

mercoledì, novembre 25, 2009

ROLLING STONE (magazine) OPINION...


LA CELEBERRIMA RIVISTA DI MUSICA/ ARTE/ SPETTACOLO/ ATTUALITA', LA CUI VERSIONE ITALIANA DI RECENTE HA INCORONATO BERLUSCONI ROCK STAR DELL'ANNO (non saranno pochi quelli che non capiranno l'ironia e la provocazione di tale scelta) DA' IL GIUDIZIO SU ALCUNI DISCHI E FILM IN GIRO IN QUESTO PERIODO.
BUONA LETTURA...


Editors (In This Light and on This Evening) : Se dipendete dalle atmosfere crepuscolar-vampiriche, sarà fatale che cadiate in ginocchio per questi pezzi, anche se più di metà vi torna familiare. E se il cuore palpita lieto già dall’iniziale, trionfalmente cupa title track, perché dare retta a un critico snob che insiste che tanti brani sono prevedibili? Che offrono il fianco allo scherno tanto dei brizzolati fans di Joy Division e Depeche Mode (per tacere del synth alla Bronski Beat di The Boxer) quanto dei più giovani fans di Interpol e persino White Lies?
Solo in Eat Raw Meat, ottavo di nove brani, si tenta qualcosa di inedito(rs).
Ma meglio nuovi languori con un'eco passata, che vecchi languori che ci escono dalle orecchie.

Il Teatro Degli Orrori(A sangue freddo): "Ma porca miseria! Tutte a me devono capitare! Converrete voi, disgrazie e paure, in che paese vivrò? Il terzo mondo!".
Pierpaolo Capovilla ridacchia con il suo ghigno amaro nell'esplosione sonora di Il terzo mondo, terzo brano del nuovo album concepito con i suoi Il Teatro Degli Orrori. Niente di nuovo, si potrebbe pensare, ma A sangue freddo svela un lato inedito di questa superband che con l'opera prima aveva dimostrato potenza culturale e sonora assai rara.
Capovilla debutta con un urlo diverso da quello che apriva Dell'impero delle tenebre: lì c'era il terrore di perdersi, qui la convinzione di esserci e di non volersi assolutamente accontentare. Come in un girone infernale, Pierpaolo declama i suoi giudizi universali miscelando poesia e fragor.
Il Teatro Degli Orrori sono diventati una band unica e magnifica da cui ci facciamo volentieri incantare e menare.

L'uomo che fissa le capre (di Grant Heslov con George Clooney, Ewan McGregor, Kevin Spacey): Capre di guerra. Non stiamo parlando dell'amministrazione Bush – non solo di quello, almeno – della sua (in)capacità politica, strategica, militare. Piuttosto citiamo un libro geniale, scioccante e divertentissimo di Jon Ronson (Arcana), da cui l'esordiente Heslov ha tratto un film come questo (esordiente si fa per dire: ha già lavorato a eccellenti sceneggiature come Good Night, and Good Luck, e vanta una discreta carriera da caratterista). Due opere (il libro più del film), con una carica di eversiva spensieratezza non comune.
L'impianto della storia gira attorno all'ossessione dei regimi per l'esoterismo e il paranormale, s'impernia su disadattati con superpoteri improbabili e spesso indimostrabili (come la capacità di spostare le nuvole o far venire un infarto alle famose capre) che hanno fatto parte del più affascinante esperimento delle forze militari Usa, l'Esercito della nuova Terra (esistito veramente: era il primo battaglione Terra, costituito negli anni '70 in gran segreto). Il tutto, guarda un po', nasceva dal solito Vietnam e finiva nei primi anni '80, ma in un nuovo e tragicamente grottesco teatro di guerra, lo ritroviamo nei suoi "generali": George Clooney, Jeff Bridges e Kevin Spacey; ancora legati al passato, a quei giorni in cui indossavano la divisa, si drogavano, predicevano il futuro e ballavano nelle caserme al ritmo dei Beach Boys.
Siamo di fronte a due film: del primo è protagonista Ewan McGregor, giornalista di provincia con compagna bellissima e vita noiosa ma serena, che parte per l'Iraq quando lei lo lascia per il capo, in cerca di ricatto e riscatto morale. Un inetto adorabile, tra i ruoli preferiti dallo scozzese, che vuole fare l'eroe ma riesce al massimo a bere da solo in un 5 stelle kuwaitiano. Finché non si ritrova davanti il buon Clooney, incazzoso e asociale, che lo inizierà ai segreti militari più bizzarri del secolo scorso, quelli ispirati da «Gesù Cristo, Walt Disney, Mao Tse Tung, per vincere le guerre con pace e amore». Qui c'è tutto il racconto di quell'idealismo fricchettone, di un'esperienza co(s)mica e lisergica, di un Heslov abile regista che alterna sketch, belle riprese e capacità di seguire gli attori, di un mondo inaspettato e irresistibile, quello del "progetto Jedi" (Guerre stellari è il riferimento, narrativo e visivo, costante). La seconda parte mostra la liberazione dal passato (e delle capre) con finale dopato e l'(auto)ironia sull'America rammollita di Obama. E poco altro.
Come molta comicità surreal-demenziale a stelle e strisce, il film si innamora di se stesso, s'aggancia al suo umorismo raffinato e un po' folle perdendo di vista il suo nucleo, il potente sottotesto politico. Ma non perdetevelo: riderete, vi godrete quattro grandi attori gigioneggiare con gran classe e vi verrà voglia di leggere un capolavoro. Per scoprire cose che non vorremmo ricordare. Già, perché come sottolineato all'inizio del film, siamo in: "Carolina del Nord, 1983. E questa storia è più vera di quanto possiate immaginare".

Robbie Williams(Reality Killed the Video Star): La verità è che il primo singolo, Bodies, non è il pezzo forte del nuovo disco di Robbie Williams. Il suo incedere su un basso synth ultra-pimpato e il refrain fra Tears for Fears e inno da stadio paiono tanto prevedibili da passare inosservati. Meglio, direte voi: significa che il resto dell'album è più incisivo. Vero a metà. E per un paio di motivi:
1) Robbie Williams era fra i pochi assi del pop – come lui forse solo Madonna e Kylie – a sfornare "singoli spiazzanti". Quelli capaci, cioè, di ribadire a un tempo stile e caratura (anche mediatica) di chi li interpreta, innovandone le sonorità.
2) Sbagliare un singolo di questi tempi è fallo che si paga. Perché, e qui ha ragione Robbie, la realtà ha ucciso le star del video. Star come lui, a dirla tutta.
Insomma, che la musica non generi più immaginario sarà triste, ma è palese da 10 anni: per rendervene conto pensate all'influenza dylaniana, o a una qualsiasi dichiarazione di Lennon, e confrontatele con l'impatto sociale che oggi produrrebbe un'uscita… del cantante dei Tokyo Hotel. Ecco, che la musica conti poco è evidente. Che l'unica risposta alla crisi – la hit planetaria – sia per paradosso una delle sue cause, è invece questione spinosa. È un enigma che solo pochi illuminati, e Robbie con loro, avevano risolto ricorrendo a canzoni immediate quanto complesse dal punto di vista produttivo.
Forse complice una stasi artistica prolungata, stavolta Robbie ci ha pensato troppo. E, inglese in terra americana, ha diviso il disco in due anime. Da una parte sfogando la propria disinvoltura british con pezzi esplosivi, fatti di elettro-ritmiche anni '80, tastiere à la Pet Shop Boys, melodie che manco Patsy Kensit in calore e ritornelli beatlesiani capaci di attaccarsi alle sinapsi. Dall'altra, il fu Take That ha diluito l'istinto killer fra suggestioni non proprie e tipiche di certo pop-soul Usa (e getta). Ecco allora atmosfere ripetitive con archi debordanti, zuccherosi piano/voce e temi da musical natalizio su cui nemme-no Billy Joel indugerebbe troppo.
Il futuro dipenderà dal marketing. Una deformazione cui anche Robbie ha contribuito. Poco male, lo ritroveremo in qualche X-Factor. Ché la realtà del video può pure resuscitarle, le star.

500 Giorni insieme(di Mark Webb con Joseph Gordon-Lewitt, Zooey Deschanel, Geoffrey Arend):Tom e Summer lavorano insieme, ma si conoscono in ascensore. A Tom vengono gli occhi a cuore quando lei confessa di condividere l'amore per gli Smiths, che lui si spara in cuffia. Segue un andirivieni nel tempo del titolo (scandito da pezzi musicali), vivisezione noiosa e masochistica di una storia che parte all'insegna di "nessuno si senta impegnato" e si trasforma in una mazzata a senso unico. Per lui.
L'esordio del videoclipparo Webb ha ottimi production values ma nessun aiuto dagli sceneggiatori per rianimare un plot stravisto e masturbatorio. Meglio comprare il soundtrack (Wilco, Carla Bruni, Regina Spektor, Feist…) e immaginarsi un altro film.

Nirvana Bleach (Deluxe Edition): La storia racconta che alla fine degli anni '80 il rock non graffiava più (anzi molte star dell'epoca tenevano moltissimo alla loro manicure), in America l'hip hop sembrava rappresentare la nuova rabbia della strada finché, a chi cominciava a chiedersi: "Il rock è morto?" la più semplice delle risposte, ossia Nevermind, arrivava da Seattle (la città del grande Jimi) ed era firmata Nirvana. Era il 1991 e con questo album il mondo riscopriva il piacere di una musica che lacerava dentro, dal suono distorto e dai testi diretti: il rock tornava a essere sporco, incontenibile nell'apparenza e nella sostanza e Kurt Cobain era il nuovo idolo maledetto, disperato e bellissimo.
Ma se Nevermind ha rappresentato l'alba di una nuova era, non si può ignorare che l'avventura dei Nirvana è iniziata il 15 giugno del 1989 con Bleach: un disco incredibilmente puro e semplice, nella sua sincera violenza e nella ingenua immaturità. Registrato in tre sessioni fra dicembre 1988 e gennaio 1989 ai Reciprocal Recording Studios di Seattle e prodotto da Jack Endino (che aveva lavorato con loro fin dai primi demo l'anno precedente), come tutte le opere diventate col tempo cult, è ricco di aneddoti. Fra questi, forse il più divertente riguarda il chitarrista Jason Everman che figura nei crediti, nonostante lo stesso Cobain abbia dichiarato in seguito che Jason non aveva suonato una nota in tutto il disco e l'invito a far parte della band fosse stato fatto solo per raggiungere i 600 dollari necessari a pagare le registrazioni.
Anche se alla sua uscita Bleach ha venduto solo quasi 40mila copie (oggi ha superato i 2 milioni), è stato il seme da cui la leggenda Nirvana ha potuto crescere. È un lavoro autoprodotto e di conseguenza il budget non permetteva i ritocchi e i ripensamenti tipici di una grande produzione: il risultato è quindi diretto e immediato, sia nei suoi momenti più illuminati che in quelli più confusi. Questa ripubblicazione rimasterizzata non modifica essenzialmente il suono originale, non l'ha trasformato in un bel compitino ordinato, ma saggiamente ne ha mantenuto lo spirito grezzo che aveva la band all'epoca.
In questa edizione deluxe è stato aggiunto il concerto inedito che i Nirvana hanno tenuto il 9 febbraio 1990 al Pine Street Theatre di Portland, con Chad Channing alla batteria: dentro, oltre a molti brani dell'album, c'è anche una versione di Molly's Lips dei Vaselines (già precedentemente ripresa dai Devo). Se Bleach non brillava di perfezione, soprattutto questo concerto evidenzia i loro limiti tecnici, ma al tempo stesso porta in primo piano la potenza della loro musica, così cruda e viscerale e lo rende un documento imperdibile.

martedì, novembre 24, 2009

Ricordando FREDDY MERCURY


Sono passati 18 anni da quel drammatico giorno in cui Farrokh Bulsara, in arte Freddie Mercury, perse la vita colpito da una broncopolmonite, complicazione che risultò devastante in quanto il cantante era affetto da Aids. Sono passati 18 anni e nonostante tutto i fan continuano ad amarlo, a ricordarlo, ad emozionarsi per le sue canzoni, i suoi testi, tutt’ora sulla cresta dell’onda.
Per ricordare la scomparsa del compianto leader dei Queen, oggi a Londra, nel quartiere Feltham, zona dove il 17enne Farrokh si trasferì appena giunto dall’India, si è tenuta una manifestazione a cui hanno partecipato la mamma e la sorella del cantante, rispettivamente Jer Bulsara Kash Cooke, e Brian May, storico chitarrista della band. L’iniziativa, promossa dal consigliere comunale Peter Hills, accanito fan dei Queen, ha visto l’apposizione di una stella di hollywoodiana memoria su un marciapiede della zona.


Ma la manifestazione di Londra non è stata l’unica che si è tenuta in giornata. Soprattutto nelle radio, ma anche in tv, Freddie Mercury è stato ricordato e le sue canzoni sono andate spessissimo in onda. Inoltre tra pochi giorni sarà possibile far rivivere il mitico istrione della musica rock insieme alla sua band grazie al videogame Lego Rock Band, dal 27 novembre disponibile per PlayStation 3, Xbox 360, Wii, Nintendo DS.


Nel videogioco i componenti dei Queen, che non è l’unica rock band prevista, saranno rappresentati da tipici omini Lego vestiti e acconciati proprio come i musicisti. Un occasione in più per i fan per rivivere da protagonisti memorabili esibizioni live, un chance anche per i più piccoli per avvicinarsi ad una delle voci più potenti della musica di tutti i tempi.

THE ORIGINAL SOUNDTRACK

FILM CAPOLAVORO E COLONNA SONORA SEMPLICE E SPETTACOLARE. QUESTO E' GRAN TORINO, UNA DELLE ULTIME FATICHE DI CLINT EASTWOOD...

L’ultimo film di Clint Eastwood, scarno e straziante, quieto e terribile, si appoggia su una colonna sonora altrettanto semplice e classica. Del resto, i fronzoli e le ricercatezze fini a loro stesse sono materia assente nella produzione del regista/attore americano, spesso coinvolto anche nella scrittura delle musiche per i suoi film.
Di Gran Torino era stata rilasciata una tracklist pre-Oscar nella sezione “For your Consideration” del sito Internet della Warner; dello score composto da Kyle Eastwood e Michael Stevens non esiste però al momento una versione commerciale, mentre è stata pubblicata la canzone degli end credits, l’omonima “Gran Torino” scritta e interpretata da Jamie Cullum e dallo stesso Eastwood.
La presenza della musica nel film è ad ogni modo piuttosto discreta ed essenziale, e la linea melodica predominante in quasi tutti i brani è proprio il tema sviluppato nella canzone; un tema senza morbidezze, secco ma anche dolce, che non si pone l’obiettivo di dar voce ad un particolare personaggio o sentimento ma vuole invece rappresentare lo scheletro emozionale e semantico del racconto. Si tratta di una melodia interiore e intima, quasi minimale, ma anche molto bella, gratificante, ricca di quella qualità musicale ruvida e pastosa tipica di un certo rock americano pulito e vibrante (un nome per tutti: Bruce Springsteen).
Il leitmotiv viene quindi proposto lungo tutto il dipanarsi del racconto, variamente arrangiato ed eseguito e si passa dai toni struggenti di “Father-Son Phone Call” ai suoni più cupi e incalzanti, quasi militareschi (“Confrontation, Bro”), o, soprattutto negli ultimi pezzi, attoniti, increduli e disperati (“Sue Is Injured”, “The Fall”).
La voce di Cullum si ascolta brevemente anche nel brano d’apertura e anche più avanti, ad esempio in “Repair Montage”, andando così a dare alla colonna sonora anche una componente vocale che troverà la sua naturale e compiuta evoluzione nel pre-finale (“Arrested”) e ovviamente nella canzone di chiusura. Vale la pena soffermarsi inoltre sul testo del brano che accompagna le ultime immagini della pellicola e parla con termini molto semplici e per nulla magniloquenti o tragici di morte, o meglio di accettazione del percorso naturale della vita, di ciò che ci si lascia alle spalle, tanto di positivo quanto di negativo.
Di Gran Torino si è parlato come di un piccolo film, molto intimo. Ma è anche un film grande, nella sua epica della sconfitta e della rinascita, messa in scena con la ormai proverbiale classica, dolorosa sobrietà del vecchio, magnifico Clint.

lunedì, novembre 23, 2009

RECENSIONE DELLA SETTIMANA

QUANDO ESCE UN DISCO DEGLI SLAYER, IL MONDO METAL (E NON SOLO) E' IN SUBBUGLIO. QUI DI SEGUITO UNA ESAUSTIVA RECENSIONE DEL NUOVO LAVORO DELLA BAND CALIFORNIANA... CHE A MIO PARERE HA ANCORA MOLTO DA DIRE!

TITOLO : World painted blood
ARTISTA : Slayer
GENERE : Thrash Metal
PROVENIENZA : Los Angeles (USA)
ANNO : 2009
ETICHETTA : Sony

Il nuovo album degli Slayer, intitolato World Painted Blood, esce a distanza di tre anni da Christ Illusion (un lavoro, tutto sommato, apprezzabile quantunque sensibilmente inferiore al precedente God Hates Us All pubblicato nel 2001).
Non nego che attendevo con ansia questa release atteso che il combo americano rappresenta per me uno dei vertici mai raggiunti nella storia del metal estremo; una band che, a differenza di illustri colleghi, può vantarsi di non aver ha mai “bucato” un disco fatta eccezione, forse, per i vacui sperimentalismi nu-metal contenuti in Diabolus In Musica.

Devo dire che anche stavolta gli Slayer hanno fatto pienamente centro confermandosi in forma smagliante, con una rabbia immutata e voglia di spazzare via in un attimo tutta la concorrenza in campo thrash (che, peraltro, ahimè non mi pare nemmeno troppo agguerrita).

Che cosa ci si poteva aspettare da World Painted Blood?
Risposta facilissima: semplicemente un platter "alla Slayer"!

Tom Araya e soci, pur riproponendo il solito consolidatissimo canovaccio, da bravissimi e furbi mestieranti quali sono riescono ancora oggi ad emozionare proponendo undici tracks aggressive ed ottimamente eseguite.
Il sound può essere accostano a quello contenuto in Divine Intervention ma con una qualità più elevata.
Sotto questo aspetto, inoltre, ho evidenziato delle significative differenze con i pezzi del loro ultimo citato lavoro in studio: i brani effettivamente sono più incisivi, diretti, immediati e credo che saranno anche più efficaci allorquando saranno eseguiti dal vivo.
Alcuni riffing sbalordiscono per freschezza compositiva (mi riferisco ad esempio all’allucinante title track e soprattutto ad Hate Worldwide che personalmente giudico la migliore song degli Slayer post Seasons In The Abyss unitamente a Disciple).
La prova del singer, in particolare, risulta più convincente rispetto al recente passato; la sua voce è molto acida e cattiva nel contesto di testi molto violenti come consuetudine del gruppo.
Tra le song più significative meritano attenzione il mid tempo di Americon ed il ritmo sostenuto in puro stile thrash di Psycophatic Red (le liriche narrano le gesta di un serial killer con un Araya letteralmente invasato).
Gradevole anche il ritmo psicotico di Playing With Dolls, l’incedere inquietante di Human Strain e la dirompenza di Public Display Of Dismemberment che mi ha rammentato moltissimo il thrash dei tempi d’oro soprattutto per il lavoro alle pelli di Dave Lombardo.
Magari il resto scorre via senza particolarismi di sorta ma, tuttavia, senza tediare l’ascoltatore.
Alcuni fraseggi di chitarra della coppia Hannemann/King appaiono a volte troppo simili a quelli prodotti nel passato e questo alla lunga un pò stanca.

Fidatevi, questo è un buon full lenght secondo solo a God Hates Us All facendo riferimento alla discografia del gruppo degli ultimi quindici anni.
Ho sentito dire che forse è il loro ultimo album prima dello scioglimento definitivo (Araya sembrerebbe patire i suoi 50 anni!)..........beh, se sarà così lasceranno un vuoto assolutamente incolmabile visto il piattume che c’è in giro.

sabato, novembre 21, 2009

CONSIGLI PER IL WEEK-END

Causa grossi impegni di lavoro ieri non siamo riusciti a postare in tempo i consigli x il weeky... ieri sera tra l'altro, c'era il TRUCEKLAN al leoncavallo, mentre stasera è un po' povera la situazione e Juliette Lewis ai MAGAZZINI e il festival dello SGA sono le uniche robe degne di nota...


giovedì, novembre 19, 2009

INTERVIEW : ATREYU


DA METALITALIA UNA BELLA INTERVISTA ADU UNO DEI GRUPPI PIU' DISCUSSI DELLA SCENA METALCORE : GLI ATREYU. Dopo un paio di album non all'altezza della loro fama, meritatamente conquistata con lo strepitoso "The Curse", erano in molti a dare per spacciati gli Atreyu, precocemente avviati sul viale del tramonto scena core; e invece il quintetto di Orange County, grazie al nuovo "Congregation of the Damned", è riuscito a mettere stavolta d'accordo fan vecchi e nuovi. A svelarci il segreto del ritrovato successo è il chitarrista Travis, tanto ispirato alla sei corde quanto poco loquace ai nostri microfoni...
CIAO TRAVIS! INIZIAMO SUBITO PARLANDO NUOVO ALBUM, LA CUI USCITA E' ORMAI IMMINENTE: QUALI SONO LE VOSTRE ASPETTATIVE A RIGUARDO?
"Abbiamo aspettative molto elevate verso questo disco, abbiamo speso mesi interi per registrarlo e crediamo di aver fatto davvero un buon lavoro, ma ora che finalmente sta per vedere la luce siamo emozionati e curiosi di vedere la reazione dei nostri fan".

RISPETTO A "LEAD SAILS AND A PAPER ANCHOR" IL NUOVO ALBUM SEGNA UN PREPOTENTE RITORNO ALLE SONORITA' DI "THE CURSE": E' STATA UNA SCELTA VOLUTA AL MOMENTO DI ENTRARE IN STUDIO E COME MAI AVETE OPTATE PER QUESTO RITORNO AL PASSATO?
"Il nostro intento come band è sempre quello di guardare avanti e non indietro, perchè vogliamo continuare a crescere e non ci piace l'idea di ripeterci. Stavolta però prima di entrare in studio abbiamo voluto recuperare tutti gli elementi che hanno contribuito a forgiare il nostro sound, tanto nel passato recente che in quello remoto, e abbiamo cercato di far confluire tutto ciò nel nuovo disco, per comporre qualcosa che fosse al 100% Atreyu".

QUAL E' IL SIGNIFICATO DI UN TITOLO COME "CONGREGATION OF THE DAMNED"?
"Non si tratta di un concept o qualcosa di particolare, credo semplicemente che Alex abbia voluto rappresentare con questo titolo lo stato attuale dell'umanità, uno stato in cui tutti sembrano voler pensare più a sé stessi che agli altri, tutto qui".

E INVECE COSA CI PUOI DIRE A PROPOSITO DEI TESTI DI TRAVIS? SEMBRANO ESSERE NON LONTANI DAI TONI PIU' CUPI DI "THE CURSE", ANCHE SE DEPURATI DA QUELLA COMPONENTE VAMPIRESCA CHE AVEVA CONTRADDISTINTO I VOSTRI ESORDI...
"Sì, all'epoca il tema dei vampiri ci sembrava divertente, ma ormai sono passati cinque o sei anni e questo genere di cose non ci interessa più, anche se ultimamente sembra essere tornato prepotentemente di moda".

DIETRO IL BANCO DEL MIXER VI SIETE AVVALSI DEL CONTRIBUTO DI BOB MARLETTE E RICH COSTEY, COME VI SIETE TROVATI A LAVORARE CON LORO?
"Siamo davvero soddisfatti del lavoro svolto da Bob, ci ha preso per mano fin dal primo giorno della pre-produzione e da allora non ci ha mollato un attimo, seguendoci in tutte le fasi delle registrazioni: è diventato il sesto membro della band, e possiamo dire di esserci trovati davvero bene con lui".

HO PARTICOLARMENTE APPREZZATO CANZONI COME "STOP! BEFORE IT'S TOO LATE AND WE'VE DESTROYED IT ALL" E "GALLOWS", TI VA DI RACCONTARCI QUALCOSA SUL LORO PROCESSO DI COMPOSIZIONE?
"Sì, come dicevo prima abbiamo cercato di recuperare un po' di quell'aggressività che aveva caratterizzato 'The Curse', e queste due canzoni sono nate esattamente con questo spirito".

SEMPRE A PROPOSITO DI "STOP! BEFORE IT'S TOO LATE AND WE'VE DESTROYED IT ALL", COSA SI CELA DIETRO QUESTO TITOLO COSI' LUNGO?
"Anche qui dovrebbe risponderti Alex, comunque credo il titolo faccia riferimento allo stato in cui si trova il mondo e a tutto quello che l'umanità sta facendo per peggiorare le cose, è una sorta di monito a fermarsi prima che sia troppo tardi".

SIETE STATI TRA I PRECURSORI DELLA SCENA EMO E METALCORE, MA AL TEMPO STESSO NON AVETE MAI TRADITO LA VOSTRA PASSIONE PER L'HARD ROCK DEGLI ANNI '80, PER CUI ANCHE ETICHETTARVI NELL'UNA O NELL'ALTRA CATEGORIA NON E' IMPRESA SEMPRE FACILE...
"Non ci sono mai piaciute le etichette, noi cerchiamo semplicemente di fare musica che piaccia a noi e a chi ci ascolta, poi se qualcuno la vuole etichettare come metalcore o come hard-rock ben venga, a noi non interessa".

RICORDO CON PIACERE UNA VOSTRA COVER DI "YOU GIVE LOVE A BAD NAME" DEI BON JOVI: AVETE MAI PENSATO AD UN ALBUM DI SOLE COVER DEGLI EIGHTIES?
"No, stavolta niente cover; abbiamo registrato quindici pezzi e ne abbiamo inclusi solo dodici, quindi ci avanzano tre pezzi da utilizzare per future occasioni, mentre per quanto riguarda le cover abbiamo preferito concentrarci sul processo di scrittura senza lasciarci distrarre da altro".

SUL FRONTE LIVE COSA CI DOBBIAMO ASPETTARE NEL FUTURO PROSSIMO? E QUANDO AVETE IN MENTE DI VENIRCI A TROVARE NELLA CARA VECCHIA EUROPA?
"Abbiamo cominciato da un paio di giorni il tour in USA, che andrà avanti fino a Novembre; poi ci prenderemo un mese di ferie per permettere al nostro cantante, ormai prossimo a sposarsi, di poter partire per la luna di miele. Credo quindi che verremo dalle vostre parti all'inizio del prossimo anno, e sinceramente non vedo l'ora: l'Europa è talmente diversa dagli Stati Uniti da rappresentare sempre una scoperta per noi!".

E QUAL E' LA TUA CAPITALE EUROPEA PREFERITA, TRA QUELLE CHE AVETE AVUTO MODO DI VISITARE FINO AD ORA?
"Mi sono molto divertito a Milano, l'unica volta che ci siamo stati abbiamo avuto modo di farci due passi e devo dire che come città è veramente bellissima".

PER L'USCITA DI "LEAD SAILS AND A PAPER ANCHOR" AVETE PRESTATO PARECCHIA ATTENZIONE ALL'ASPETTO PROMOZIONALE, ARRIVANDO A CREARE UN PUZZLE ON-LINE PER IL PRIMO SINGOLO E DEI VIDEOGIOCHI PERSONALIZZATI PER CIASCUN MEMBRO DELLA BAND; AVETE IN PROGRAMMA QUALCOSA DEL GENERE ANCHE IN QUEST'OCCASIONE?
"No, per ora direi niente sorprese particolari, se non per quanto riguarda il contenuto musicale dell'album, a nostro modo di vedere il più vario della nostra carriera".

COME ORMAI TUTTI SANNO IL VOSTRO MONICKER RIMANDA AL LIBRO, E AL RELATIVO FILM, "LA STORIA INFINITA": TI VA DI RACCONTARCI IL MOTIVO DI QUESTA SCELTA?
"Anche qui non c'è un motivo particolare, ovviamente avevamo tutti visto il film e all'epoca di pensare al nome della band qualcuno di noi suggerì questo nome e ci piacque perchè suonava bene, tutto qui!".

mercoledì, novembre 18, 2009

LIVE REPORT : RAISED FIST - Milano @ Bloom - 24/10/2009

IL CONCERTO DI FINE OTTOBRE DEI RAISED FIST ERA UNA DEGLI APPUNTAMENTI MUSICALI CHE ATTENDEVO DI PIU' X QUESTA FINE 2009 E DIREI CHE, A PARTE L'ACUSTICA DAVVERO IMBARAZZANTE, E' STATO DAVVERO UN SERATONE.

Dopo un po' di vociferare sull'orario di inizio (prima sembra che suonino alle 21:30, subito dopo all'una di notte!!!) e un lungo lungo aperitivo alla Stalingrado, parto alla volta del Bloom di Mezzago in compagnia degli RFT e di Silvia e Sandro (El Perro Diablo). Le gesta eroiche di sbagliare la strada 90 volte, a sto giro non si compiono e in poco più di mezzoera siamo a Mezzago, dove ci attendono parecchie "facce note" della scena, (Paolino, i My own voice, Luca Gettin' grey x citarne alcuni).
Il locale è già bello pienotto alle undici e di lì a poco, quando i gruppi iniziano, è già bello imballato. Aprono le danze gli Endwell (new school di New York) e i Deez Nuts (tamarroni australiani) che scaldano bene il pubblico, anche se ammetto di non aver cagato molto le 2 band, intento com'ero a bere mille birre e a fare pr mobsound... peccato, xchè i DN sono il nuovo progetto del drummer dei I Killed The Prom Queen.
Verso la mezzanotte e quaranta ecco arrivare i RAISED FIST. Pronti via e la bomba esplode : i ragazzi sono carichissimi e presi bene dal locale sold out. Si sente male (malissimo le prime tre canzoni) ma la gente inizia subito a saltare e volare da tutte le parti. Impatto violento ed esaltante fin dalle prime battute con l'incipit di batteria di SOUND OF REPUBLIC a fa schizzare subito l'adrenalina a mille...
You Ignore Them All e Perfectly Broken, sono un inizio devastante. di lì in poi è solo un vortice di hardcore purissimo urlato e sudato fino in fondo, con le orecchie che si abituano al disagio (cazzo, si sente davvero male) e le 5150 dei chitarristi che gridano come delle pazze scatenate.
C'è anche spazio x i ricordi e per un omaggio al primissimo cantante della band, scomparso ancora prima che i Raised Fist venissero creati, e al vecchio batterista che, dopo aver scritto con loro “Veil Of Ignorance”, è entrato in coma a causa di un dannato incidente automobilistico (dedicandogli, appunto, Slipping Into Coma). Quello che traspare è che essere Raised Fist va ben oltre al girare insieme, è più che suonare, è essere fratelli condividendo la stessa attitudine, nella stessa passione. Ripescano Pretext, Get This Right! e Tribute in mezzo alle nuove canzoni come They Can’t Keep Us Down, la splendida Friends and Traitors e la bellissima Wounds; dal disco del 2006 attingono poi anche Some Of These Times e Killing It, la quale precede un encore di un paio di pezzi, che si conclude con la perla di “Ignoring The Guidelines” Breaking Me Up.
Alle è davvero un frontman compatto e massiccissimo, la vera essenza dell' HC in tutto e per tutto. E' contento della situazione e da tutto per il pubblico e quando lo show finisce (un po' prima di quanto immaginassi in realtà) nessuno può rimprovarare nulla ad un gruppo che non delude mai... nè dal vivo, nè su disco!!!
CHEERS!

ALE MOBSOUND

martedì, novembre 17, 2009

EXTREME AMY!


LONDRA - Sembrava essersi ripresa, soprattutto dopo l'operazione ben riuscita al seno. Amy Winehouse era sembrata essere tornata in grande forma, ma a quanto pare non ha rinunciato alle vecchie abitudini autodistruttive. La cantante R&B, secondo quanto riporta l'edizione online del settimanale francese 'Voici'', sarebbe caduta in overdose ieri dopo una serata a base di cocaina, crack e birra. L'interprete di 'Back to Black' sarebbe finita in ospedale. A causare il ricovero anche l'ingerimento di pillole contro il raffreddore. La cantante dovra' ora sottoporsi a una serie di esami. (RCD)

lunedì, novembre 16, 2009

BIOGRAPHY : THE METEORS

...di ritorno dal BOOT TOUR 2009, post obbligatorio direi!



The Meteors are a British psychobilly band formed in 1980. Originally from the United Kingdom, they are often credited with giving the psychobilly subgenre—which fuses punk rock with rockabilly—its distinctive sound and style. Fans of the band (known as the World Wide Wrecking Crew (WWWC)) are known to use the slogan, "Only The Meteors are Pure Psychobilly," (often shortened to "OTMAPP")

The Meteors were started in 1980 by P. Paul Fenech (guitar and Vocals), Nigel Lewis (upright bass/electric bass) - later of The Tallboys, the Escalators, and the Zorchmen - see performance clip in "Trash on The Tube" feature on Youtube), and Mark Robertson (drums). Fenech and Lewis had played in rockabilly bands before, but left their former band, Raw Deal, in order to experiment with a new sound that mixed horror and science fiction lyrics with a punk rock-rockabilly crossover (as distinct from the slower, psychedelic rockabilly sound of the Cramps). This sound would later be called psychobilly.

The Meteors played their first show during Rockabilly Night at The Sparrow Hawk in north London, but after being heckled due to their cross between rockabilly and punk attitudes, decided to begin playing shows beyond just rockabilly clubs. They developed a loyal following known as "the Crazies, or Zorchmen" who invented their own dance style called "going mental," a cross between fighting, dancing and moshing. This would later be renamed "wrecking," and is still a staple of the psychobilly scene to this day. Coupled with Fenech's ritual of spitting (chicken) blood during performances, many clubs believed the band was dangerous and refused to book them. The band began playing at punk rock clubs alongside UK punk bands such as The Clash, The Damned and later Anti-Nowhere League and the UK Subs. However, unlike many punk bands, The Meteors would (and still very much do) insist that their shows be "a politics and religion free zone" in order to focus on having a good time instead of allowing disputes between fans to break out.

Due to their large cult following, The Meteors made a short film in late 1980 with comedian Keith Allen called Meteor Madness. It was released as a double feature with two-tone ska film Dance Craze in March 1981. The movie featured four songs, which made it onto the band's first vinyl single. In August 1981, the band were signed to Island Records and recorded their first full-length, In Heaven.

The Meteors have gone through many line-up changes since, with Fenech being the only original member today. The current line-up includes Simon Linden on bass and Wolfgang Hordemann (who, though not from the original line up, is the longest serving member by far after Fenech) on drums. They have 25 official albums, countless singles, and numerous re-issues and compilation appearances. They continue to record using their own recording studios (Fenech is a fully qualified sound engineer and producer) IN HEAVEN (based in an old church) and also MADDOG STUDIOS (a 58 metre high tower in Germany). These two studios are professional studios used by many bands from around the world. The Meteors have extensively toured Japan, Europe and Scandinavia, South America, and the middle east. At the time of writing, they have completed well over 5500 live shows (occasionally two per night).

P. Paul Fenech has also released six highly regarded solo albums and plays in many side projects including, the Legendary Raw Deal (rockabilly), The Surfing Dead (instrumental), Cherry and The Devil (rockabilly), The Outsiders (rockabilly). He is also a prolific and successful writer of horror film music and has written extensively for television and many other films (using a pseudonym). He is also a keen gardener and writes a weekly column under the pseudonym Percy Lupton. Nigel Lewis and Mark Robertson went on to play together in the Escalators, a psychedelic rock band which had minor success, then the Tallboys, a band best known for recording the song "Take a Walk" for the Return of the Living Dead soundtrack.

martedì, novembre 10, 2009

STEVEN TYLER LASCIA GLI AEROSMITH ??!?!


Nessuna notizia della rockstar 61enne dopo l'ultimo concerto il mese scorso ad Abu Dhabi. Non risponde più nemmeno al telefono.

Steven Tyler lascia gli Aerosmith, la leggendaria rock band americana. Le voci si rincorrono online: il 61enne frontman sarebbe scomparso nel nulla; si sarebbe dileguato dopo l'ultima performance ad Abu Dhabi, lo scorso mese. Da allora gli altri componenti della band - Joe Perry, Brad Whitford, Tom Hamilton e Joey Kramer - non hanno più sue notizie. E stanno già cercando un sostituto.

«Per quello che posso dire, Steven ha mollato il gruppo. Non ne so più degli altri. Due notti fa ho letto su Internet che Steven ha detto che avrebbe lasciato il gruppo. Non so per quanto tempo, se per sempre o altre cose, so solo questo», ha detto il chitarrista Perry in un'intervista al Las Vegas Sun. Il musicista ha inoltre rivelato che Tyler - padre dell'attrice hollywoodiana Liv Tyler - non risponde più neppure al telefono, per spiegare ai colleghi cosa stia succedendo. Il 59enne Perry, tuttavia, non si dice sorpreso: «Steven Tyler è noto per queste sue azioni, una cosa con la quale mi sono abituato a convivere».

Ciononostante, la maretta nel gruppo esiste da diverso tempo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe stata la caduta di Tyler in agosto in Sud Dakota: il cantante era inciampato sul palco durante il concerto e si era fratturato un braccio. Anche se da qualche mese si rincorrono insistentemente le voci di un imminente scioglimento del gruppo, «un'uscita di Tyler non significa la fine degli Aerosmith», stando alle parole di Perry. La band starebbe già cercando un sostituto: «Qui ci sono quattro persone che insieme suonano estremamente bene, e non è una situazione che voglio buttar via. Forse troveremo un'altra persona che canti nei punti in cui abbiamo bisogno di un cantante». Da parte del veterano del gruppo americano non è arrivata finora nessuna dichiarazione chiarificatoria. Già due anni fa l’istrionico cantante aveva fatto parlare di sé per la decisione di uscire dal gruppo. Gli Aerosmith si sono formati nel 1970 nel New Hampshire; finora hanno pubblicato 14 album. Tra i brani più famosi: Rag Doll e la ballata I Don’t Want To Miss a Thing. La rivista Rolling Stone li ha inseriti nella lista dei cento migliori artisti di sempre.

(www.corriere.it)

lunedì, novembre 09, 2009

ANOTHER BRICK IN THE WALL


Un post obbligato quello di oggi... buona settimana a tutti!

Pink Floyd The Wall è la trasposizione cinematografica del concept album The Wall, realizzato nel 1979 dai Pink Floyd.

Il film è basato sull'album anziché viceversa, e ne rappresenta in effetti la "colonna visiva". La storia permette almeno tre livelli di lettura: uno autobiografico (la morte in guerra del padre di Waters, i problemi dell'educazione scolastica nel periodo delle rivolte studentesche), uno di osservazione e critica sociale (l'incomunicabilità nei rapporti di coppia, la rockstar onnipotente), uno infine che rappresenta l'evoluzione della follia del protagonista, nel quale si intravede un riferimento a Syd Barrett, il fondatore della band, persosi per strada dopo l'eccezionale disco di debutto The Piper at the Gates of Dawn.

Famose le scene di animazione create da Gerald Scarfe, che venivano anche proiettate sul muro durante i concerti.

Il film è stato presentato fuori concorso al 35° Festival di Cannes.

In una stanza d'albergo, a Los Angeles, Pink (Bob Geldof), rockstar famosa ma con problemi di droga, rivive, grazie ad un film di guerra, i momenti più significativi della sua tragica esistenza: il padre morto in guerra quando lui era ancora in fasce, il crudele maestro di scuola, la madre iperprotettiva (riferimento a Syd Barrett), la moglie infedele e le stupide groupies che darebbero l'anima per stare con lui. Tutti questi avvenimenti non hanno fatto altro che erigere intorno a Pink un muro psicologico che lo protegge dalle altre persone, ma che col passare del tempo lo soffoca. Pink, dopo aver portato con sé in albergo una groupie e aver distrutto la sua stanza, pone l'ultimo mattone nel muro, chiudendosi del tutto nella sua follia. Le persone che organizzano il suo tour lo trovano in condizioni disumane, e dopo averlo rimesso in sesto lo trascinano ad un concerto che sembra una parata nazista. Qui Pink marcia, seguito da agguerriti skinheads, sulle altre persone, raggiungendo il culmine della pazzia; poi, stanco di questa allucinante situazione, si autosottopone ad un processo in cui tutti i personaggi significativi della sua vita, rappresentati come grottesche creature, lo accusano delle sue infamie. Alla fine il Giudice Verme impone a Pink di distruggere il muro, riesponendolo così al mondo reale.

Il film comprende tutte le canzoni di The Wall (alcune delle quali ri-registrate) tranne Hey You (presente nell'edizione in DVD del film negli extra come video musicale) e The Show Must Go On.
La canzone Goodbye Blue Sky, che nell'album si trova dopo di Mother, nel film invece si trova prima di The Happiest Days of Our Lives.
Come singolo promozionale per il film venne incisa When the Tigers Broke Free, presente poi nell'antologico Echoes: The Best of Pink Floyd e nell'edizione del 2004 di The Final Cut.
Quando il film uscì nelle sale Richard Wright non faceva più parte dei Pink Floyd, collaborando però comunque come session-man durante i concerti.
Nel film è presente la canzone What shall we do now?, che non appare nell'LP di The Wall; inoltre la canzone Bring the boys back home è presente in una versione molto più lunga rispetto a quella del disco.
Bob Geldof nel film canta In the Flesh? e Stop.
Durante la scena che accompagna The Happiest Day of Our Lives, quando il maestro legge la poesia scritta da Pink, si possono nettamente distinguere alcuni versi della canzone Money tratta dall'album The Dark Side of the Moon.
Durante la scena che accompagna Stop, prima del testo originale, si possono nettamente distinguere alcuni versi della canzone Yuor possible past tratta dall'album The Final Cut e dalla canzone 5.11 AM (The Moment of Clarity) tratta dall'album solista di Waters The Pros and Cons of HitchHiking.
Il film è distribuito dalla MGM.
Roger Waters appare come cameo in Mother nella sequenza del matrimonio di Pink, come testimone dello sposo.

venerdì, novembre 06, 2009

CONSIGLI X IL WEEK END...


Rieccoci al fine settimana e ai consigli sugli eventi da non perdere. Stasera i Kid Crash alla dauntaun, domani BMTH ai magazzini generali (ne abbiamo tristemente parlato mercoledì) i Ruggine a Rovato e i Russi KOMATOS a Modena.
Da segnalare anche la 2 giorni veloci & furiosi al cantiere e GIULIANO PALMA & THE BLUEBEATERS all'alcatraz domani sera...
Insomma direi che c'è posto x tutti i gusti...


Qui di seguito trovate tutti i flyer con le info dei concerti segnalati. Un paio di notizielle uscita in questi giorni su aclune testate musicali : fonti ufficiali affermano che il frontman degli SLIPKNOT, Corey Taylor, sia stato preso in considerazione dai VELVET REVOLVER di Slash e Duff Mckagan come sostituto dell’ex singer Scott Weiland.
Taylor ha dichiarato: “Mi sono trovato con i ragazzi, abbiamo registrato qualche demo insieme, ma semplicemente non ha funzionato per vari motivi. E’ stata comunque un’esperienza fantastica. Ho potuto jammare con delle leggende! Sono ancora in contatto con loro e provo moltissimo rispetto!”

Blabbermouth.net diffonde la notizia: Yngwie Malmsteen non è più endorse della DiMarzio. Il brand continuerà comunque a produrre pick up per il celebre chitarrista svedese , ma senza citarne il nome ed addirittura, in determinati casi, cambiando solo il nome del modello (per esempio il DP217, precedentemente noto come YJM, ora si chiamerà HS-4).

A causa dell'enorme richiesta di biglietti per lo show di SONATA ARCTICA del 25.11 all'Alcatraz di Milano, la formazione finlandese si esibirà invece al PALASHARP pronto ad accogliere un maggior numero di fan!





mercoledì, novembre 04, 2009

SOME NEWS...


Iniziamo la giornata di oggi con la notizia che il concerto di Sabato a Milano dei tanto discussi BRING ME THE HORIZON (che a me cmque piacciono di brutto) è sold out, quindi non sarà possibile comprare biglietti allo sportello il giorno del concerto. Tralascerei ogni commento sulla scelta degli organizzatori (Live in Italy) di far suonare i ragazzi inglesi (che attualmente sono una delle band che tira di più in assoluto) in un buco come i Magazzini generali...
Oggi arrivano in Italia gli Hardcore Superstar, che suoneranno a Roma stasera e a Milano domani (Alcatraz).Dopo 3 anni di distanza e il clamoroso sold out di Bologna tornano a trovarci in Italia i bostoniani Dropkick Murphys con un unica data nazionale il 25 gennaio all Alcatraz di Milano.
Tanti altri concerti da segnalare, dal tour europeo dei METEORS (in italia Roma il 12 novembre, Modena il 13 e Milano il 14) poi gli Slayer il 9 dicembre all'alcatraz, i Job For a Cowboy coi Lamb of God a febbraio e gli Hatebreed a fine gennaio e i Kasabian il 10 febbraio sempre all'Alcatraz

Qui di seguito le date ufficiali del tour di Marilyn manson...
Cheers!
Parigi, FR // ZENIT 21 dicembre 2009
Lussemburgo, L // ROCKHAL 18 dicembre 2009
Antwerp, B // LOTTOARENA 17 dicembre 2009
Nottingham, UK // TRENTARENA 18 dicembre 2009
Glasgow, UK // O2 ACADEMY 15 dicembre 2009
Manchester, UK // ACADEMY 14 dicembre 2009
Birmingham, UK // O2 ACADEMY 13 dicembre 2009
London, UK // BRIXTON O2 ACADEMY 10 dicembre 2009
London, UK // BRIXTON O2 ACADEMY 9 dicembre 2009
Amsterdam, NL // HMH 7 dicembre 2009
Lille, FR // ZENIT 6 dicembre 2009
Barcellona, E // SAINT JORDI CLUB 4 dicembre 2009
Madrid, E // PALACIO DE LOS DEPORTES 3 dicembre 2009
Lisbona, P // CAMPO PEQUENO 1 dicembre 2009
Toulouse, F // ZENITH 29 novembre 2009
Milano, I // PALASHARP 27 novembre 2009
Treviso, I // PALAVERDE 26 novembre 2009
Neu-Isenburg, D // HUGENOTTENHALLEN 23 novembre 2009
Amburgo, D // DOCKS 21 novembre 2009
Colonia, D // PALLADIUM 19 novembre 2009
Berlino, D // TEMPODROME 18 novembre 2009
Varsavia, PL // STODOLA 17 novembre 2009
Riga, LV // ARENA 15 novembre 2009
Sydney, AUS // HORDERN PAVILION 14 novembre 2009
Mosca, RUS // BI CLUB 13 novembre 2009
St. Pietroburgo, RUS // NEW ARENA 12 novembre 2009
Stoccolma, S // THE GLOBE 9 novembre 2009
Malmo, S // MALMO ARENA 6 novembre 2009

martedì, novembre 03, 2009

THE ORIGINAL SOUNDTRACK


Dopo il week end di halloween rieccoci qui a scrivere sul blog.
Ritorna anche la rubrica dedicata alle colonne sonore che meritano attenzione. Oggi si parla di un film zarrissimo a davvero crasto : FAST & FURIOUS 4 SOLO PARTI ORIGINALI, ultimo (in rodine di uscita) della saga dedicata ai motori.
Musiche interessanti, non c'è che dire...

Il prolifico Brian Tyler, ormai onnipresente tra le nuove uscite cinematografiche, torna a comporre per il fortunato franchising The Fast And The Furious, arrivato al suo quarto capitolo.
Visto il successo musicale di Tokyo Drift, in netto contrasto con l’indiscusso tracollo qualitativo della serie, il nuovo episodio ripropone quanto di meglio sia stato dedicato a questi titoli: Brian Tyler riconfermato alle musiche ed il grande ritorno del cast originale, composto da Vin Diesel, Paul Walker, Michelle Rodriguez e Jordana Brewster.
La coincidenza, o magari qualcosa in più, vuole che l’egregio musicista di Hollywood si dedichi spesso a pellicole interpretate dal giovane Walker, presente anche in Timeline e The Lazarus Project.

Fast & Furious si presenta davvero densa di sorprese e di materiale degno di attenzione, che ascolto dopo ascolto regala grandi emozioni e svela piccoli tesori nascosti da un’apparenza piuttosto confusa e chiassosa, che a primo impatto tende a deludere l’ascoltatore che ha apprezzato l’incisività di Tokyo Drift.
In effetti Brian Tyler sembra quasi essere influenzato dal ritorno degli interpreti originali del primo episodio, rievocando l’approccio elettronico di BT per la pellicola del 2001 e calcando la mano nell’utilizzo della componente sintetica.
Il risultato però è molto differente dalla prima impressione, infatti il compositore non solo dona alla partitura un corpo più massiccio e una vena più bombastica, egli si prodiga soprattutto nella realizzazione di costruzioni melodiche e d’atmosfera precise e nitide, capaci di proiettare l’ascoltatore nel bel mezzo delle varie location che incorniciano gli avvenimenti della pellicola.
In tutto ciò c’è da apprezzare poi l’intenzione di creare sporadicamente un filo conduttore musicale tra questo nuovo episodio e Tokyo Drift, accennando ai movimenti più adrenalinici della passata partitura senza citarli mai davvero, bensì richiamando alla mente quelle immagini musicali che coloro che hanno amato la colonna sonora del 2006 non potranno non riconoscere e apprezzare.

Entrando nel merito del disco si può dire che l’edizione Varese Sarabande offre una quantità notevole di materiale, che tocca quasi gli 80 minuti di durata; piuttosto lunghi se si considera il tipo di sound che prevale, ma decisamente interessanti e necessari a mostrare le varie sfaccettature della partitura.
Brian Tyler affida ad uno stereotipo musicale molto in voga nel mondo dell’automobilismo estremo l’incipit iniziale; “Landtrain”, brano d’apertura dell’album, proietta l’ascoltatore nel mezzo di una strada il cui asfalto sembra ribollire emanando il suo odore, attraverso una cavalcata di basso elettrico crescente che riporta alla mente tantissimi lavori legati al mondo delle automobili, da Gone In 60 Seconds di Trevor Rabin al brano “Travelling Without Moving”, tratto dall’omonimo album, dei Jamiroquai, gruppo funk molto famoso anche per le performance del caldo strumento ritmico.
La costruzione si arricchisce di momento in momento di componenti come percussioni, rullanti, timbales, pizzicati di chitarra ed una costante presenza orchestrale di fondo che introduce l’esplosione per elettronica, chitarra elettrica e batteria, la quale, suonata personalmente da Tyler, regala interessantissime performance in stile Heavy Metal, arricchite da timbriche e buona padronanza dello strumento, passando da landscape che lasciano immaginare le calde zone desolate degli Stati Uniti ad una vera e propria corsa automobilistica, in cui lo strumento ritmico scandisce freneticamente gli istanti della competizione.
Il nuovo tema principale, ascoltabile in “Fast & Furious”, consiste in una costruzione elettronica arricchita da una presenza ritmica di basso e batteria notevolmente coinvolgenti, il cui risultato sembra comunque essere più un esercizio di stile piuttosto che un elemento identificativo del film; si tratta comunque di un dettaglio poco importante, visto l’utilizzo assai limitato che Tyler fa del movimento, a favore di costruzioni molto più interessanti, come “The Border”, forse uno dei momenti più belli dell’intero disco. L’autore si affida ad una timbrica che ricalca i classici stilemi atti a delineare gli stati esteri, prevalentemente Messico e Medio Oriente, attraverso l’utilizzo puntuale di timbales ed una creazione tematica che strizza l’occhiolino alle sonorità di quei luoghi, senza tralasciare però il suo stile muscoloso e ricorrente, che all’interno dell’album trova numerose valvole di sfogo, attraverso l’incastro sinfo-elettronico della parte conclusiva del medesimo brano, in alcuni istanti molto in linea con Tokyo Drift, oppure nell’adrenalinica “Dom Vs Brian”, il cui incipit elettronico ricorda notevolmente brani come “Ditch The Fuzz” o “Dominic’s Story” composti da BT per il primo film.
Nonostante la presenza elettronica, il brano gode di una bella costruzione sinfonica per archi, che l’artista gestisce con buona inventiva, grazie all’assegnazione di un drammatico movimento che introduce l’esplosione d’insieme per ottoni, timpani ed elettronica dal gusto molto simile a Tokyo Drift. Molti gli elementi interessanti, piuttosto difficile enumerarli tutti: ostinati d’archi, performance di batteria estremamente coinvolgenti, crescendo poderosi e strappi della sezione d’ottoni che, seppur coperti dalla componente elettronica, godono di un bel corpo capace di donare il giusto vigore al variegato passaggio, il quale nei suoi 7 minuti di durata non fatica a coinvolgere grazie alle numerosissime variazioni melodiche, ritmiche e soprattutto timbriche.

Di tutt’altro genere “Suite”, pagina esclusivamente sinfonica per grande orchestra dalla vena drammatica. Brian Tyler compone uno dei suoi pezzi migliori quanto a costruzione melodica, grazie alla scrittura di passaggi molto trascinanti, arricchiti da un’orchestrazione atta a valorizzare i singoli cambi e movimenti tra le varie sezioni nonostante la linearità della melodia di base. Molto interessanti infatti le interpretazioni degli archi nell’esplosione centrale, e particolarmente apprezzabile la comparsa dei violoncelli poco prima della fine, che ricreano un sapore estremamente teatrale, quasi in forte contrasto col resto della partitura, soprattutto del brano successivo, “Revenge”, dall’incipit molto più prorompente, muscoloso, e costruito su effetti elettronici contenuti ma estremamente appropriati.

Altri elementi di Tokyo Drift tornano a far capolino nello score, alcuni dei quali però si rivelano tanto adeguati musicalmente parlando quanto poco inerenti dal punto di vista filmico; “Amends” ricalca molto il sapore e la costruzione melodica di “Neela Drifts” e “Neela”, brani strettamente legati al personaggio dal quale traggono il nome, e quindi apparentemente fuori luogo se si considera che si parla di un tema associato ad un qualcosa che non è presente in questo film. Si tratta di un dettaglio, ma la cosa lascia piuttosto perplessi a causa di una identità troppo spiccata per venir riciclata o riutilizzata in un contesto del tutto differente
Migliore invece “Brian and Mia”, forse l’unico tema d’amore della composizione; la costruzione si rivela tanto seducente ed originale quanto scontata nel sapore, ma il retrogusto assai radicato tra le note di BT lo rende più intelligente di quanto non sembri.

Superata la techno “Outta Sight”, composta da una paletta elettronica molto martellante ed una linea vocale parlata, estremamente tipica per il genere, l’ascolto della partitura si fa a tratti ostico, a causa di una certa pesantezza delle scelte compositive, innegabilmente difficili da sopportare a lungo, soprattutto a causa di una serie di costruzioni che tendono a ricalcare il materiale conosciuto nella prima metà dell’album, seppur con arrangiamenti e coloriture diverse e talvolta degne di nota, come la sinfonica, e a tratti anche dissonante, “Real Drivers”, in cui compaiono elementi quali tromboni e corni molto interessanti.
Fortunatamente i passaggi conclusivi dell’album, “The Showdown” e “Judgment”, rinvigoriscono l’atmosfera grazie ad una sessione ritmica particolarmente frenetica e carica di presenze sinfoniche molto incisive e, nel brano finale, un crescendo conclusivo che esplode in una performance imponente e muscolosa per orchestra, carica di timpani, rullanti, timbales ed una massiccia componente elettronica.

Tirando le somme Fast & Furious si stacca molto dalla precedente Tokyo Drift, prediligendo il commento alla scrittura tematica; in effetti la grande varietà di costruzioni ritmiche, sfumature timbriche in gran quantità e performance di strumenti quali batteria, basso e chitarra di livello medio-alto appaiono più come un vero e proprio esercizio di stile, nel quale Tyler si cimenta sfruttando le possibilità fornitegli dal carattere della pellicola per sfoggiare alcune delle sue doti musicali che vanno oltre la composizione classica, toccando sponde molto più vicine ai musicisti rock e metal, specialmente per il largo utilizzo della doppia grancassa nella linea di batteria in “Landtrain”, interpretazione decisamente apprezzabile.
Sono molto affascinanti quelle soluzioni atte a commentare le linee di confine tra stati o territori extranazionali (“The Border”), costruzioni in parte standard e piuttosto diffuse per il tipo di commento, ma indubbiamente di grande effetto, come i pizzicati di chitarra, la scelta di timbales e melodie dal gusto mediorientale. C’è poi una buona ricerca del singolo, che il carattere stesso del film non favorisce molto, ma comunque trova buone valvole di sfogo in quei pochi spazi concessi, come “Dom Vs Brian” o l’interessante “Suite”.

Sostanzialmente lo score, e il relativo album, è soddisfacente e garantisce un ascolto appagante a chi ha apprezzato Tokyo Drift, nonostante la vena più aggressiva e bombastica, meno incisiva e graffiante rispetto alla precedente composizione, ed interessanti spunti di riflessione sull’evoluzione tecnica e stilistica dell’autore, nonostante le sue innegabili pecche o ripetizioni.

lunedì, novembre 02, 2009

OUT NOW...


Il 20 ottobre RockHall DVDs.com e TimeLife.com. hanno pubblicato un box di nove DVD -di cui potete vedere un'immagine a lato- contenente i momenti più significativi legati alle performance dei tanti, ma selezionatissimi, artisti che hanno ricevuto il beneficio di suonare nella Rock And Roll Hall Of Fame, tra cui compaiono anche i Metallica, gli AC/DC e gli Aerosmith.
Il cofanetto, semplicemente intitolato Rock And Roll Hall Of Fame Live, verrà messo in vendita nei due siti di cui sopra alla cifra di 119,96 $

Il 17 novembre la Bridge Nine Records pubblicherà, in un unico CD, le ristampe di United Blood e Victim In Pain degli Agnostic Front; le pubbblicazioni, che andranno a celebrare i 25 anni di esistenza della band, saranno accompagnate anche dalla speciale pubblicazione di un vinile 7'' (per United Blood) e 12'' (per Victim In Pain), i cui contenuti completi potrete leggere a questo indirizzo.