venerdì, marzo 31, 2006

Intervista della settimana : TRANSPLANTS


Le uscite della Hellcat, marchio Epitaph gestito dai Rancid, sono state finora caratterizzate da una ortodossia abbastanza rigida: punk e ska variamente assortiti è la dieta più o meno fissa. L’omonimo album d’esordio dei Transplants però sembra fatto apposta per scombinare un po’ lo stile classico dell’etichetta. Il punk resta sempre il genere di riferimento, ma in questo caso si incrocia con l’hip-hop, un connubio finora poco praticato e dagli sviluppi ancora incerti. A rendere più curiosa l’operazione c’è anche la formazione del gruppo, un trio composto da due superstar e un totale sconosciuto. I primi sono Tim Armstrong (chitarra e voce dei Rancid, nonché motore principale di tutta l’operazione) e Travis Barker (batterista dei Blink-182), ai quali si unisce il cantante e rapper Rob Aston che, prima di questa band, ha fatto conoscenza con la scena punk solamente come roadie. Un semplice capriccio di due musicisti affermati in cerca di svago dagli impegni dei loro gruppi principali? Niente affatto: i Transplants fanno sul serio, secondo quanto ci ha raccontato Aston, ancora incredulo per essere passato dal ruolo di uomo dietro le quinte a quello di protagonista.

Dato che non hai avuto esperienze musicali prima dei Transplants, per quale motivo Tim Armstrong ti ha scelto come cantante? Come ha saputo delle tue capacità?
Lo sa Dio! (risata). Non mi ha mai sentito cantare prima, quindi non poteva avere idea di quello che fossi in grado di fare. Semplicemente, eravamo amici e mi ha dato una possibilità. E sono molto contento che lo abbia fatto.

Ma come siete entrati in contatto?
Ci siamo conosciuti quando io facevo il roadie per gli AFI. Abbiamo fatto un po’ di cose con i Rancid ed è nato tutto da lì.

Il vostro album è una sorta di ibrido fra punk e hip-hop, un’alleanza piuttosto insolita. Sono due sottoculture molto forti ma non si sono mai incrociate.
Io, Tim e Travis abbiamo sempre ascoltato un sacco di generi diversi: punk, hip-hop, hardcore, metal, reggae... Di tutto, letteralmente. Abbiamo cercato di fare qualcosa che nessuno ha fatto in precedenza. Chiunque può registrare un disco punk o hip-hop, la parte divertente di questo album è stato il tentativo di inserire in un unico lavoro tutto quello che ci piace. E penso che ci siamo riusciti.

In Italia però le divisioni fra punk e hip-hop sono abbastanza marcate. Spesso chi ascolta punk non sopporta l’hip-hop e viceversa. Accade lo stesso anche nella vostra scena?
Sì, anche qui è più o meno la stessa cosa. Ognuno ha un’idea propria di cosa sia punk o no, ma onestamente non me ne frega niente. Siamo nel 2003, se qualcuno pensa che essere punk significhi avere la cresta, mettersi un giubbotto e tutto il resto, allora OK, benissimo. Se un altro pensa che il punk debba essere una questione di atteggiamento e significhi cercare di agire come meglio si crede, mi va bene ugualmente. Io faccio solo musica.

In passato i Clash sono partiti dal punk ma sono arrivati a toccare generi diversi, dal funk al reggae. Quando avete messo insieme i Transplants, avete tenuto presente l’esempio di album come “Sandinista”?
No, anche se non sei il primo a fare questa osservazione. In “Sandinista” c’erano un sacco di cose, ma non penso che ci siano molti punti di contatto con quello che facciamo noi. L’unica similitudine è che anche nel nostro disco abbiamo cercato di combinare spunti di origine diversa. Ma non siamo entrati in studio con l’intenzione di registrare un altro “Sandinista”. Anzi, all’inizio non sapevamo neanche che ci sarebbe stato un gruppo e ne sarebbe uscito un album. C’eravamo solo io e Tim a cazzeggiare in studio. Poi ci siamo concentrati più seriamente e ci siamo resi conto di avere in mano qualcosa che valeva la pena di essere pubblicato.

Sia il punk che l’hip-hop sono nati come stili underground, ma col tempo hanno permesso a diversi musicisti di arrivare alle classifiche. L’hip-hop è diventato addirittura il genere dominante sul mercato statunitense. C’è ancora spazio per musicisti più “sotterranei”?
La parola “underground” è strana. Molti la usano come una specie di copertura per giustificare il fatto che non riescono a vendere dischi. Ma underground vuole anche dire mantenere quello che si fa in una dimensione ridotta, è in questo caso va benissimo. Però direi che questo vale per qualsiasi genere, non solo per il punk e per l’hip-hop, ed è una parte importante della scena musicale. In genere, si tratta di cose più dure, fatte senza preoccuparsi per le vendite. Direi che c’è ancora un sacco di roba interessante che esce dall’underground.

Avete ricevuto apprezzamenti dalla scena hip-hop?
Finora ci hanno accolto in modo favorevole. Qui a Los Angeles la nostra musica viene trasmessa anche da alcune radio hip-hop.

Pensi che possiate riuscire a raggiungere sia il pubblico punk che quello hip-hop?
Non ne ho idea. Abbiamo ancora lo stesso atteggiamento che avevamo quando abbiamo cominciato a registrare l’album. Se piace a qualcuno, bene. Se non piace a nessuno, bene lo stesso. Non ci interessa cambiare la scena, ci divertiamo a suonare insieme. Tutto quello che arriva in più è un bonus. Certo, speriamo che ci ascoltino in molti, qualunque sia il loro genere preferito, ma non siamo certi che possa succedere.

Sono curioso di sapere cosa pensi dei Rancid e dei Blink-182…
Sono bravi a fare ciò che fanno. Vale sia per i Rancid che per i Blink. Sono gruppi diversi, ma ugualmente di valore.

Però è inevitabile notare che i Blink- 182 sono più leggeri e adolescenziali rispetto ai Rancid e ai Transplants.
Be’, i Blink sono seguiti da molti ragazzini ma credo che le loro canzoni possano essere divertenti anche per gente che ha qualche anno di più. Dal punto di vista dei testi, le canzoni dei Transplants sono diverse dalle loro perché riguardano principalmente argomenti che mi colpiscono. Si tratta di quello che capita nella mia vita, di cose che per me sono importanti.

So che hai in programma un album da solo. Di che si tratta?
Sarà un album hip-hop, ho cominciato da poco a registrare. Non posso dire ancora con sicurezza chi sarà coinvolto perché non c’è niente di definitivo, ma non vedo l’ora di completarlo. Sono sicuro che sarà un’esperienza interessante.

Ci saranno similitudini con i Transplants?
Inevitabilmente sì. Si tratta di Rob dei Transplants che registra un disco hip-hop e quindi qualche richiamo ci sarà per forza. Inoltre, ci saranno anche ospiti che hanno partecipato anche all’album dei Transplants, come Son Doobie, che canta in “Diamonds and guns”.

Negli Stati Uniti avete già fatto qualche uscita dal vivo. Come ha reagito il pubblico?
Molto bene. E’ stato un test importante perché abbiamo suonato live prima dell’uscita dell’album, quindi nessuno sapeva bene cosa aspettarsi da noi. Ogni sera la gente ci ha accolto bene. Mi sono divertito molto e non vedo l’ora di andare ancora in tour.

Il fatto che due membri dei Transplants suonino in gruppi noti vi ha aiutato o vi ha caricato di responsabilità eccessive?
Il fatto che Tim e Travis suonino in gruppi famosi non conta molto. Adesso ci stiamo costruendo un nostro seguito, non necessariamente composto di fans dei Rancid o dei Blink, quindi non ci preoccupiamo di eventuali confronti.

La tua storia personale sembra una specie di favola punk: un roadie che diventa cantante...
Già, solo tre anni fa non avrei mai immaginato che sarei finito in un gruppo. Il lavoro di roadie mi ha permesso di imparare un sacco di cose che adesso sfrutto quando devo stare sul palco. In effetti questo è il periodo migliore della mia vita, mi sto divertendo molto.

Quali sono i prossimi piani dei Transplants?
L’anno prossimo andremo in tour. Fino alla fine dell’anno Tim sarà impegnato a registrare il nuovo album dei Rancid e Travis sarà in studio con i Blink da gennaio a marzo. Poi cominceremo a girare. Faremo dei concerti con i Foo Fighters e penso che sarà molto divertente. Entro la fine dell’anno prossimo registreremo il secondo album. Vedi, anche se Travis e Tim sono occupati in altri gruppi, dedicano tutto il loro tempo restante ai Transplants. Siamo una vera band, non un progetto laterale, anche se abbiamo dei tempi più lunghi rispetto ad altri gruppi, a causa dei molti impegni di Tim e Travis.

Continui a fare il roadie?
Sì, seguirò il tour dei Rancid. E’ divertente, mi permette di andare in giro per il mondo. Forse non è un’attività particolarmente attraente, ma è pur sempre un lavoro.

(Gianni Sibilla)

giovedì, marzo 30, 2006

SKA, Skinheads & Rudeboys

Riportiamo di seguito un bel saggio di George Marshall di un paio d'anni fa, nel quale viene magistralmente spiegato il rapporto e l'influenza che la musica ska ha avuto con le varie sottoculture metropolitane e quello che queste ultime hanno dato alla musica in levare... dalle origini ad oggi...


Pensando al collegamento tra ska e skinheads non si può non riconoscere il ruolo spesso molto importante di altri culti giovanili nel supportare tale musica nel corso degli anni. Tra coloro che stanno leggendo queste righe ci saranno sicuramente molti skinheads che sono accaniti fans dello ska,ma ci saranno anche rude boys,mods,punks e senza dubbio anche altri egualmente "loschi" figuri. Il punto è che gli skinheads non hanno il monopolio della musica ska e neppure l'hanno mai avuto. Questo è vero negli Stati Uniti come aldiqua dell'Atlantico,in Inghilterra come nel resto d'Europa.
Furono i Mods il primo culto giovanile britannico a fare propria la musica ska. Se avete visto il film Quadrophenia (e se siete capitati in questo sito,dubito il contrario!),potreste esser perdonati se avete pensato che i tipi degli Who furono i migliori protagonisti Mod durante i 6Ts. Ma se avete l'occasione di parlare con chiunque fu li durante quegli anni,potrete scoprire che la musica nera,sia essa Soul americano oppure ska giamaicano,fu quella che riempiva le piste da ballo quando i Mods erano in città.
Il classico degli WHO "my generation" non fu pubblicato che nel "65,al cui tempo il picco del movimento Mod era già passato. Al tempo,per riferirsi allo ska veniva spesso usato il termine "blue beat",dall'etichetta Blue Beat,che fu responsabile della pubblicazione della maggior parte della musica di quell'epoca in Inghilterra (era stata creata come una sussidiaria della Melodisc nel 1960 al fine di concentrarsi sulla pubblicazione di musica giamaicana).I Mods furono i primi a scoprirla alle feste blues underground tenute dagli immigrati delle Indie Occidentali. Infatti,a dispetto delle spesso numerose vendite,la musica ska raramente riuscì a penetrare nel "mainstream" della musica britannica ,visto che poi era perlopiù venduta da punti di vendita specializzati (spesso bancarelle ai mercati o sul retro di furgoni!)e otteneva pochissimi passaggi radiofonici.
Nel 1966,lo ska cominciò a perdere il suo posto di "musica della Giamaica",per lasciare il posto al rocksteady,sebbene a causa del ritardo dei dischi nel raggiungere le spiagge britanniche,lo ska rimase popolare in Inghilterra fino all'anno seguente. Infatti,l'album "CLUB SKA '67" della Island restò 19 settimane nelle posizioni più basse della classifiche nazionali del 1967,mentre PRINCE BUSTER raggiunse il suo unico hit da top 20 con "Al Capone" (Blue Beat) e gli SKATALITES avanzarono nella top40 con "Guns of Navarone" (Island).In modo abbastanza curioso entrambi i singoli erano stati pubblicati 2 anni prima,ed erano stati presenti in modo massiccio presso i circoli Mod mesi prima di essere anche minimamente notati dalle classifiche nazionali.
La nascita del culto skinhead può probabilmente esser rintracciata al momento del decesso del culto Mod,sulla scia dell'attenzione dei media concentrata sugli scontri tra mods e rockers durante i bank holidays del 1964. C'erano dei Mods a Londra fin dal 1965 che potrebbero esser visti oggi come traditional skinheads e c'erano gangs di"hard Mods"sparse per le città della Gran Bretagna che sempre di più adottarono quella che più tardi verrà riconosciuta come moda skinhead. Dal 1968,il culto skinhead si sviluppò completamente (200 Millwall skinheads attaccarono la Grande Marcia di Solidarietà al Vietnam durante l'ottobre di quell'anno) e dal 1969 fu il culto d'adozione di ogni ragazzo working class con un minimo di senso d'appartenenza di strada. Ai nostri giorni,gli stretti legami tra Mods e skinheads sono spesso dimenticati,ma nel '69 erano tanto ovvi quanto un pugno in faccia! Il culto skinhead era perlopiù un culto giovanile,con quasi tutti gli skinheads sotto i 18 anni.E' facilmente intuibile che molti di loro avessero dei fratelli maggiori che erano stati Mods e non c'era (e c'è) nessuna miglior fonte d'abbigliamento e musica di un fratello maggiore. La camicia americana button down,come quella poi copiata dai tipi della Ben Sherman,le polo della Fred Perry,i jeans Levi's,le Harrington jackets e altri capi d'abbigliamento che si potevano (e si possono) trovare nel guardaroba di uno skinhead,erano tutti già stati indossati un paio di anni prima dai mods.
E sebbene lo ska non fosse più in voga ,c'era sempre il fratello maggiore che aveva tutti i suoi singoli affinchè tu li potessi chiedere,avere in prestito o rubare! Il soul fu anche un mod sound adottato dagli skinheads. Ma naturalmente fu il reggae che dal '69 dominò indiscusso,e proprio come i Mods ballarono lo ska,così gli skinheads cominciarono a battere i loro anfibi al tempo di reggae.
Difatti,la musica fu chiamata "Skinhead reggae" a causa della inseparabile congiunzione tra culto giovanile e musica,e ci furono una gran quantità di canzoni reggae dedicate al culto skinhead di quell'epoca.Ricordiamo l'album "Skinhead Moonstomp" dei Symarip (Treasure Isle) e "Skinhead Train" di AUREL AITKEN (Newbeat). Il culto skinhead scomparve agli inizi degli anni '70 ,per esser rimpiazzato da una sequenza di culti ad esso correlati,quali Suedeheads,Smoothies e Bootboys.
La musica era cambiata di nuovo,con il reggae che stava entrando nella sua fase "roots". Lo ska era tutto fuorchè dimenticato,finchè una "certa" band di Coventry,chiamata THE SPECIAL AKA,lo fuse con il punk , a creare il sound 2 TONE . "Gangsters" (un "remake"del pezzo "Al Capone" di Prince Buster,completato dal suono di freni cigolanti campionato dalla versione originale su Blue Beat) fu pubblicato nel '79,e per tutto l'anno successivo o giù di li,lo ska fu una delle forze dominanti nella musica britannica,in particolare fino a che i culti giovanili ne furono coinvolti.
Veramente pochi degli skinheads delle origini erano ancora "in attività",ma dal '77 il culto cominciò a vivere un fortunato revival,in particolare a Londra. Street punk bands come i COCK SPARRER, SHAM69,SKREWDRIVER e MENACE fornirono la scena di sfondo alla nuova generazione di skinhead.
Lo Skinhead reggae era spesso suonato tra le bands,perciò,fu del tutto normale che la nuova generazione di skinheads venisse attratta da bands come The Special A.K.A.. Difatti,il miglior posto dove poter sentire gli Special A.K.A. suonare dal vivo agli inizi della loro carriera,era come gruppo di supporto ad un concerto punk. Presto si cominciò a vedere skinheads ad ogni concerto legato al 2Tone,sia che fosse stato degli SPECIALS (nome con il quale gli Special A.K.A. si fecero conoscere),BEAT, UB 40, o SELECTER,gli skinheads erano presenti,anche se furono i MADNESS e i BAD MANNERS ad avere il più folto seguito di skinheads.

I concerti a quell'epoca potevano attrarre poche migliaia di corpi sudati e danzanti su base regolare,e un buon numero del pubblico poteva avere la testa rasata! Infatti,man mano che passavano i mesi,i concerti 2Tone divennero qualcosa di simile a un ghetto del culto giovanile skinhead,con poch "regolari" che li frequentavano a causa della paura di esplosioni di violenza (peraltro tutt'altro che rare). Prince Buster,Laurel Aitken e un certo numero di altri padri fondatori dello ska fecero una sorta di ritorno durante quell'era,ma nessuno destò molta impressione nelle classifiche o sulla gioventù della nazione. Infatti,la maggior parte dei giovani skinheads al tempo erano appena a conoscenza del fatto che i loro eroi 2Tone si rifacevano pesantemente alle covers e a versioni di classici ska della decade precedente. Infatti,guardando alle set lists di alcune bands,non è difficile indovinare da quale album dei 6Ts una grossa parte del loro materiale proveniva! E' da notare che,il primo scala classifiche della 2Tone fu il live EP dei Special A.K.A. che includeva 4 pure covers e una rielaborazione di "Birth Control" di Lloyd Terrell intitolata "Too much too young". Sull'EP,la band riconosceva il tributo al loro seguito skinhead includendo "Skinhead Moonstomp",ma non furono solamente gli skinheads ad essere attratti dal nuovo sound dello ska.Anche un Mod revival era in piena attività al tempo,e una volta di più,i Mods stavano facendo la scena ska dovunque. ma come gli skinheads,i Mods non si limitavano allo ska, per quanto riguarda il divertimento musicale.Entrambi i culti erano e sono una "parrocchia " dalle ampie vedute riguardo la musica.Ci fu però un culto totalmente dedicato allo ska,a quel tempo:il culto del RUDE BOY. L'original rude boy britannico era d'importazione giamaicana - i giovani indo-occidentali che si mescolavano ai primi Mods e poi agli skinheads negli anni '60 furono spesso chiamati "rude boys" (sebbene ci fossero sia Mods che skins di colore!),ma non fu mai visto veramente come un culto giovanile. Il rude boy del '79,tutto sommato,era una creatura differente. Per cominciare,si trattava di un culto giovanile prevalentemente bianco,sebbene nelle aree abitate da neri ed asiatici fosse composto sia da ragazzi bianchi che da ragazzi di colore. Per quanto riguarda lo stile,se avete in mente il logo della 2Tone soprannominato "Walter Jabsco",avrete la miglior immagine del modo di vestire tipico del rude boy del '79. Pork pie hats, occhiali scuri, completo nero,camicia bianca,cravatta stretta,calze bianche e Loafers. Un'altro look classico del '79 era quello composto da Harrington,polo Fred Perry,sta-press (raramente Levi's,quasi certamente imitazioni più a buon mercato) e mocassini. Questo look fu adottato da Mods,Skins e Rudies. E c'è di più,tutti e 3 i culti sfoggiavano capelli a spazzola,così che l'unico modo per attribuire correttamente un ragazzo al rispettivo culto,era di guardare i badges a spilla che portava.
Mi permetto ora una digressione:i badges oggi sono ancora molto importanti per riuscire a dare una connotazione "politica" agli skinheads.essendo l'abbigliamento abbastanza standard (seppur con qualche eccezione),è molto difficile riuscire a capire se il soggetto che vi sta davanti è uno Skin apolitico, SHARP oppure White Power o addirittura Bonehead! In alcuni parti gli skinheads si fanno riconoscere per il colore dei lacci degli anfibi (il colore giallo rappresenta "ostilità verso la Polizia,il bianco sta per WP ed il rosso per Nazi) e delle bretelle,ma è talmente diverso da zona a zona,che raramente oggi vi si fa caso. Il metodo più efficace per individuare i soggetti da evitare è quello delle spillette : gruppi come gli Skrewdriver,altre bands dichiaratamente NF o Nazi,sigle WP,o simili sono ottimi segnali! Tornando al '79,i Mods usavano ricoprire la parte anteriore dei loro Harringtons con spille Mod.I Rudies facevano lo stesso con spille ska.E gli Skins ne avevano una o due con scritte tipo "Skins rule ok","Sham army" o simili. Certamente si tratta di una cosa superficiale,ma a quell'epoca questi piccoli distintivi significavano veramente molto per i loro possessori.Con il decesso del periodo 2Tone dopo appena un anno di ribalta nei circuiti mainstream,lo ska abbandonava il palco dal retro. Da allora,il movimento oi! cominciò a diventare una distrazione sempre più importante per un vasto pubblico di Skins,mentre altri dedicarono le loro vite ad una carriera di violenza calcistica,creando così le basi per molte delle gangs occasionali degli anni '80. Altri ancora si allontanarono definitivamente dal culto Come sempre,tuttavia,ci furono dei noccioli duri di Skins,Mods e Rudies che rifiutarono di accettare che il declino del periodo 2Tone fosse la fine di tutto,ed essi continuarono a sostenere la musica ska ovunque vi fosse una occasione di ritrovo - gli SCOOTER RALLIES (i quali avevano ad avere una vita propria una volta che vi era stato il revival Mod,e se ne era andato) erano un buon posto come un'altro per ascoltare ska durante la prima metà degli anni '80. Nella seconda metà del decennio,gruppi come i POTATO 5 ,i DELTONES,e i TROJANS (guidati da John Mayall,figlio del più noto Taz) cominciarono a portare in giro i loro concerti e , prima di accorgersene,un altro ska revival era alle porte, anche se questa volta rimase per la maggior parte una cosa underground.
E' questo il periodo dei nostri Casino Royale, Spy Eye, Strange Fruit, Mobsters, Downtowners,etc.. Gli skinheads ancora una volta si fecero notare ad ogni concerto ska,e spesso essi formavano la maggioranza del pubblico. Eventi come gli Ska Festivals di Londra,erano affollati di skinheads provenienti da tutto il Regno Unito,Europa,Australia e Nord America. Fu probabilmente la prima volta che un mucchio di Skinheads britannici realizzarono quanto lontano il movimento Skinhead si era spinto.Fu anche la prima volta che essi si accorsero che ,mentre nel Regno Unito il culto era tenuto vivo da veterani di ere ska precedenti,in Europa e oltre il culto stava attraendo nuova linfa,giovane e vitale,e stava diventando di nuovo un movimento giovanile di una certa preminenza. In Germania in particolare,il culto skinhead era molto sviluppato e questo aiutò sicuramente a nutrire ed incoraggiare una delle scene ska europee più vivaci (ricordiamo ad esempio gli SKAOS). Di fatto,per molti versi,il collegamento fra Skinheads e ska non fu mai più solido. Gli Stati Uniti non mancarono certo all'appello,e quando la scena ska iniziò a svilupparsi,attirò sempre più Skinheads alla causa. Ricordiamo,tanto per fare qualche nome,un gruppo Skinhead non "dedito" allo ska,(tra l'altro ancora in attività) gli Agnostic Front, dove l'HardCore prese il posto negli USA del movimento oi! britannico,e un gruppo attuale,sicuramente da tenere d'occhio,gli Inspecter 7, rigorosamente ska e rigorosamente skinheads. Probabilmente saprete la storia meglio di me, ma se qualcuno avesse ancora qualche dubbio riguardo lo stretto legame tra Skinheads e Ska, vi invito a guardare al Boss "supremo" della MOONSKA RECORDS di New York City, Mr Buck o "Bucket" come è anche conosciuto,l'uomo che ha fatto più di chiunque altro per portare avanti la causa dello ska negli Stati Uniti. Per i più distratti, ricordo che Bucket è uno dei pochissimi membri originari della prima formazione dei TOASTERS, ed ancora suona con loro,come chitarrista.
Mr "Moonska" è stato uno Skinhead molto tempo fa,e come molti original Skinheads, vedrà se stesso per sempre come uno Skin,nel cuore. E come tutti sappiamo, nel cuore di uno skinhead c'è il ritmo battente della musica ska.

George Marshall per SpyTime

mercoledì, marzo 29, 2006

ANGELIC UPSTARTS shoots

Dopo avervi deliziato con gli sactti dei live di Cock Sparrer e Cockney Rejects, è la volta di dare spazio ad un'altra band un po' attempata ma sempre in grande forma... Ladies & Gentlemen ANGELIC UPSTARTS!






martedì, marzo 28, 2006

PROZAC + antidepressivi in salsa punk


Si sono formati sul duro fronte del palco. E, dopo tanta gavetta, sono riusciti a sfondare, grazie a due album di successo come "Acido acida" e "3 Prozac +". La loro è una musica che si esalta soprattutto nei concerti. I Prozac +, infatti, sono una band nata per suonare dal vivo. Lo dimostrano anche l'esperienza di supporter degli U2 nelle due date del "Pop Mart Tour '97" e la massacrante sequenza di oltre duecento concerti in due anni. Sono esibizioni piene di vigore, in cui Eva (voca), Gian Maria (chitarra) ed Elisabetta (basso) sanno martellare l'uditorio con i loro brani iper-veloci, duri e melodici insieme: un punk aggiornato in chiave pop e condito d'ironia.


Durante i loro concerti, i fan più scalmanati rinnovano rituali punk: sputano e tentano a ripetizione di invadere il palco, "pogano" e urlano qualche amichevole volgarità all'indirizzo della band. Ma Eva, l'esile cantante dalle variopinte parrucche, non perde il tempo neanche per un attimo: salta, balla e canta con invidiabile energia. Tutto rievoca apertamente l'era punk, con tanto di sirene dell'auto della polizia nello stile dei Clash di "Police on my back".


Nel 1997 l'album Acidoacida li ha proiettati nelle top ten italiane, in forza di un riuscito cocktail di punk e pop, con testi che descrivevano, in modo forse superficiale ma senz'altro efficace, il disagio giovanile. Un disco facile, ma non banale, trainato dalla deliziosa "Acida", in bilico tra ritmi martellanti e melodia. Il loro primo exploit era stato però "Pastiglie", un pezzo ironico sulla vita da "impasticcati", che era valso loro una certa notorietà nella scena underground italiana.
I loro testi hanno provocato malumori e qualche polemica sulla loro presunta "tossico-filia" (Prozac è la marca di un noto antidepressivo). In effetti, più di un sospetto di ruffiano "scandalismo" suscita un testo come quello di "Betty tossica": "Ha 15 anni ma ne mostra 30/ vive nei parchi assieme ai gatti/ tutti si innamorano di Betty tossica/ un'eroinomane, la più bella che c'è". Ma la band si è sempre difesa sostenendo che i loro testi "non fanno altro che mostrare un approccio laico e non moralista al disagio giovanile".
L'altra accusa, invece, è quella di convertire il punk a facili melodie. "In fondo - replica Gian Maria Accusani, chitarrista e autore dei testi - anche i pezzi del punk californiano a cui ci ispiriamo erano delle canzoni con melodie anni '60, ma suonate più dure". Non si può dare torto, in effetti, a questi discepoli dei Ramones, perché i loro brani riescono a graffiare anche solo con un paio di accordi azzeccati e un refrain accattivante.
Quella dei tre punk venuti da Pordenone, insomma, è una formula ibrida, che accontenta i nostalgici dei Sex Pistols strizzando l'occhio alle classifiche. Al punto che Acidoacida è riuscito a vendere oltre 160mila copie.


Ma il rischio che Accusani diceva di temere più di ogni altra cosa - "la ripetitività" - è emerso puntuale con 3 Prozac +, il loro secondo album, che sbatte in copertina rifiuti e desolazione. Un disco che si compiace nel presentare tutto ciò che è squallido (le immagini del cd mostrano nel dettaglio: merce avariata, gomme abbandonate, discariche abusive), ma che non riesce ad essere immediato e comunicativo come Acidoacida. Molti brani girano a vuoto e sembra di riascoltare pezzi precedenti, ritoccati con un arrangiamento diverso. Prosegue l'approfondimento del disagio, con pezzi come "Stonata" ("Mi sento bene/ solo se mi faccio male."), "Ordine e disordine" ("Mi uso e abuso di me/ mi spingo sempre oltre il limite/ Ma il limite non so più dov'è, il limite non esiste"). E i rimandi a una vita fuori dalle regole continuano, come in "Pds" (che non sta per Partito democratico della sinistra, ma per "persa-diversa-sconvolta"), in cui Eva canta: "Sono così come sono, così mi piaccio/ Sono così diversa, diversa fuori e dentro/ Sono così, non cambio, nata così per scherzo".
Troppo per non suscitare il sospetto che la band di Pordenone sia vittima di qualche prematuro segno di manierismo e di stanchezza. Intanto, "3 Prozac+" è stato anche tradotto in inglese per il mercato internazionale.

Il successivo album Miodio segna una nuova tappa nel progresso della band, con piccole evoluzioni nell'organizzazione delle melodie e degli arrangiamenti, ma sempre nel solco della collaudata formula di un pop-punk frizzante e un po' straniato. I testi confermano una ironia di fondo (a cominciare dal titolo, da leggere indifferentemente come "Mi odio" o "Mio Dio"), ma anche la consueta analisi del malessere esistenziale giovanile. I brani sono ancora una volta gradevoli, anche se un po' ripetitivi, intonati con approccio cantilenante dall'inconfondibile Eva e - in quattro casi su tredici, compreso il singolo "La storia di Piera" - dal più aspro Gian Maria Accusani. In generale, si ha l'impressione di un disco che tenta con fatica di intraprendere la strada di una maturazione indispensabile per il futuro della band.

sabato, marzo 25, 2006

CLUB DOGO : show per il nuovo album


Stasera al Bloom di Mezzago i Club Dogo, con vari guest al seguito si esibiranno live per la presentazione di "penna capitale", il loro nuovo lp.
Esponenti del cosiddetto hip-hop italiano "di nuova generazione", i milanesi Club Dogo sono la gang urbana che ha contribuito maggiormente a un radicale aggiornamento del genere su nuovi settaggi dopo i fasti della "vecchia scuola", non tagliando le radici ma capitalizzando e sviluppando ulteriormente gli insegnamenti di quest'ultima. Marcata attitudine "street", estremismo lirico dagli esiti crudemente ultrarealistici ma anche poeticamente visionari, spiazzanti storytelling al fulmicotone sono gli ingredienti di un flow che butta ad ogni rima benzina sul fuoco delle contraddizoni della metropoli, il tutto orchestrato dai funambolici beats di un produttore "a cinque stelle" come Don Joe, ormai celebrato anche oltreoceano. Dopo ottime prove in studio - tra i quali un album oggetto di "culto di strada" e un introvabile mixtape con la crew bolognese PMC - il nuovo lavoro "Penna capitale" si preannuncia un cult per tutti gli amanti del genere e non solo...

venerdì, marzo 24, 2006

MUSIC HOOLIGANS


Che i Cockney Rejects fossero accaniti Hools del West Ham non è cosa nuova, ma i ragazzi (ormai un po' attempati) dell' east end londinese non finiscono mai di stupire : in settimana, vista la qualificazione degli Hammers alla semifinale di FA cup, la band ha deciso di spostare il concerto di Stratford (che coincide con la data della partita) alla settimana successiva, perchè "un evento così importante -dicono sul sito- e la seria possibilità di andare a Cardiff a giocarsi la finale non possono essere presi sotto gamba. Noi saremo presenti ad Upton, cosa che ci obbliga a far slittare la data del concerto al 29 marzo"... come sempre un passo avanti!

martedì, marzo 21, 2006

DISCHI CHE HANNO FATTO LA STORIA

Torna la nostra rubrica dedicata ai dischi che hanno fatto la storia della musica. Oggi tocca ad un album che ha senza dubbio segnato tutti quelli della mia generazione. Dario di Ondarock ci parla di Nevermind.


TITOLO : Nevermind
AUTORE : Nirvana
ANNO : 1991
GENERE : Grunge
PROVENIENZA : Seattle USA

"Nevermind": non ci pensare. In effetti, quando si mette per la prima volta questo disco nello stereo, si ha la sensazione di non aver pensato nulla di buono nella propria vita. "Nevermind" è qualcosa di più di un disco. È rabbia, inquietudine, dolore, atroce dolore. Il tutto riassumibile nei primi secondi della prima traccia, "Smells Like Teen Spirit", forse il pezzo rock più conosciuto degli anni 90. Ma andiamo con ordine.

I Nirvana sono al loro secondo disco, dopo il promettente esordio di "Bleach" per l'etichetta indie Sub Pop. Sorretti dai già affermati colleghi Sonic Youth, entrano nell'orbita della Geffen, in piena era grunge. Dopo due anni da "Bleach", Kurt Cobain, Krist Novoselic e Dave Grohl (diventato nel frattempo batterista fisso della band) danno alle stampe "Nevermind". Un'ora di pezzi semplici tecnicamente, trasformati in capolavori del rock dalla voce tremolante, rauca e timorosa di Cobain. Non si può dire che i Nirvana siano degli ottimi musicisti, ma ciò rende ancora più difficile spiegare perché abbiano avuto tanto successo. Le sensazioni che questo disco offre all'ascoltatore che si immedesimi nella rabbia di Cobain sono impossibili da scrivere. Dicevamo, i quattro accordi di "Smells Like Teen Spirit". Quattro accordi, appunto, ma vomitati in uno sfogo turbolento che le rullate di Grohl sorreggono in modo perfetto. L'alternarsi della strofa, melodica, a un ritornello simbolo del calvario generazionale dei primi anni 90 ("With the lights out it's less dangerous/ Here we are now, entertain us/ I feel stupid and contagious/ Here we are now, entertain us/ A mulatto/ An albino/ A mosquito/ My Libido") costituisce uno dei punti più commoventi dell'album. Il testo è quasi non-sense, ma ormai non importa cosa dice Cobain, importa come lo dice. Infine, l'assolo, che ricama la linea melodica della voce, suonato davvero con cuore.

Se si rimane sconvolti dal ciclone "Smells Like Teen Spirit", dopo pochissimi istanti di tregua inizia un altro capolavoro: "In Bloom". Tremendo, fantastico. Le prime parole, mormorate su un giro di basso laconico e depresso, sono la rappresentazione migliore del disagio di Cobain ("Sell the kids for food/ weather changes moods/ Spring is here again/ reproductive glands"). E poi l'assolo acidissimo, e il ritornello, con quell'urlo che introduce una melodia semplice, memorizzabile e quasi epica.

Ma il dolore non è solo rabbia. A ricordarcelo è "Come As You Are", malinconica depressione con un giro di basso che è già leggenda. La mania di Cobain di accordare gli strumenti mezzo tono sotto la scala normale trova qui una valida spiegazione: sembra niente, ma il pezzo suona straniante come non mai. Si giunge così, tra un feedback e un altro, a "Breed": pezzo carico di adrenalina, la batteria di Grohl ricorda uno schiacciasassi! Saltare sul letto è quasi d'obbligo. Tra urla e schitarrate di ispirazione punk, "Breed" ci accompagna verso "Lithium", uno dei pezzi più di successo dell'album (che ha venduto 10 milioni di copie). "Lithium" è quasi un mix tra le melodie di "Come As You Are" e i ritornelli rabbiosi di "In Bloom", un pezzo che ha avuto (e ha) grande successo soprattutto tra i fan più giovani dei Nirvana, la cosiddetta "Generazione X", che con il tempo ha ridotto la figura di Cobain a feticcio e simbolo da esporre su bandiere e t-shirt, spesso ignorando il suo messaggio di disagio, espresso nella sua purezza in "Polly". "Polly" è un pezzo banalissimo, un semplice giro di accordi su chitarra acustica, ma qui si sente la forza decisiva della voce di Cobain. Il pezzo è quasi cantautorale, e si notano qui le influenze dei grandi crooner statunitensi nella formazione musicale di Kurt. I Nirvana renderanno omaggio al bluesman Leadbelly nel loro concerto "MTV Unplugged in New York" con una versione terrificante di "Where Did You Sleep Last Night?".

Se "Polly" rilassa l'ascoltatore, provato dal muro di suono dei pezzi precedenti, c'è poco tempo per riprendere le forze. La traccia sette inizia parodiando una canzone hippie degli anni 60 ("Get Together"), ma poi esplode in un tremendo urlo: quello di "Territorial Pissings". Il punk suonato dai Nirvana. Magnifica, una botta in testa di fronte alla quale è decisamente impossibile rimanere fermi a guardare lo stereo. Bisogna muoversi. La musica dei Nirvana ha qui la massima espressione di quella che Cobain definiva "musica fisica". Il susseguirsi di tracce come "Drain You" (quasi allegra, amata dal leader della band) e "Lounge Act" non fa che ripetere il concetto di un disco che trascende le note semplici di cui è composto e si candida da subito a essere un manifesto generazionale. "Drain You" contiene anche una parte più "sperimentale", sulla falsariga delle dissonanze dei Sonic Youth. "Lounge Act" si distingue invece per l'apporto di Novoselic, divenuto celebre per i giri di basso semplici e immediati.

Si arriva a "Stay Away". Altro grande pezzo, che si potrebbe definire "da pogo", se solo fosse mai stato suonato dal vivo. Qui Grohl dà il meglio di sé. Ci si avvicina alla fine, introdotta da "On A Plain". Alla fine di quest'ultima ci sono dei lamenti che preludono all'ultima traccia, immensa. Siamo arrivati. Due note, una chitarra acustica, nient'altro. "Something In The Way". Difficile descrivere questa canzone. Credo che il testo, che considero a suo modo una poesia, possa parlare da solo: "Underneath the bridge/ The tarp has sprung a leak/ And the animals I've trapped/ Have all become my pets/ And I'm living off of grass/ And the drippings from the ceiling/ But it's ok to eat fish/ Cause they haven't any feelings/ Something in the way" ("Al di sotto del ponte/ Il pesce ha mollato una pisciata/ E gli animali che ho catturato/ Sono diventati tutti miei animali domestici/ E non continuo a vivere d'erba/ E lo sgocciolio dal cielo/ Va bene mangiare pesce/ Perché loro non hanno sentimenti/ Qualcosa nella strada").

Questo è quanto. Cobain narra i giorni che ha passato sotto un ponte, cacciato di casa e in preda a uno sconforto inimmaginabile. Dopo 10 minuti di silenzio, la ghost-track. Una registrazione di chitarre dilaniate e annientate in studio, con distorsioni tremende. "Endless, Nameless" è il titolo appropriato di questa "composizione" (?!?). Quasi sette minuti di urla selvagge e dissonanze tremende. Rabbia allo stato puro.

Il disco è finito. Ma è difficile crederlo veramente, tante sono le emozioni che restano. Non credo affatto che "Nevermind" sia un disco "datato", come qualcuno lo definisce. E non credo neanche che i meriti dei Nirvana debbano essere sminuiti a causa della loro mercificazione e la riduzione della figura di Cobain a idolo generazionale. È difficile analizzare l'opera della band estraendola dal contesto mitizzante che il suicidio di Kurt Cobain ha contribuito a far creare dall'industria del disco. Ma ascoltare "Nevermind" senza avere nelle orecchie le chiacchiere di ciò che ruota oggi intorno ai Nirvana può far ancora scoprire sensazioni forti ad ascoltatori appassionati di "musica fisica".

DARIO

venerdì, marzo 17, 2006

LONDON HOLIDAY



Differentmusic saluta tutti i suoi fedelissimi e se ne va in vacanza in quel di Londra fino a lunedì. L'aggiornamento di oggi quindi non poteva che essere questa immagine, simbolo di ribellione e anti conformismo, che sul finire degli anni '70, proprio a Londra, è entrata di diritto nella storia della musica... e non solo!
Have e nice w.e.!

Ale

giovedì, marzo 16, 2006

WHITE ZOMBIE biography


Fabietto, virtuoso chitarrista dei tiratissimi "Maybe Looser" ci racconta la vita di uno dei gruppi che più hanno influenzato artisti del calibro di Mailyn Manson, ma che in Italia non hanno mai avuto particolare fortuna...

Formati nel 1985 dal chitarrista Tom Five e dal cantante Rob Straker (proveniente dal Massachussetts), gli White Zombie vennero alla ribalta della scena di New York grazie a un sound violento e rumoroso che si ispirava a MC5 e Blue Cheer. Rob "Zombie" era un personaggio caricaturale (un nichilista punk senza ritegno), ma la caricatura fini` per diventare un oggetto di culto e trasformare l'heavy metal.

Dopo i singoli God's On Voodoo Moon e Pig Heaven e l'EP Psycho-head Blowout (Caroline, 1986), ancora immaturi e orientati a un dadaismo psichedelico, usci` il primo album, Soul Crusher (Silent Explosion, 1987), caratterizzato da un sound ispido e barbaro alla Birthday Party, con Straker nei panni del primo Cave, ma anche dalla sensibilita` ossianica dei Black Sabbath. Il pandemonio brutale di Rat Mouth, la danza scomposta di Scum-Kill, la cacofonia continuata di Shack Of Hate hanno in comune il modo demente di suonare e cantare (per non parlare di Future Shock, per urla e colpi da asilo). Nonostante il darkrock magniloquente di Drowning The Colossus mettesse chiaramente in luce i loro debiti verso quella tradizione, i White Zombie sembravano piu` che altro discepoli del rock anti-estetico di New York, quello che passa per gli Honeymoon Killers e i Pussy Galore. Qualche campionamento faceva presagire sviluppi non ortodossi.

Il nuovo chitarrista John Ricci impresse la svolta decisiva, verso lo speedmetal degli Slayer, sul successivo Make Them Die Slowly (Caroline, 1989) di due anni dopo. I punk molesti del primo disco vennero spazzati via dalla galoppata alla Deep Purple di Demonspeed e dal pow-wow galattico di Disaster Blaster (forse il loro capolavoro), affogando gli ultimi palpiti ribelli nei fremiti d'acciaio di Acid Flesh e nella grandeur omicida di Godslayer.

La Sexorcisto (Geffen, 1992), composto nel 1990 ma pubblicato soltanto due anni dopo, il primo album del complesso ad essere prodotto e suonato in maniera professionale, si ispira all'ondata grunge di Seattle, che a sua volta i White Zombies avevano ispirato. Al nuovo chitarrista Jay Yuenger si deve gran parte della responsabilita` della svolta che ha portato il gruppo dalle sue origini di suono lento, oscuro e "grinding" a un grunge ballabile e melodico, ferme restando le prerogative "ossianiche" dovute ai testi di Straker (unico supertiste con la bassista Sean Yseult della formazione originaria). Il disco segna anche la maturazione nell'uso del campionamento, che diventa di fatto il quinto strumento della formazione (naturalmente tutti gli "spezzoni" sono tratti da film dell'orrore).
L'incedere "cingolato" di Welcome To Planet Motherfucker nasconde un riff di buon vecchio rock and roll sotto una patina di alta tecnologia e una serie di trucchi da film di vampiri. Un rombo da panzer ancor piu` terrificante mette in moto il cerimoniale inquietante di Soul Crusher e il ralenti' subsonico di Warp Asylum arriva al limite dei Melvins. Lo spiegamento di potenza heavymetal ha pochi eguali nella storia del genere. Meno sismico ma piu` trascinante e` l'attacco continuato di Black Sunshine. Accanto ai riff fanno bella figura anche alcune melodie da manuale, come il grido epico di I Am Legend, degno dei Pearl Jam. Fuori dal tracciato super-heavy avvengono le cose piu` sinistre, come la messa nera di Spiderbaby. Lo show personale di Yuenger inizia in Thunder Kiss '65 con un repertorio impressionante di assoli indemoniati, stilettate fulminee e galoppate mozzafiato, e continua per un'ora. L'altro protagonista del sound e` il basso, un gigantesco ripetitore di istinti bradi sotto forma di riff cupissimi a tutto volume. In questo zoo di "psicolizzati", "schiacciatori di anime", "ragni bebe'", "mostri cosmici" e aberrazioni assortite, in questo gran calderone di voodoo, demonismo, fanta-horror e naturalmente sesso, si celebra la quintessenza dell'immaginario malefico di quella generazione. Cio` che fa di La Sexorcisto un classico del grunge e` soprattutto la costruzione accuratissima e articolata dei brani.

Nel frattempo il complesso si era stabilito a Los Angeles. Nel 1992 il nuovo batterista Phil Buerstatte (dei Last Crack) ha sostituito Ivan de Prume, che era stato con loro dal 1986.

Astro-Creep: 2000 (Geffen, 1995) accorcia ulteriormente le distanze dall'industriale di Ministry e Nine Inch Nails, con un sound molto piu` denso, un atteggiamento meno clownesco e piu` hardcore, campionamenti meno banali e Johnny Tempesta (ex Exodus e Testament) alla batteria. Ormai abilissimi a manipolare tutti gli stereotipi del genere, i White Zombie rendono ancor piu` accessibile la loro musica iniettando ritmiche metronomiche nei riff pachidermici delle due parti di Electric Head, raffreddando con un piglio robotico il rock and roll di Super-Charger, sottolineando una ripetitivita` meccanica nel marasma di schitarrate e tribalismi di I Zombie, scimmiottando il techno nelle progressioni incalzanti di More Human Than Human (il loro massimo hit). Di davvero truculento non c'e` piu` nulla, e due dei numeri migliori hanno poco a che fare con il loro passato: una grottesca Real Solution #9, con il canto filtrato e quasi un tip tap, e El Phantasmo, che eccede in loop ed effetti fino alla parodia. Cosi` ripulito, il loro grand guignol non fa piu` paura neppure agli amanti della new age.

Supersexy Swingin' Sounds (Geffen, 1996) e` un album di remix.

Il gruppo si sciolse alla fine del 1998. La Rob Zombie Band pubblichera` i mediocri dischi solisti Hellbilly Deluxe (Interscope, 1998) e Sinister Urge (Interscope, 2001).

I White Zombie rappresentano una generazione di ragazzi cresciuti guardando alla televisione i serial dell'orrore ("Night Of The Living Dead", "Gilligan's Island"), passando ore al cinema a rivedere i film di George Romero, leggendo riviste come "Fangoria". Al tempo stesso rappresentano i ragazzi dei sobborghi, cresciuti in mezzo al rap, per i quali il campionamento e` uno strumento d'espressione del tutto naturale. E infine rappresentano i ragazzi delle metropoli, cresciuti ripetendo ogni sabato notte il cerimoniale del Rocky Horror Picture Show.

Le varie incarnazioni del gruppo hanno in comune la personalita` di Straker, fanatico dell'orrore, ma in realta` ogni disco e` opera soprattutto del chitarrista di turno, e questo spiega le apparenti metamorfosi dello stile. Straker ha garantito la continuita', grazie al suo omaggio continuato a quella sottocultura. Se i Cramps usano quegli stereotipi per gozzovigliare, Straker li idolatra e vi si immedesima, secondo una tradizione che era iniziata con i Blue Oyster Cult.

Fabio

....................................................................................................................................

mercoledì, marzo 15, 2006

RECENSIONE DELLA SETTIMANA


TITOLO: Skaleidoscope
ARTISTA : New York Ska Jazz EnsEmble
GENERE : Ska/Jazz
PROVENIENZA : USA
ANNO : 2005

Partiamo dall'inizio.
NYSJE è un progetto nato per scherzo che riuniva membri di Toasters, Skatalites e Scofflaws (insomma il paradiso dello ska) impegnati a coverizzare in chiave skankeggiante i classici del jazz di Thelonius Monk, Otis Redding, Ruth Brown, Charles Mingus e tanti altri...col passare del tempo però questo scherzo è diventato maledettamente serio, e oggi dopo 5 album esce il loro sesto, Skaleidoscope, questa volta orfani del prodigioso Gigi "T_Bone" De Gaspari (già con Africa Unite, bluebeaters...), che era stato ospite speciale del precedente "Minor Moods".

A differenza del precedente album gli Skatalites questa volta spingono più sull'acceleratore e sul loro lato ska che su quello jazz, dando un'impronta più allegra al loro sound, più ballabile; a questo proposito uno dei pezzi migliori è sicuramente Joelle con la sua ritmica saltellante e il suo finale in crescendo, più jazzy e strumentale ma ugualmente ballabile è My blue ska, mentre Obladì Obladà è ovviamente una cover dell'omonima hit dei Beatles, che qui diventa un rocksteady stupendo perfettamente incrociato col pop, con dei controcori veramente ad effetto.

Non aspettatevi quindi, cari fans della musica in levare, uno ska agitato come quello che va tanto di moda oggi nei rock clubs italiani al suono del quale giovani ragazzi crestuti si prendono a spallate cantando "Vorrei vedere le piramidi di Cheope/ ma sono miope/ ma sono miope", aspettatevi invece classe, maestria, parti strumentistiche perfette e una musica in generale da ascoltare oltre che da ballare.
D'altronde questi NYSJE sono l'esatto punto di incontro fra ska e jazz: hanno dello ska la freschezza e l'allegria, e soprattutto l'andamento ritmico in 4/4 tanto facile da assimilare e che manca nel jazz, soffocato com'è dai suoi isterismi ritmici tanto di difficile esecuzione quanto di difficile assimilazione.

Per quanto mi riguarda uno dei dischi dell'anno, da recuperare ora che l'estate sta finendo per sfruttare questi ultimi raggi di sole caldo al meglio

lunedì, marzo 13, 2006

La parola ai protagonisti...


Girando nella rete abbiamo scovato questa serie di impressioni sul Punkitalia 2005, il festival tenutosi a Berlino nel passato dicembre.
A parlare non sono giornalisti, pubblico o fan accaniti della musica punk, ma i diretti interessati: alcuni dei musicisti che si sono alternati sul palco della capitale tedesca...


Beppe @ Persiana Jones
: Premetto subito che siamo stati a Berlino per Punk Italia nel 2003, e solo allora abbiamo incontrato per la prima volta Mauro. Abbiamo parlato poco quel giorno, anche perchè arrivati a mezzogiorno con un bus partito da Verona, organizzato da Alberto il fratello, la prima cosa che abbiamo visto di Berlino è stato i "Due forni" dove abbiamo saggiato l'ospitalità di Mauro, la seconda è stata l'So36 dove abbiamo suonato, la terza l'East Side, l'albergo, e la quarta il bus che ci ha riportato in Italia. Mauro lo abbiamo conosciuto meglio in seguito, quando è arrivato con Alberto a qualche concerto in Italia, e soprattutto a Marzo di quest'anno, quando sapendo che eravamo in giro per l'Europa, ha organizzato una nostra data al Kato. Tre giorni che ci hanno segnato, perchè Berlino ha un fascino incredibile, è lì adesso il centro dell'Europa, e perchè Mauro è un grande, e ha un gruppo di persone, ragazzi e ragazze che ruotano attorno ai "Due forni", che sono incredibili, che ti danno forza e che quando li riincontri ti sembra di conoscerli da una vita. Berlino, tornarci dopo sei mesi e sembra di non essere mai andato via, tornarci per una occasione del genere e diventa tutto indimenticabile. Tutti quei gruppi che in Italia non riusciresti mai a vedere tutti insieme, tutti quei ragazzi che abitano a Berlino e ti ringraziano per essere presente lì, tutti quelli che sono partiti dall'Italia per viversi due giorni differenti, amici, conoscenti, promoter, giornalisti, tutti lì per un qualcosa che in Italia non riusciamo più ad avere. Lo spirito positivo di Mauro contagia tutti quanti, e i problemi che regolarmente ci possono essere durante un concerto, passano e vengono affrontati nel modo giusto; l'unica cosa importante diventa lo stare insieme e scherzare e divertirsi come è giusto che sia. Dieci righe per un'esperienza simile? impossibile...
Cic @ De Crew: qualsiasi descrizione del punkitalia è limitativa: un concerto?si, ok, forse per chi vi ha assistito, ma x chi ci ha suonato è stato molto di più...una sorta di gita delle scuole medie tra trentenni, dove anche il più sconosciuto si salutava con un abbraccio, tra garelli, smarmittate, muoviti a rollare e bestemmie gioiose... come solo gli italiani all estero sanno fare. Un totale di alcool e organizzazione stupefacente, stupefacenti e musica, dopoconcerti e mille chiacchere tra chiunque. E dio solo sa, o chi per esso, quanto il nostro stomaco ha gioito nel mangiare in "quel posto" dove nemmeno in Italia si mangia così bene! in un certo senso si può dire che siamo stati serviti e riveriti, anche viziati una dimostrazione di rispetto per tutti i gruppi da parte dell organizzazione e, mi auguro, un grosso rispetto e riconoscimento da parte dei gruppi per tutti gli organizzatori grazie infinite per questa possibilità, bella mauro (perchè la terra dei cachi è la terra dei cachi)
Banda Bassotti:
Dire quello che è il Punk Italia è impossibile a parole, bisogna viverlo. Per noi della Banda Bassotti è qualcosa di speciale perché quando arriviamo a Berlino troviamo la nostra seconda famiglia che ci accoglie a braccia aperte. Non è un semplice concerto è una vera e propria festa. I ragazzi dei "Due Forni" non sono dei fans sono la Banda Bassotti! L'aria che si respira in quell'occasione è veramente qualcosa di magico e se a volte magari ti chiedi chi te lo fa fare in quell'occasione riscopri il perché suonare e lottare e cosi importante ed è l'unica cosa che ci manda avanti. Condividere il palco con tutti amici per due giornate di musica poi è un'esperienza stupenda. L'adrenalina che abbiamo quando suoniamo su quel palco non la proviamo nemmeno quando giochiamo in casa a Roma davanti al nostro pubblico. Non vogliamo credere che è stata l'ultima edizione, non dobbiamo permettere che una cosa così bella e importante possa finire! Un abbraccio a tutte le band e a tutti i ragazzi, alla prossima!
Filippo @ Atarassia Grop: Il punkitalia non è un concerto, è il paese dei balocchi, dove compagni buongustai offrono ottima cucina in cambio di musica. Ditemi dove altro succede. Mauro - l'ideatore del festival - aveva il viso del gigante buono ed io quello del bambino che é appena entrato nel suo giardino; mi guardavo intorno ed era pieno di altri bambini come me: c'erano i Derozer di Vicenza, la Banda di Roma, i Persiana di Torino, e poi baschi, catalani, milanesi e veneziani. Ho suonato con ognuno di loro ed ognuno di loro ha suonato con me, perchè lì, nel paese dei balocchi, nessuno ha suonato per sè o per la propria band. Noi eravamo il punkitalia, tutti insieme. Adesso che dal giardino incantato siamo tornati alla nostra piccola Como piovosa, sento la mancanza del gigante e di ogni altro bambino. Grazie Mauro, adesso vado in camera mia, dove ho appeso il manifesto, a cancellare quel "per l'ultima volta". A presto due forni!
Unai @ Betagarri: Abbiamo patecipato a solo una edizione del Punk Italia, l'ultima, ma pensiamo che è sufficiente per capire quale è stato lo spirito di questo festival e da quello che abbiamo visto al concerto possiamo riassumerlo in poche parole: splendide persone che amano la musica col cuore. Quando questo avviene è stupendo e il risultato lo custodiamo gelosamente nel nostro cuore. Ognuno ha dato il 200% per farci stare bene e noi abbiamo dato il massimo per ringraziarli. Un abbraccio a tutti i ragazzi che hanno suonato e a tutti i ragazzi che abbiamo incontrato. Non vi dimenticheremo!
Tommaso @ Talco: Il Punkitalia per noi è stato un evento molto sentito, per due grossi motivi: uno, per riconoscenza e affetto nei confronti di Mauro, una persona che ha fatto veramente tanto per noi e che ci ha regalato ancora una volta una giornata di puro divertimento; e l'altro per non deludere le aspettative delle persone che avevano creduto in noi fino ad ora, permettendoci di suonare in questa due-giorni a Berlino assieme a gruppi per cui nutriamo stima infinita come Banda Bassotti, Punkreas, ecc. L'organizzazione è stata molto professionale, i pasti dei Due forni, sempre abbondanti, e noi speriamo di avere ricambiato la stima e la riconoscenza degli organizzatore nella nostra ora offertaci per suonare. Grazie di cuore
Cippa @ Punkreas:
Orio al Serio ore 10: Punkreas, Derozer, De Crew, Linea 77, Atarassia Group + Olly, tour manager, banchettisti, fonici, e amici vari tutti sullo stesso aereo!!!! Era dai tempi delle gite alle medie che non ci divertivamo così. Arrivati a Berlino capiamo subito che saranno due giorni molto intensi; Mauro come al solito non ci fa mancare niente e ci sentiamo subito a casa. Noi suoniamo la prima serata headliner, il pubblico è molto caldo, qualcuno conosce i nostri pezzi ma anche chi non ci conosce sembra divertirsi...ad un certo punto stage diving di Mauro portato in trionfo come la statua di S.Gennaro per tutto il locale, non credevamo ai nostri occhi. Dopo un'altra giornata di gran concerti after show con i Diamond Dogs, non ci poteva essere finale migliore!!! La mattina dopo, non so come, tutti riusciamo ad arrivare in aereoporto, stranamente in aereo non volava una mosca.E' stata un' esperienza fantastica da ripetere al più presto. Grazie ancora a Mauro e a tutti i suoi collaboratori

Stasera SOULFLY live al Rolling Stone


Stasera alle 21 i Soulfly dell' inimitabile MAX CAVALERA si esibiranno al Rolling Stone di Milano, per l'ultima violentissima data del loro tour italiano. Dopo una full immersion di radio e tv (oggi favolosa puntata di Database su Rock Tv) Max Cavalera torna a ruggire sul palco e lo farà come sempre con la sua inconfondibile rabbia. Il nostro Daniele seguirà il concerto e a breve potrete leggere la recensione su differentmusic... METAL FOREVER!
Beatrice

.......................................................

BANDA BASSOTTI : nuovo album già on line


Si intitola "vecchi cani bastardi" (nella foto la copertina) il nuovo album della Banda Bassotti.
Il disco, registrato con Kaki Arkarazo (Kortatu/ Negu Gorriak) nei Paesi Baschi, sarà disponibile in tutti i negozi a partire dalla metà di Aprile, ma è già possibile ordinarlo on-line sul sito della band o su quello della GFR.

A due anni di distanza da "Amore e Odio", che ha visto la Banda calcare i palchi di mezzo mondo, torna il combat rock/ska/punk della band romana che riprenderà
anche la sua attività live con concerti in tutta la penisola.

Per ogni tipo di info www.gridaloforte.it

Ale

giovedì, marzo 09, 2006

live report : HIM (Milano -Alcatraz 7/3/06)


Ho sempre apprezzato la musica degli Him, ma non sono mai stato un loro acceso sostenitore, poichè ero troppo dubbioso sulla reale validità di una band cupa e misteriosa che si rivelava a tratti troppo romantica. Il concerto dell'Alcatraz di martedì ha fugato ogni mio dubbio e ora non mi vergogno a dire che gli Him mi piacciono parecchio.
Arrivo all'Alcatraz intorno alle 21,15, un po' in ritardo a causa del lavoro, ma appena in tempo per sentire il finale di "Soul on fire", pezzo col quale la band finlandese ha aperto le danze.

Il locale è strapieno, circa 2500 persone si accalcano alle transenne. Tra di loro metallari vecchio stampo, giovani nu-metal e tante, tantissime ragazzine, un po' troppe per i miei gusti. I musicisti nordici sul palco se la cavano alle grande, ma gli urli da boy band a fine canzone sono davvero fastidiosi. La scenografia è notevole, gotica ma non eccessiva con lampadari, candelabri e atmosfere noir a far da cornice a Valle e i suoi. "Your sweet 666" è il secondo pezzo e l'atmosfera si accende.

Grazie alle conoscenze dentro l'Alcatraz (che mi hanno permesso di avere il biglietto gratis risparmiando ben 25 euro) mi godo tre quarti del concerto dal palchetto d'onore, dal quale ho una splendida visuale del palco e del pubblico.
Los show è intenso e a tratti molto romantico "Join me in death" "Beyond Redemption" "It's all tears" creano le giuste atmosfere di hevy metal e melodia, mentre le tre casse del batterista (una fittizia per il logo) picchiano alla grande e il tenebroso frontman lancia spesso a pubblico il suo microfono e ringrazia di cuore le fan che cantano ogni lirica a memoria.

La presenza scenica è forte, i rasta lunghissimi del chitarrista volano da tutte le parti e, tra una sigaretta e una birra, consumate dagli Him, facendo gentilmente accendere alla gente in prima fila, il tempo sembra fermarsi. Molti giovani stanno male e la security ha il suo bel da fare per portare via ragazzine svenenti per il troppo caldo.
"Right here my arms", "Funeral of heart" e una bellissima ""Poison girl" introducono il terzetto coinvolgente firmato "Sacrament" "pretending" e "Witch girl". La gente balla, canta, salta e segue tutto ciò che viene fatto dal palco. I suono macabri delle tastiere rendono la scena ancora migliore e sono poche le pause che la band si concede, in piena sintonia con il giusto spirito che ogni artista dovrebbe avere.

Il finale è notevole : "Solitary man" vede la grande partecipazione del pubblico, "Sweet pandemonium" e "Razonable kiss" chiudono uno show davvero d'altri tempi, tra birra, sudore e qualche lacrima di troppo da parte delle ragazzine e, all'usicta dell'Alcatraz, tra teschi, tatuaggi, cuori e un romanticismo un po' gothic ecco spuntare i genitroi delle bimbe...

Ale


mercoledì, marzo 08, 2006

RECENSIONE DELLA SETTIMANA


TITOLO : Legacy
AUTORE : Madball
GENERE : HC
PROVENIENZA : New York (Usa)
ANNO : 2005

Eccoci a parlare dei Madball, leggenda dell'hardcore newyorkese attiva sin dalla fine degli anni '80, con alle spalle non pochi album ed una buona schiera di seguaci e imitatori. Partiti come side-project degli Agnostic Front, con Freddy Cricien alla voce (fratello minore di Roger Miret, quest'ultimo frontman appunto degli Agnostic Front), sono attualmente uno dei più fieri promotori del genere. Nonostante la pausa fra il 2001 e il 2003, avevano già fatto un salutino nel 2004 con l'EP "NYHC", e rieccoli ora con "Legacy", un concentrato di poco più di mezz'ora di suoni pesanti e graffianti, suddiviso in 16 tracce.
Lo stesso Cricien dice a proposito del disco: "musicalmente è la stessa formula, ma più che altro ne è una versione sviluppata; per quanto riguarda i testi, stiamo toccando nuovi soggetti ma stiamo sempre dando alla gente temi di vita reale che si aspettano di ascoltare. Per la produzione, è l'album più pesante di sempre!". "Legacy" è esattamente così.
Dopo aver girato fra major e case discografiche indipendenti, quest'ultimo lavoro è licenziato da Ferret Music, e prodotto da Zeuss (Hatebreed, Shadows Fall, Throwdown). Cosa aspettarsi da un disco come questo? Beh, quello che in fin dei conti ci si trova. Niente più, niente meno. Basso consistente che si fa sentire, batteria massiccia e cupa, chitarra grezza, voce sporca con frasi spesso ripetute al fine di evidenziarle. I Madball proseguono per la loro strada, mantenendo la stessa traiettoria, la stessa che li ha nutriti fino ad ora. Solite carte in regola per far parte a pieno titolo della scena hardcore che frutta tanto nei dintorni di New York, e si potrebbero citare gli storici Agnostic Front e Sick Of It All, o ancora i più recenti Terror e Hatebreed, come esempi.
Sin dal primo pezzo, "Adapt And Overcome", i Madball partono sparati e senza compromessi, alternando ritmi stoppati, passi apertamente combattivi e brevi cori, come da tradizione. Poi si passa a "Heaven-hell", con il suo imprevedibile finto-finale, uno fra i pezzi migliori, dotato di un ottimo groove. Un buon brano è anche "Until Then", pieno di quei breakdown che fanno impazzire, o ancora "Damned", "The Crown" e la conclusiva "Worldwide", con i loro gli accenni punk rock. Fra le più aggressive s’inseriscono sicuramente "Behind These Walls" e "Darkest Days", mentre sintetico, chiaro e fiero è il messaggio di "Hardcore Pride", così come quello di "H.C. United", con un titolo che da solo parla chiaro e tondo. Curioso anche il testo in spagnolo di "100%".
L'hardcore newyorkese non è mai stato e mai sarà un genere variegato, facilmente accessibile o propenso a chissà quale tipo di innovazioni e, per essere, questi quattro portavoce sono addirittura piuttosto sfumati nel ristretto confine che il genere ha. Dal canto loro, se riescono a trasmettere carica e potenza e messaggi con pretesti interessanti, il lavoro è compiuto.

Beatrice

lunedì, marzo 06, 2006

FLAME FEST 2006 : LE PRIME CONFERME!!


Dopo il grande successo della passata edizione, ritorna il FLAME FEST, evento interamente dedicato al panorama Metalcore.
FLAME FEST 2006 : LE PRIME CONFERME!!
Il Flame Fest 2006, che costituira' la festa di chiusura della decima edizione del GOM, avra' luogo Lunedì 5 Giugno 2006 all'interno del Palanordino (area Parco Nord) di Bologna.
Headliners della serata saranno i grandiosi "kings of metalcore" HATEBREED, in grande ritorno nel nostro paese dopo due anni di assenza. Anche i DEVIL DRIVER dell'ex Coal Chamber Dez Fafara hanno confermato la loro graditissima presenza all'interno del FF06.
Altri grandi nomi sono in via di conferma per un'intera giornata all'insegna del mosh!!
E' una produzione Live in collaborazione con Hard-Cash Management.
infoline/prontazione biglietti: 320.96.78.746
prevendite: www.ticketone.it

venerdì, marzo 03, 2006

www.punkadeka.it COLLABORATION !



Differentmusic da questa settimana collabora con www.punkadeka.it, uno dei portali di musica punk e alternative più visitati del nostro paese. Potete già trovare online sul sito, alcune recensioni firmate da me e da altri nostri collaboratori, come quella del promo 2006 degli Etra.

Le nostre firme si occuperanno principalmente di musica Ska e di eventi Live, ma i nostri aggiornamenti su questo blog rimarranno comunque costanti.

STAY REBEL!

Ale

mercoledì, marzo 01, 2006

GODS OF METAL 2006 : ecco il tabellone!


L'attesa è stata lunga, ma crediamo che ne sia valsa la pena perchè per l'edizione del decennale Gods Of Metal raddoppia. La prima novità infatti riguarda la durata del festival che sarà di quattro giorni, e non più due. Si svolgerà il prossimo 1, 2, 3, 4 Giugno. Ricordiamo che il 2 Giugno è la Festa della Repubblica, per cui si tratta di un ponte veramente lungo che parte giovedi 1 giugno.

La seconda novità sarà la location: si torna a Milano. La cornice sarà quella dell'Idroscalo.

E veniamo agli headliners:

La notizia più attesa, quella che da ormai da tredici anni tutti aspettiamo, riguarda il ritorno in grande stile dei GUNS N' ROSES che chiuderanno il festival domenica 4 Giugno. Axl Rose si è finalmente deciso: il nuovo attesissimo "Chinese Democracy" sarà nei negozi a maggio, e la band intraprenderà un lungo tour mondiale che avrà la sua unica tappa italiana al Gods Of Metal 2006. L'album sarà preceduto da un "greatest hits" in uscita a Marzo. GUNS N' ROSES saranno headliners in tutti i maggiori festival europei, compreso il Download in Inghilterra, Nova Rock in Austria, il Rock in Rio di Lisbona ed il fatto che abbiano deciso di esibirsi al Gods per il loro ritorno sulle scene ci rende orgogliosi

Ma un'altra grande band si esibirà domenica 4 Giugno, si tratta dei KORN, anche loro in unica data italiana al Gods Of Metal. Jonhatan Davies e soci calcheranno le assi del Gods subito prima dei Gunners. E non è finita qui. Prima dei Korn, arriveranno i DEFTONES, il cui nuovo attesissimo album sarà in uscita a breve! E poi un'altra grande sorpresa: la reunion degli ALICE IN CHAINS, mitica band del Seattle sound capitanata dal chitarrista songwriter Jerry Cantrell. Saranno della partita anche il bassista Mike Inez e il batterista Sean Kinney, mentre per quanto riguarda il cantante che sostituirà il compianto Layne Stanley è ancora tutto top secret. Ma la band ci assicura che si tratta di un "very special singer". Inoltre STONE SOUR, la creatura di Corey e Jim degli Slipknot e BLOODSIMPLE, nuova band metal core newyorkese nata dalle ceneri dei Vision Of Disorder. Altre bands per questa giornata saranno confermate a breve.

E cosa succederà prima? Iniziamo con sabato 3 Giugno, giornata dedicata ai mostri sacri dell'hard rock e del metal, a coloro che hanno fatto la storia di questo genere. Avremo un co-headliner per questa serata, infatti DEF LEPPARD, capitanati dal singer Joe Elliott ed in uscita con il nuovo album in primavera, e WHITESNAKE di Re David Coverdale (a proposito, splendido il recente dvd dal vivo) saranno gli ultimi due gruppi ad esibirsi. Suoneranno lo stesso tempo, ma ancora non è stato deciso chi dei due chiuderà. Nella stessa giornata potremo ammirare il ritorno Lemmy e i suoi MOTORHEAD. Sempre in questa giornata si esibiranno STRATOVARIUS, rinvigoriti da un Timo Tolkii in piena forma, GAMMA RAY reduci dal sold out milanese dello scorso ottobre, ANGRA che nonostante non siano in tour arrivano apposta dal Brasile per il decennale del Gods, SONATA ARCTICA band rivelazione dello scorso anno. Il tutto per una sana iniezione di power metal europeo. In apertura le svedesine CRUCIFIED BARBARA. Altre conferme sono attese a breve.

E veniamo alla giornata di apertura del festival, giovedi 1 giugno, giornata dedicata alle tendenze più estreme e che segna il grande ritorno dei VENOM, guidati dal malefico Cronos ed in uscita con il nuovo album "Metal Black". Nella stessa sera si esibiranno anche i norvegesi DIMMU BORGIR, ormai leader indiscussi della scena scandinava. Si tratterà quindi di un co-headliner, ma a chiudere lo show saranno i VENOM. Oltre a loro anche il gran capo Chuck Billy con i TESTAMENT, i grandi OPETH che tornano in Italia dopo i due meravigliosi shows dello scorso dicembre, SATYRICON, anch'essi con il nuovo album in uscita e NEVERMORE, la band di Seattle guidata da Warrell Dane. Oltre a ciò, altre importanti conferme sono attese a breve. E inoltre, attesissimo, il ritorno di Phil Anselmo, per la prima volta in Italia con i suoi DOWN, nelle cui fila figurano anche Rex Brown, Pepper Keenan, Jimmy Bower e Kirk Windstein. Ovverosia un letale di mix di Pantera, Corrosion of Conformity, EyeHateGod e Crowbar. Oltre a ciò, altre importanti conferme sono attese a breve.

Ma potevamo tralasciare il metallo italiano? Certo che no e la giornata di venerdi 2 Giugno sarà interamente dedicata agli Italian Gods Of Metal. Ed anche qui una chicca. Si riunirà infatti per l'occasione la leggendaria STRANA OFFICINA, capitanata dal mitico Bud Ancillotti alla voce, insieme a Dario e Rolando Cappanera (chitarra e batteria) e Enzo Mascolo al basso. Un'altra icona del metal italiano farà parte del bill, ovverosia Pino Scotto ed i suoi FIRE TRAILS, che rappresentano la continuazione di quello che furono i Vanadium negli anni 80. Inoltre ci saranno EXTREMA, NECRODEATH, VISION DIVINE, NOVEMBRE, INFERNAL POETRY, STORMLORD, DOMINE, WHITE SKULL, MELLOW TOY. Per coloro che non saranno in possesso dell'abbonamento ai quattro giorni, l'ingresso a questa giornata sarà di soli 10 euro

Si tratterà di 41 bands in totale (10 al giorno e 11 il giorno 2 giugno), quindi restate sintonizzati. Comunichiamo intanto la divisione degli artisti nei vari giorni indicando con "tba" le bands ancora da confermare