mercoledì, maggio 31, 2006

QUATTROASSI on stage

Torna dal vivo il sound dei QUATTROASSI. Dopo dj set di venerdì scorso a Bergamo, i dj milanesi si presentano con un doppio appuntamento a Milano.

Domani sera al Barrio's in Barona, live dj set a ritmo di Ska, Reggae, Rocksteady per festeggiare due compleanni speciali di due fans e grandi amici. La serata si protrarrà fino all'ora di chiusura del locale e la festa sarà aperta a tutti.


Venerdì 2 invece ci si sposta più in periferia: i QUATTROASSI parteciperanno alla prima serata del grosso festival degli spazi periferici, che vedrà la presenza di noti nomi dell' hip hop italiano e di molti writer che dipingeranno per tre giorni interi. Non mancheranno inoltre spazi per la break e per l'arte di strada.


QUATTROASSI MILANO MASSIVE Stay tuned !
http://quattroassi.altervista.org//
http://www.spaziperiferici.com//

martedì, maggio 30, 2006

Bye bye Desmond


Dopo un po' di giorni di assenza a causa di impegni lavorativi (inizio tour di Simone, Service per Carlo Fava e registrazioni varie) tornano gli aggiornamenti di DIFFERENT MUSIC.
Naturalmente non potevamo non dedicare il nostro ritorno alla memoria del mitico Desmond Dekker, scomparso pochi giorni fa. Dopo Laurel Aitken, se ne va l'altro padrino dello ska... Good luck Desmond!
Qui di seguito la notizia diffusa dalla sampa:

Londra, 26 Maggio 2006 : Il musicista giamaicano di 'reggae', Desmond Dekker (64 anni), e' morto per un attacco cardiaco nella sua casa nel Surrey, in Inghilterra. Dekker, che nel 1969 aveva raggiunto la fama con la canzone 'Israelites', e' stato colpito da un infarto. "Desmond e' stata la prima leggenda del reggae", ha commentato il suo manager, "quando usci' 'Israelites' nessuno aveva mai udito Bob Marley ed egli spiano' la strada a tutti loro". Dekker, divorziato e padre di due figli, aveva cantato per l'ultima volta all'universita' di Leeds (Inghilterra settentrionale), lo scorso 11 maggio; e avrebbe dovuto esibirsi al Festival Respect, a Praga, il prossimo 2 giugno, prima di una serie di recital in Svizzera, Polonia, Belgio e Londra.

mercoledì, maggio 24, 2006

RECENSIONE DELLA SETTIMANA


La recensione di oggi è dedicata a uno dei migliori gruppi della scena musicale italiana... ladies & gentlemen ... THE BLUE BEATERS!

TITOLO : Long Playing
AUTORE : The Bluebeaters
GENERE : Rocksteady
ANNO : 2005
PROVENIENZA : Milano - Torino (ITA)

Lo fischietti, lo canticchi, lo intoni anche se non ricordi le parole. Che sia un successo che ricordi o meno. Perchè è facile, bello, e soprattutto, molto, molto cover. E' il segreto dei Bluebeaters, alias Giuliano Palma, Patrick Benifei, Ferdinando Masi dei Casino Royale; Bunna, Paolo Parpaglione, Cato Senatore e Gigi De Gaspari degli Africa Unite. Un gruppo che non esiste, ma che si riunisce. Solo per suonare il beat, la quint'essenza della musica anni 60, quel miscuglio di raggae, ska, rocksteady e caraibi che i Bluebeaters oggi fanno dannatamente bene. La caratura dei musicisti che suonano nei Bluebeaters è già sufficiente per capire quanto questo gruppo sia valido, ma ciò che contraddistingue il gruppo di Giuliano Palma non è la bravura. Sono le cover. I bluebeaters pur essendo un gruppo ricco di fantasia e di personalità, non si impegna nella creazione di testi e canzoni. Fa quel lavoro che in tanti millantano di fare: interpretano le canzoni della nostra storia musicale, secondo il loro stile beat e ritmato.
In Long Playing hanno interpretato canzoni mitiche di artisti mitici: Paul Anka, i Queen, i Kiss, The Pretenders, Dennis Brown. Tutti rifatti con fiati, basso, organetto e batteria, fusi per creare un ritmo in grado di scivolare per tutto l'album senza scadere mai, o far annoiare chi ascolta Long Playng. In più Giuliano Palma ha scelto alcuni brani da coverizzare non fra i grandi successi musicali, ma fra i grandi theme della storia della TV. Le prime due che saltato agli occhi sono la sigla di The Persuaders e quella delle Charlie's Angels (con il classico "hi Charlie" all'inizio della canzone). Infine la collaborazione con Gino Paoli continua. L'ultimo brano del CD è il trasmessissimo Messico e Nuvole, una cover, ovviamente beat, sul successone del decano italiano della musica.
Il bello dei Bluebeaters è proprio qui, nelle cover di canzoni che ormai molti ragazzi hanno perso, e che forse, con una reinterpretazione veramente ben fatta da parte di altri gruppi, alcuni possono riscoprire. Come è successo a me.
Ultima cosa: il mio brano preferito è Back on the Chain Gang dei Pretenders. Praticamente migliore dell'originale. Me ne torno a fischiettarlo.

Mario Robusti

martedì, maggio 23, 2006

BELLA MOSSA DELLA SONY !

Le campagne contro il caro CD portate avanti da varie associazioni sono andate spesso a finire nel cestino ‘governativo', l'Authority ha comminato multe alle major a causa del ‘cartello dei prezzi', da lì la diversificazione degli importi che rimangono comunque sempre troppo alti.

L'IVA al 4% è un miraggio, come gli sgravi fiscali agli emergenti, tutte proposte alle quali il nuovo Presidente del Consiglio ha promesso un occhio di riguardo, ma intanto le cose non cambiano.

Allora sono direttamente le major a prendere in mano il mercato e abbassare i prezzi ‘dalla fonte'; la Sony, dopo essersi autotassata del 16% di IVA, rinnova la promozione I Wanna Rock immettendo sul mercato 400 CD a 10.50 Euro, il giusto prezzo un nuovo album.

Ovviamente viene da pensare ‘perché soltanto adesso?', ma l'importante è che il prezzo di alcuni CD obbligatori per gli amanti della musica è sceso del 50%.

La promozione dura fino al 31 Agosto, quindi sbrigatevi con la lista della spesa; di seguito alcuni titoli fondamentali:

  • AC/DC
    Back in Black

  • JEFF BUCKLEY
    Grace

  • ALICE IN CHAINS
    Dirt

  • BANCO DEL MUTUO SOCCORSO
    Darwin!

  • THE BYRDS
    Mr.Tambourine Man

  • THE CLASH
    London Calling

  • DEATH IN VEGAS
    Scorpio Rising

  • BOB DYLAN
    The Times They Are A-Changin'
    Blood On The Tracks
    Highway '61 Revisited

  • INCUBUS
    S.C.I.E.N.C.E.

  • JANIS JOPLIN
    Cheap thrills
    Kozmic blues

  • LIVING COLOUR
    Vivid

  • OASIS
    Morning Glory

  • PEARL JAM
    Ten
    Vs

  • ELVIS PRESLEY
    From Elvis In Memphis

  • PRIMAL SCREAM
    Screamadelica

  • RAGE AGAINST THE MACHINE
    Rage Against The Machine

  • LOU REED
    Transformer
    Berlin

  • SANTANA
    Abraxas

  • PATTI SMITH
    Horses
    Radio Ethiopia

  • SPIRITUALIZED
    Ladies & Gentlemen We Are Floating In Space

  • BRUCE SPRINGSTEEN
    The Wild,The Innocent & The E-Street Shuffle

  • STEVIE RAY VAUGHAN
    Texas Flood


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live report : YELLOW CARD (Milano @ Rolling Stone)

Per i live report, ecco il racconto di un' inviata di DEKA al concerto della punk band melodica che in questo periodo sta facendo molto parlare di se...

Milano, Rolling Stone ore 20.00. Per il momento il locale non si presenta molto affollato, prevalgono per la maggiore visi puliti e giovanissimi…d'altronde, è risaputo, sono sempre i fans più in erba a sostenere con affiatamento le proprie bands preferite.

Inoltre è lo stesso genere musicale ad attirare un così alto numero di adolescenti, giustifico così la scarsità di presenze e, nonostante tutto è ancora presto per tirare conclusioni.

Ore 20.45. A scaldare la serata ci pensano i Bradford, il quartetto lombardo che con la loro comparsa scatenano un moderato pogo sulle note di un punk-rock melodico e scanzonato, con coretti allegri e molto orecchiabili. Intrattengono per una buona mezz’ora il pubblico, che nel frattempo è aumentato, e anche parecchio!
Ore 21.30 il Rolling Stone è pieno. Appaiono i tanto attesi Yellowcard, attaccando subito con la titletrack ‘Lights and Sounds’ e questa volta il pogo è consistente, il pubblico elettrico, tutti cantano a gran voce e gli stagediving non tardano ad apparire qua e là tra la folla.
Scorrono così i pezzi più punkeggianti come ‘Way Away’, ‘Avondale’ fino ad arrivare a ‘Only One’, pezzo durante il quale, purtroppo il frontman del quintetto di Jacksonville ha qualche scaramuccia con un microfono che funziona ad intermittenza e si trova costretto ad ulizzare quello del violinista (nonché seconda voce) Sean Mackin…
Comunque il piccolo incidente si risolve in fretta, tra i sorrisi divertiti di un pubblico comprensivo e ancora carico di adrenalina.
Molto apprezzata dalla sottoscritta la cover degli Weezer ‘Say it ain’t so’, riproposta in modo impeccabile, grazie alle spiccate doti canore del cantante e alla perfetta tecnica di tutti i membri della band che, live, rende parecchio bene senza deludere chi li ha apprezzati dapprima solo su cd.

Anche il batterista Longinaeu Parsons III ha il suo momento di gloria sfoggiando un assolo di batteria durato diversi minuti all’interno del brano ‘Breething’ in cui è lui il vero protagonista sul palco.
Ma, soprattutto, la punta di diamante degli Yellowcard è senza dubbio alcuno Sean Mckin, che maneggia per tutto il concerto il suo violino con grazia e grinta allo stesso tempo, estrapolando suoni puliti e decisi che si sposano perfettamente con l’energia della batteria e della chitarra elettrica.

Ciliegina sulla torta.. come pezzo finale del concerto ci riservano ‘Ocean Avenue’, la perla che li ha resi definitivamente famosi. Così tra applausi e sguardi compiaciuti la serata scivola via allegra e leggera, lasciando tra i presenti piena soddisfazione sommata alla certezza che i giovanissimi Yellowcard di talento ne hanno da vendere.


venerdì, maggio 19, 2006

JAMES HETFIELD fa il bravo...

Ormai il mito dei Metallica, sovrani incontrastati del metal e della vita sregolata, è solo un lontano ricordo.

Leggete un po' in questo articolo di ROCKSTAR, cosa si è inventato il loro leader JAMES HETFIELD, simbolo da sempre della vita rock n' roll e trasformatosi ormai in un bravo bambino responsabile...


Siamo cresciuti a forza di leggende sul mondo del r'n'r, molte di esse erano frutto di passaparola, altre volte si trattava di fatti realmente accaduti; adesso però anche la ‘triade' del sex, drug & r'n'r attraversa un brutto periodo, causato dall'età dei primi attori, dalle situazioni sempre meno naturali e da un mondo musicale sempre più proiettato nel profitto e meno nell'arte.

James Hetfield ha vissuto per anni in compagnia di alcol e droga ma il momento più brutto è stato quando ha dovuto scegliere: o loro o la fine.

Lo scorso 12 Maggio il cantante ha partecipato a una raccolta fondi per Music Cares, l'ente voluto dalla Academy nel 1989 affinché protegga e aiuti i musicisti che si trovano in difficoltà: “Il modello sesso, droga e r'n'n è un mito orribile”, poi superato un momento di commozione James riprende “Avere questa cosa inclusa nella musica, che rimane la miglior droga in tutto il mondo, mi ha risvegliato.
E ringrazio Dio per avermi fatto capire il valore di questo dono.
Essere sobrio non è da femminucce; morire è semplice, vivere è difficile”.

Il momento buio di James (oltre ad alcune sedute dallo psicologo) è stato impresso nella pellicola “Some Kind of Monster”, un documentario girato durante la realizzazione di “St. Anger” e disponibile in DVD: “Credo che questo film abbia aiutato qualcuno a togliere il velo nero; ha levato l'alone mistico e misterioso he regna nel mito del sesso, droga e r'n'r”.

All'incontro di Music Cares hanno partecipato anche Ozzy e Sharon Osbourne, Anthony Kiedis dei RHCP e Lemmy dei Motorhead che a 60 ha deciso di darsi una regolata.

mercoledì, maggio 17, 2006

PUNKREAS : album live e nuovo tour !


Con il suo potente mix di ska, punk, impegno e irriverenza, quest’estate torna sui palchi di tutta Italia la più amata punk band italiana, la storica formazione dei Punkreas infatti, incontrerà i fans vecchi e nuovi durante il tour di promozione dell’ultimo disco “Punkreas Live”, registrato durante le date invernali che li hanno portati su e giù per la penisola.

Con il suo ultimo lavoro, la band milanese ha voluto immortalare su cd l’energia e l’entusiasmo che li contraddistingue in versione live, regalando ai fans una panoramica della loro attività che continua con successo da oltre quindici anni.

Nel cd i Punkreas spaziano dagli amatissimi inni come Aca Toro, Tutti in Pista e Canapa, alla canzone WTO comparsa nella compilation-benefit “Ge2001” (uscita per Il Manifesto Dischi e a cui hanno partecipato tra gli altri anche Subsonica, Elio e le Storie Tese, Assalti Frontali, Meg, Club Dogo e Meganoidi), passando per Canapa e Satanasso. Cavallo di battaglia del live dei Punkreas è La canzone del Bosco, singolo di cui andrà in onda anche il video sulle tv musicali italiane. E’ il Cippa stesso poi, a firmare l’artwork di Punkreas Live, prodotto da AtomoDischi, distribuito da Discopiù e Universal in tutti i negozi a partire dal 26 maggio a 15 euro.

Con il tour in arrivo e l’imminente uscita di “Punkreas Live”, i Nostri si presentano al pubblico come la più celebre punk-band Italiana, in pista dal 1989. E’ il 1990 e i Punkreas cominciano a farsi conoscere con la loro prima demo autoprodotta, “Isterico”, 6 mila copie tirate solo grazie a canali "underground", a cui seguiranno "United rumors of Punkreas" (1992) e "Paranoia e potere" album che dal 1995 ha venduto 45 mila copie e continua ad essere richiesto. Questi due primi album sono diventati negli anni vere e proprie pietre miliari della musica indipendente italiana, facendo dei Punkreas un riferimento per la scena punk nostrana e anticipando di anni il successo delle contaminazioni ska nel punk.

"Elettrodomestico" uscito nel 1997, e il successo di "Pelle" del 2000, insieme a nuove date sui palchi di tutta Italia, hanno confermato l’attaccamento dei fans a questa band: nel 2001 un lungo tour di oltre 100 date registra il "sold out" ovunque. Il 2002 è l’anno di “Falso” (Discopiù/Universal) e di un cambio nella line-up: sarà Gagno a sostituire Mastino, il batterista fondatore della band, che abbandona i Punkreas. Con Gagno la consolidata formula punk della band si arricchisce di venature crossover o addirittura funk. Le liriche taglienti dei Punkreas indagano e criticano la società globalizzata contemporanea, dal WTO, al Vaticano, alla questione antiproibizionista. Ne è un esempio il singolo Canapa, seppur dopo un'iniziale censura, impazza in stazioni radio e il video gira su MTV, allargando ulteriormente la cerchia dei fans della band. “Quello che sei” (V2/Atomo Dischi) è il titolo dell’ultimo album in studio dei Punkreas, uscito con 11 tracce, anche se in realtà ne era prevista anche una dodicesima, What a wonderful world, rilettura ironica della famosa canzone interpretata anche da Louis Armstrong. La riscrittura dei Nostri però, non è affatto piaciuta alla casa americana che detiene i diritti del brano e che è in odore di simpatie pro-Bush.

La lunga serie di date per il tour promozionale di “Quello che sei” hanno tenuto i Punkreas impegnati fino alla fine di quest’inverno, poi una breve pausa per ultimare il cd “Punkreas Live”, giusto il tempo di prendere la rincorsa,

…e via di nuovo on stage per l’estate 2006!

Ecco le date del tour estivo 2006 dei Punkreas

18-05-06 Gallipoli – Area Portuale

03-06-06 Villa d’Adda (BG) – Festa della Birra

09-06-06 Cerreto d’Esi (AN) – Campo Sportivo

14-06-06 Mira (VE) – Tam Tam

15-06-06 Torino – Chico Bum Festival

22-06-06 Milano – Bloomluè

24-06-06 Bergamo – Lazzaretto

30-06-06 Biella - Babylonia Summer Fest

02-07-06 Turate (CO) – Campo Sportivo

05-07-06 Fontigo (TV) – Festa della Birra

08-07-06 Castelcovati (BS) – Babylon Fest

22-07-06 Vicenza – Sand Rock

18-08-06 Gallipoli – Wave Rock

19-08-06 Pinarella (RA) – Rock Planet

martedì, maggio 16, 2006

THE ORIGINAL SOUNDTRACK


Torniamo a parlare di colonne sonore. Oggi ci occupiamo del mio film preferito : PULP FICTION, una pellicola fantastica, accompagnata da una colonna sonora di altissimo livello...

Quel che più colpisce del background musicale di Quentin Tarantino non è tanto la quantità di vinili che il regista conosce e con tutta probabilità possiede, bensì l'estrema eterogeneità del materiale stesso.
Senza arrivare all'eccessiva dispersività dei recenti Kill Bill: Volume 1 e Kill Bill: Volume 2 che fanno perdere identità al disco in sé stesso, per Pulp Fiction Quentin in persona indossa le cuffie e seleziona una manciata di belle old songs che rifioriscono grazie all'inserimento nel contesto cinematografico; nuove vesti per brani poco noti o completamente dimenticati che entrano nell'immaginario collettivo per quello che rappresentano all'interno del film e per il corredo visivo di cui entrano a far parte, piuttosto che per la propria storia pregressa.

Caso da manuale è rappresentato da You Never Can Tell: quando la si ascolta (anche in un programmatissimo spot pubblicitario televisivo) chi riesce a non mimare l'irresistibile balletto simil twist di John Travolta ed Uma Thurman piuttosto che immaginare il faccione di Chuck Berry?
Ed a questo si aggiunge un altro interrogativo: ma al twist contest la coppa John e Uma l'avranno vinta o l'avranno rubata?
Interrogativi che si sovrappongono ad altri tipici della pellicola, del tipo "ma che diavolo ci sarà mai in quella dannata valigetta?" oppure "ma perché Wallace ha quell'assurdo cerotto appiccicato dietro la nuca?"
Tutto il film è un susseguirsi di selvagge emozioni musicali (oltre che visive, obviously) che partono dai titoli iniziali (col feroce attacco di Dick Dale & The Deltones il quale lascia solo vagamente presagire cosa ci attende nel seguito della narrazione), sottolineano ogni momento emozionale del film e terminano col sermone (sul versetto di Ezechiele) di Samuel L. Jackson, killer convertito che non riesce a lasciare a casa la rivoltella.

La cosa stupefacente è che per Pulp Fiction non è stato scritto nulla di inedito per sottolineare ed enfatizzare la sceneggiatura ma Tarantino è riuscito a trovare brani in grado di sposarsi perfettamente con le esigenze cinematografiche, ed ha lavorato così bene da farci pensare "ma avrà scelto la canzone dopo aver scritto la scena o avrà ideato la scena pensando alla canzone?".
L'unica traccia davvero nota al grande pubblico è la soffice Let's Stay Together di Al Green, sottofondo per il pugile suonato interpretato da Bruce Willis che finge di voler seguire le raccomandazioni del boss; ma il tripudio non può che essere Girl, You'll Be a Woman Soon, originariamente di Neil Diamond ma qui ripresa degnamente dagli Urge Overkill, che accompagna la danza sfrenata e ribelle di Uma nel salotto di casa, volume a palla, Travolta davanti allo specchio del bagno a porsi interrogativi erotico/esistenziali, la donna del boss che sta inesorabilmente per collassare.
Ed a seguire l'impareggiabile John Travolta/Vincent Vega nella fuga in macchina verso casa dell'amico per salvare la "pupa", con espressioni facciali degne del Premio Oscar: purtroppo nell'anno di Forrest Gamp ci sarà spazio solo per il premio come miglior sceneggiatura originale, anche se il film trionfò a Cannes.
Emozioni uniche.

Pulp Fiction propone una violenza tanto esagerata da divenire comica e surreale, pertanto anche le scelte musicali non possono che andare nella stessa direzione, e Tarantino ripesca un paio di surf divertissement: Bustin' Surfboards dei Tornadoes e Surf Rider dei Lively Ones.
Ed anche qui il miracolo: piuttosto che pensare alle chitarrine surf, alle gigantesche onde californiane o ai Beach Boys di Pet Sounds, queste canzoni ci rimandano ai grilletti che in modo ironicamente troppo facile e naturale vengono premuti durante il film.
Con l'inserimento di Jungle Boogie dei Kool & The Gang avviene una prima incursione nel mondo della Blaxploitation, il quale sarà adeguatamente ripreso ed approfondito nel successivo lungometraggio del regista, Jackie Brown, personale omaggio al mondo del cinema e della musica black dei Seventies.

Il film che ha (ri)lanciato il pulp come genere a sé stante, il film che tutte le nuove generazioni di cineasti alternativi hanno cercato di emulare, Uma Thurman che compariva nelle riviste musicali accanto alle facce di Kurt Cobain, Eddie Vedder e Michael Stipe (eroi del momento), il film che diventò un must per gli amanti del grunge (il genere che riempiva le classifiche nel '94) senza aver niente di grunge, Tarantino che diventava un punto di riferimento, assoluto quanto irraggiungibile, sia nella tecnica narrativa che in quella delle scelte musicali.
Il soundtrack perde qualcosa se staccato dalle immagini, anche perché la spezzettatura con alcuni dialoghi ne fa perdere il carattere di disco capace di vivere in maniera autonoma, ma se selezionate esclusivamente le tracce musicali avrete comunque una bella sequenza di canzoni scelte per voi personalmente da Sua Maestà Quentin Tarantino.

venerdì, maggio 12, 2006

BOB MARLEY : 25th anniversary

In occasione del 25° anniversario della sua morte, dedichiamo questo lunghissimo aggiornamento a uno dei piu' grandi di sempre, uno di quelli che sono riusciti a scrivere pagine e pagine indelebili nella storia della musica: Mr.Bob Marley.

Bob Marley (Robert Nesta Marley) nacque il 6 Febbraio 1945 a Nine Miles, nel distretto di St. Ann, Giamaica. Suo padre (Norval Sinclair Marley) era un ufficiale della marina inglese e sua madre (Cedella "Ciddy" Malcom) era una nativa giamaicana che viveva a Rhoden Hall. Dopo la nascita di Bob, suo padre lasciò sua madre. Quando Bob ebbe cinque anni suo padre lo portò a Kingston. Soltanto un anno dopo Bob vide di nuovo sua madre. Alcuni anni più tardi Bob e sua madre si trasferirono a Trench Town (nella zona ovest di Kingston), perchè sua madre stava cercando lavoro. Bob Marley amava la vita frenetica nella grande città, così come amava la musica di Fats Domino e Ray Charles che solitamente ascoltava. Nel frattempo i musicisti giamaicani stavano lavorando ad un proprio stile musicale. Inventarono lo ska, una musica che divenne molto popolare in Giamaica. A sedici anni Bob voleva registrare un album. Come altri ragazzi giamaicani vide la musica come un modo per sfuggire alla cruda realtà della vita molto povera del ghetto. Jimmy Cliff, un cantante locale (solo quattordicenne), aveva già inciso alcuni singoli di successo e presentò Bob al produttore Leslie Kong. Bob incise così il suo primo singolo (Judge Not) nel 1961, ma questo disco, così come il successivo (One Cup Of Coffee) nel 1962, non andò molto bene: Bob infatti lasciò Leslie Kong che non gli aveva ancora pagato le due incisioni. Nel 1964 Peter McIntosh (alias Peter Tosh), Bunny Livingston (alias Bunny Wailer), Junior Braithwaite, Beverley Kelso, Cherry, Constantine "Dream Vision" Walker e Bob Marley formarono il gruppo degli Wailers. Cherry e Junior lasciarono però il gruppo dopo alcune sessioni di registrazione. Per registrare le loro canzoni impiegarono musicisti ska dello Studio One di Coxsone Dodd.
Bob Marley si guadagnò il titolo di leader del gruppo, avendo scritto la maggior parte del materiale. Gli Wailers divennero molto popolari nel 1965, quando suonarono un pò dappertutto. Per l'etichetta di Coxsone registrarono diversi successi: Simmer Down, It Hurts To Be Alone, Rule Them Rudie. Era il 10 Febbraio del 1966 quando Bob Marley sposò Rita Anderson. Il giorno dopo Bob andò negli Stati Uniti a trova
re sua madre ed il suo nuovo marito. Durante la permanenza di Bob negli Stati Uniti Beverly Kelso lasciò gli Wailers, mentre entrarono a far parte della band sua moglie Rita con il cugino Dream. Gli Wailers cambiarono la loro musica passando dallo ska al rocksteady.
L'anno successivo (in cui nacque anche la prima figlia di Bob, Cedella) la band lasciò Coxsone e creò la propria etichetta, la Wail'N Soul'M Record, conosciuta anche come Wailing Souls e Wail'M Soul'M. Il loro primo singolo con la propria etichetta fu Bend Down Low/Mellow Mood, ma alla fine di quello stesso anno l'etichetta fu costretta a chiudere. Nel 1968 nacque il primo figlio mas
chio di Bob, David (meglio conosciuto come Ziggy). Nelo stesso anno, Bob conobbe Johnny Nash e gli Wailers incisero alcuni brani per la casa discografica JAD Records. Nel 1970 gli Upsetters si unirono agli Wailers: Aston "Family Man" Barrett suonava il basso e suo fratello Carlton la batteria. La band così formata creò una nuova etichetta, la Tuff Gong, e il primo singolo fu Run For Cover. Il brano ebbe successo crescente così come la band e la propria etichetta. Da quel momento gli Wailers incisero un successo dopo l'altro. Nel dicembre del 1971 Bob andò da Chris Blackwell della Island Records alla ricerca di un contratto discografico.
Chris diede agli Wailers 8.000 pounds di anticipo per incidere un album.
Fu una mossa rivoluzionaria: per la prima volta un gruppo reggae aveva avuto accesso alle migliori attrezzature di registrazione ed era trattata allo stesso livello di un gruppo rock. Prima che gli Wailers firmassero per la Island, infatti, il reggae era considerato soltanto come produzione di singoli o
di rare compilation. In questo modo invece gli Wailers incisero il loro primo album reggae, Catch A Fire. Il gruppo fece dei tour di notevole successo in Inghilterra e negli Stati Uniti. L'album che seguì per la Island fu Burnin', che comprendeva alcuni vecchi brani della band e pezzi come Get Up Stand Up e I Shot The Sheriff. Gli Wailers e Bob Marley divennero molto famosi dopo che Eric Clapton incise I Shot The Sheriff: la sua versione raggiunse il primo posto nella classifica dei singoli negli Stati Uniti.
Con l'uscita di Natty Dread la band si battezzò come Bob Marley & The Wailers. Nell'estate del 1975 il gruppo tenne numerosi concerti in Europa: tra questi ci furono due serate al Ballroom Lyceum di Londra, che sono ricordati come i migliori del decennio. La registrazione di quelle due serate diede vita a Live!, che scalò le classifiche. La versione live di No Woman No Cry contenuta nell'album divenne un grandissimo successo mondiale. Nel frattempo Peter Tosh e Bunny Wailer avevano ufficialmente lasciato gli Wailers per intraprendere la carriera solista. Agli Wailers si unirono il chitarrista Al Anderson ed il tastierista Bernard "Touter" Harvey: questi verranno poi sostituiti nel 1977 da Junior Murvin e Tyrone Downie. Ne 1976 scoppiò negli Stati Uniti la reggae-
mania. La popolarissima rivista Rolling Stone proclamò "band dell'anno" Bob Marley & The Wailers nel numero di Febbraio.
L'album Rastaman Vibration fu devastante nelle classifiche americane. Non andò molto bene invece in Olanda, per motivi politici: l'album conteneva infatti il pezzo War, il cui testo è tratto da un discorso dell'Imperatore d'Etiopia Haile Selassie I (Ras Tafari). Il 3 Dicembre del 1976 accadde una tragedia. Sei uomini armati spararono a Bob Marley, a sua moglie, al manager degli Wailers Don Taylor ed a Don Kinsey, fortunatamente senza gravi conseguenze. Due giorni dopo Bob suonò comunque al grande concerto "Smile Jamaica" a Kingston, dopo il quale volò in Inghilterra. Gli Wailers lo seguirono ed insieme incisero Exodus, nel 1977. Con questo album si stabilì la fama di superstar internazionale di Bob Marley. In Inghilterra Bob ebbe un incontro con il principe Asfa Wossan (nipote dell'Imperatore Haile Selassie), durante il quale Bob ricevette un regalo molto importante: l' anello Jah Rastafari, appartenuto all'Imperatore etiopico. Nel maggio dello stesso anno Bob scoprì di avere il cancro. Si sarebbe dovuto amputare un dito del piede, ma Bob rifiutò l'intervento perchè andava contro la propria fede Rasta. Il 20 luglio del 1977 gli ultimi concerti del "Exodus Tour" furono cancellati. L'anno successivo
la band capitalizzò il proprio successo nelle classifiche con la realizzazione di Kaya: l'album raggiunse il quarto posto nella classifica inglese nella stessa settimana della pubblicazione.L'album mostrò Bob sotto un aspetto differente: canzoni d'amore e omaggi al potere della ganja (marijhuana della Giamaica). I Rasta fumano la ganja per sentirsi più vicini a Jah (Dio). Nell'aprile del 1978 Bob tornò in Giamaica per suonare al One Love Peace Concert, di fronte al Primo Ministro Michael Manley ed al leader dell'opposizione Edward Seaga. Bob organizzò sul palco un entusiasmante ed allo stesso tempo commovente incontro tra i due rivali, unendo le loro mani sopra di sè, nel nome di Jah Rastafari. Più tardi nello stesso anno Bob ricevette la moneta-medaglia del Terzo Mondo dalle Nazioni Unite. Visitò anche l'Africa per la prima volta nella sua vita: Kenya, Etiopia e Zimbabwe (dove tenne successivamente un memorabile concerto per celebrarne l'indipendenza). Bob Marley & The Wailers continuarono ad espandere il loro successo prima con Babylon By Bus (registrazione di un concerto a Parigi), poi con Survival.Alla fine degli anni settanta Bob Marley And The Wailers erano la più famosa band della scena musicale mondiale, e infransero i record di vendite discografiche in Europa. Il nuovo album, Uprising, entrò in ogni classifica europea. La band stava progettando anche una nuova tournee americana con Stevie Wonder per l'inverno del 1980.La salute di Bob andava peggiorando, ma ebbe comunque il consenso dei medici per partire in questa tournee americana. Durante un concerto a New York quasi svenne. La mattina dopo, il 21 Settembre 1980, Bob andò a fare jogging con Skilly Cole a Central Park. Bob collassò e fu riportato in albergo.Alcuni giorni più tardi fu scoperto che Bob aveva un tumore al cervello e che, secondo i medici, non gli restava più di un mese di vita.

Rita Marley voleva che il tour venisse cancellato, ma Bob lo volle continuare. Così tenne un meraviglioso concerto a Pittsburgh.
Ma Rita non poteva essere d'accordo con la decisione di Bob ed il 23 Settembre il tour fu cancellato. Bob fu trasportato da Miami al Memorial Sloan-Kettring Cancer Center di New York. Lì i medici diagnosticarono un tumore al cervello, ai polmoni ed allo stomaco. Bob fu trasportato di nuovo a Miami, dove fu battezzato Berhane Selassie nella Chiesa Ortodossa Etiopica (una chiesa cristiana) il 4 novembre 1980. Cinque giorni dopo, nell'ultimo disperato tentativo di salvargli la vita, Bob fu trasportato in un centro di trattamento in Germania. Nello stesso ospedale tedesco Bob passò il suo trentaseiesimo compleanno. Tre mesi dopo, l'11 maggio 1981, Bob morì in un ospedale di Miami. Il funerale di Bob Marley in Giamaica, tenutosi il 21 maggio 1981, potrebbe essere paragonato al funerale di un re. Centinaia di migliaia di persone (compresi il Primo Ministro ed il leader dell'opposizione) parteciparono al funerale.Il suo corpo fu portato al suo luogo di nascita, dove si trova tutt'ora all'interno di un mausoleo,divenuto ormai un vero e proprio luogo di pellegrinaggio per la gente di tutto il mondo. Un mese dopo la morte di Bob, gli fu conferito l'Ordine di Merito della Giamaica (Jamaica Order Of Merit), la terza più grande onoreficienza della nazione, in riconoscenza del suo grande contributo alla crescita culturale della Giamaica.
Il profeta Gad insistette a lungo, già prima della morte di Bob, per diventare il proprietario dell'anello Jah Rastafari.
L'anello, comunque, "miracolosamente" sparì e nessuno lo vide mai più.
La madre di Bob Marley dice che l'anello è ritornato nel suo luogo d'origine. A Montego Bay, in Giamaica, è stato costruito il Bob Marley Performance Center e per alcuni anni vi si è svolto il festival Reggae Sunsplash. Nella primavera del 1983 venne pubblicato l'album Confrontation. Conteneva alcune canzoni inedite, alcune re-arrangiate ed altre pubblicate solo in Giamaica. La canzone Buffalo Soldier divenne un clamoroso successo internazionale. Nel 1984 fu realizzata la raccolta Legend: grazie al brano One Love/People Get Ready, questo ottimo disco divenne uno dei più venduti al mondo. Bob Marley & The Wailers stavano sopravvivendo.
Dieci anni dopo la morte di Bob Marley uno speciale concerto ebbe luogo a Kingston, per celebrare Bob.
Diversi artisti, tra i quali Ziggy Marley & The Melody Makers e la Reggae Philarmonic Orchestra suonarono e raccolsero fondi per costruire il Bob Marley Entertainment Complex a Kingston.
In tempirecenti sono state pubblicate dalla Tuff Gong altre raccolte di Bob Marley, da Natural Mystic (The Legend Lives On) a Soul Almighty (The Formative Years), fino al bellissimo cofanetto di 4 cd Songs Of Freedom. Oggi sono trascorsi ormai sedici anni dalla scomparsa del re del reggae. Molti sono gli artisti che nel corso di questi anni sono stati indicati come i successori di Bob. Chi lo ama e soprattutto chi ha voluto capire la sua musica sa, comunque, che nessuno mai in questo mondo potrà prendere il suo posto.

giovedì, maggio 11, 2006

In the italian labels

Oggi parliamo di etichette discografiche. Luca, boss della Countdown, ci parla della sua label di vicenza, che ultimamente sta sfornando ottimi prodotti HC nazionali.

L’etichetta nasce ufficialmente nel 2004 con l’apertura di Countdown Shop (ora chiuso). Inizialmente eravamo due soci, ma con la chiusura del negozio Matteo (il mio ex socio) ha deciso di dedicarsi ad altro, sempre in ambito musicale. Prima di Countdown gestivo un’altra piccola etichetta, OCW Records che ha all’attivo quattro produzioni.
Lavorare in un’etichetta ti porta inevitabilmente ad avere rapporti con altre label. Sicuramente quelle con cui mi sono sempre trovato e mi sento tuttora più vicino sono SOA Records, Brutus, Valium, Goodwill per quanto concerne l’Italia e Pure simple e Legion Luciferes per l’estero. Mi è sempre piaciuto seguire le band, dalla produzione al merchandise fino all’organizzazione degli show. E’ una gran bella soddisfazione vedere una tua band che cresce e si fa un nome... Diciamo che è stato soprattutto questo a farmi mettere in piedi il progetto Countdown. A livello promozionale ci siamo sempre arrangiati, contattando di persona i distributori per cercare di promuovere al meglio le nostre uscite. Lavoriamo molto sulla pubblicità, cercando di pompare bene ogni uscita, come è sempre successo finora.
La maggior parte del lavoro è svolto da me: scegliere le band, contattare i distributori, aggiornare la distro... Nell’etichetta è coinvolta comunque altra gente, soprattutto amici che mi danno una mano. Se guardate ad esempio il sito, l’ha sviluppato una mia amica... Mi da sempre una mano con le grafiche!
Per quanto riguarda la scelta di un gruppo ci sono diverse cose da valutare: prima di tutto devono essere persone oneste, di cui ti puoi fidare e con le quali avere anche un certo rapporto di amicizia. Poi altre caratteristiche come avere una buona dose di attitudine, un bell’impatto scenico...
Per quel che riguarda il DIY... In Italia sono molte le realtà DIY che organizzano periodicamente eventi e producono band! Sicuramente ci vorrebbe un po’più DIY e meno myspace, Suicide Girls e tutte queste trovate dell’ultim’ora.
La scena di Vicenza è ridicola come la gente che la popola… Sono davvero poche le band rispetto a qualche anno fa, questo perché la poca gente rimasta si perde a insultarsi via web e a cercare di formare ulteriori discrepanze in una scena ormai distrutta di per sé! Gli Argetti sono una delle poche realtà durate fino a oggi, possono piacere o meno ma sono l’unica band degna di rispetto in mezzo a questa mischia di froci piglia in culo, rockstar che lasciano il tempo che trovano e Sick Girl che sono di Vicenza. Ecco cosa ci spinge a prendere le band da altre parti!
Tra i cd della nostra etichetta che stanno riscuotendo più successo, sicuramente The Difference e The Vendetta sono quelli che hanno venduto di più. Sono gruppi rodati con anni di esperienza alle spalle, poi sono dei bellocci quindi le Suicide Girls si innamorano di loro… Non come i Gonna Fall Hard che le Suicide Girls li piglierebbero a calci nel culo hehehe...
A livello personale però devo dire che tutti mi hanno dato qualcosa. La cosa più bella è avere un rapporto duraturo con le tue band, con alcune funziona alla grande con altri un po’ meno ma l’uscita del disco e la promozione è sicuramente una grande soddisfazione per tutti.
Molta gente si sente frenata dal metere su un'etichetta per una questione meramente economica ed è qui che si sbaglia… Io sono miliardario! (risate) Metto via un euro su ogni CD che vendo, così un giorno posso comprarmi una macchina abbastanza grande da contenere tutte le puttane che vogliono il mio cazzo e girare per Vicenza tipo L.A.!
A livello gestionale e promozionale, dedico all'etichetta tutto il tempo che posso dedicarle. Conta che sto ancora a scuola (spero ancora per poco) quindi dipende... Quest’anno per forza di cose ho dovuto mettere come priorità la scuola, ma riesco ugualmente a starci dietro. Ricevo ogni mese parecchi demo e ricordo a tutti di spedire il loro lavoro al sito www.countdownrecords.com .
Sempre parlando di etichette, molte hanno alla base uno stile di vita che cercano di trasmettere anche su quanto prodotto (straight-edge, animal liberation...), per quanto riguarda Countdown io sono SxE, ma la prendo come una filosofia personale. Alcuni membri di band sotto Countdown sono SxE ma sicuramente non mi sento di far passare Countdown come un’etichetta legata principalmente allo SxE o all’animal liberation (anche perché io non sono più vegetariano da anni). Non mi sento neanche di giudicare il fanatismo SxE o Vegano, come fanno tante band di merda che non trovano niente di meglio da dire che sparare cazzate su movimenti di cui non conoscono nulla. Ognuno fa quello che vuole poi sono i fatti che parlano. Preferisco di gran lunga gli Earth Crisis agli Shandon per esempio. Amo divertirmi restando pur sempre SxE, senza uccidermi di droghe o di alcool, mi piace tanto l’hip hop e l’OI! quindi alla fine non potrei fare l’hard line... Non funzionerebbe!
La scena hardcore nazionale sta vivendo un buon periodo sotto tutti i punti di vista, ma non credo ci sia stato un interesse generale… A meno che non si parli di emocore e robe da froci. Cioè, se guardi bene è vero che ci sono molte band e il livello tecnico si è alzato parecchio, ma alla fine siamo stati invasi da una marea di finocchi frangiati che passano tre ore al giorno su myspace per farsi foto da froci. La tua band ha 3000 amici su myspace poi quando vai a concerti non vedi nessuno! A meno che non suoni la reunion dei “che cazzo ne so” o gli Atreyu. Tutto quanto si è banalizzato e ridotto a semplice moda, chi segue da diversi anni la scena hardcore (ma anche OI! e punk) si sarà accorto che non c’è più il tiro di una volta, Si faceva casino tutti assieme e ci si divertiva veramente.
Tra i progetti immediati, a maggio esce il nuovo CD/EP dei The vendetta con inclusi alcuni videoclip! Poi ci sono altri progetti in ballo più o meno da confermare! La linea editoriale di Countdown potrebbe in futuro aprire le porte a panorami non strettamente HC.Mi piacerebbe un casino fare qualcosa di hip hop italiano. I Settimo Paragrafo sono una band vicentina molto valida, stanno lavorando al nuovo disco. Se ci sarà possibilità potrebbero approdare su Countdown... Chi lo sa?!

mercoledì, maggio 10, 2006

RECENSIONE DELLA SETTIMANA


La recensione di questa settimana non poteva che essere dedicata al nuovo lavoro dei RED HOT CHILI PEPPERS, uscito pochi giorni fa in Italia e prontissimo a scalare le classifiche di tutto il mondo.

TITOLO : Stadium Arcadium
ARTISTA : Red Hot Chili Peppers
GENERE : Rock / Funky
ANNO : 2006
PROVENIENZA : California (USA)

Questa volta nessuno è morto, nessuno è uscito dal gruppo, nessuno è nudo... questa volta è solo un doppio album.
Le band crescono, invecchiano, peggiorano, migliorano, cambiano pelle. Il modo in cui viene recepito il cambiamento dipende da come i fan sono cresciuti, invecchiati, peggiorati o migliorati nel frattempo. Se un surfer capellone palestrato si esaltava per il funk corposo di dischi come Mother’s Milk e venti anni dopo ancora non si arrende all’idea che le cose siano cambiate, magari ascoltando Stadium Arcadium si irriterà e ne parlerà male, dicendo ad alta voce che i Red Hot Chili Peppers ormai fanno schifo, si sono venduti, si sono ammosciati, non c’hanno più la carica. Poi magari c’è uno che venti anni fa ascoltava solo i Beach Boys. Per venti anni ha ascoltato soprattutto i Beach Boys, e ora che anche i Red Hot ascoltano i Beach Boys e ne traggono ispirazione magari dirà che Kiedis e compagni finalmente hanno trovato la loro vena creativa, finalmente scrivono canzoni, finalmente sanno cantare. Insomma, dipende dal punto di partenza.

Il punto di arrivo però rimane lo stesso. Ed è questo avventuroso miscuglio di pugni e carezze, muscoli e sentimenti. Il punto di arrivo è, senza mezzi termini, una delle due-tre rock band più grandi al mondo. Lo dicono i numeri. E raramente mentono. Che questa super rock band dopo più di venti anni di successi e tragedie ancora abbia voglia di registrare ben 38 nuovi brani perché ne ha voglia è il vero bonus. Alla fine ne hanno scelti 25 per un album doppio. Dal sapore epico, fin dal titolo. Quel surfer capellone non potrà non apprezzare il disco funk di 21st Century. Quel fan dei Beach Boys, che avrà già amato l’ultimo album By The Way, adorerà ballate come Hey. Poi ci sarà quello che dirà che un brano come She Looks To Me dovrebbe avere come sottotitolo: “L’ennesimo brano dei Red Hot Chili Peppers”. E nell’economia di 25 brani ci sta.
Però nessuno, né il surfer né l’amante dei Beach Boys, né l’ultimo arrivato né il fan della prima ora, potrà negare che John Frusciante è uno dei migliori chitarristi della sua generazione. Così sicuro di sé ormai da trasformarsi senza vergogna in Santana e Clapton in Warlocks e Hard To Concentrate. E in una delle due tre rock band più importanti al mondo il chitarrista fa la differenza.

martedì, maggio 09, 2006

THE LOCOS : ska por la calle!


In coincidenza con l'uscita del loro primo disco "Jaula de grillos", uscito oggi in Spagna e presto disponibile anche qui in Italia, parliamo dei THE LOCOS.
Fondati da Pipi, ex trasformista e seconda voce degli Ska-p, i sette pazzi spagnoli, propongono una miscela di ska e rock n' roll, davvero coinvolgente ed allegra; le loro sonorità ricordano parecchio quelle dei disciolti Ska-p e non c'è dubbio che la linea ska-core seguita, si ispiri palesemente alla band madrilena. A differenza dei No Relax di Joxemi, i The Locos infatti hanno tromba e trombone e la musica in levare scorre ancora nel sangue di Pipi. Il disco "Jaula de grillos", venuto alla luce dopo circa cinque mesi di lavoro, è già in promozione in un tour che sta toccando tutte la maggiori città spagnole. Voci di corridoio dicono che la band sarà live in Italia dopo l'estate... intanto aspettiamo l'arrivo dell'album nel nostro paese, ma a giudicare dagli estratti finora sentiti, il progetto è molto valido.
THE LOCOS, SKA POR LA CALLE !

lunedì, maggio 08, 2006

KLASSE KRIMINALE : punk in XXX


L'aggiornamento di oggi è meritatamente dedicato ai Klasse Kriminale. La street-punk band capitanata dal carismatico Balestrino infatti, è stata l'unica formazione Italiana presente al mitico Wasted festival di Amsterdam.
Una delle manifestazioni punk più famose di tutto il mondo, vedeva alternarsi quest'anno, artisti del calibro di Sham69, AntiFlag, Uk Subs, Discharge e molti altri.
Ennesima bella soddisfazione quindi per i KK, in pista da oltre 20 anni, che ultimamente sono tornati a raccogliere parecchi consensi : nel 2005 con l'omonimo cd sono balzati nella top20 della classifica Indie Italiana e su internet sono stati votati come punk band italiana dell'anno...

domenica, maggio 07, 2006

DISCHI CHE HANNO FATTO LA STORIA


Ritorna la nostra rubrica dedicata ai dischi che hanno fatto la storia della musica. Oggi parliamo di un album che nessuno può snobbare, fatto di brani eccezionali, musiche indimenticabili e pesanti significati.


TITOLO : The Wall
AUTORE : Pink Floyd
ANNO : 1979
GENERE : Rock Psyco
PROVENIENZA : England

Novembre 1979: la Emi scalpita; nel solo periodo che precede le feste si realizza il 30% delle vendite annuali di dischi. I Pink Floyd, a oltre due anni di distanza dal precedente "Animals", non possono aspettare oltre; le pressioni sono incontenibili, gli interessi in campo enormi.

Dopo mesi e mesi di sala di registrazione tutto viene fatto di corsa al punto che alcune decisioni dell'ultima ora rimescolano la scaletta delle canzoni nell'album. Prova ne sono un paio di errori nella riproduzione dei testi nella doppia copertina del vinile ormai mandata in stampa. E' infatti presente il testo di "What shall we do now", canzone eseguita dal vivo ma assente su disco per problemi di spazio e sostituita dalla più concisa "Empty space". Il testo di "Hey you", canzone di apertura del secondo di disco, è invece collocato erroneamente a chiusura della terza facciata. Non male come pasticcio per un disco da lanciare in grande stile su scala mondiale…

Ma eccolo finalmente, il 30 novembre, nelle vetrine dei negozi illuminati a festa, "The Wall", doppio colossale Lp della band che ha dominato gli anni 70 sfornando dischi da decine di milioni di copie vendute.

L'uscita discografica assume immediatamente i connotati di evento planetario ed epocale, certamente uno dei più importanti eventi della storia del rock. Le stazioni radio di tutto il mondo vengono invase da "Another brick in the wall" felice intuizione commerciale con venature funky che balza in cima alle classifica di vendita. La stampa, anche quella scandalistica, spende fiumi di parole e troverà, come vedremo, anche elementi per montare evanescenti casi di cronaca.

Il disco del muro, dei mattoni e degli splendidi disegni di Gerald Scarfe entra nella vita e nell'immaginario di milioni di "kid", segnandoli per sempre. Un mito che si trasmetterà di generazione in generazione fino ai giorni nostri. A quasi 25 anni dall'uscita si contano circa 20 milioni di copie vendute, numero impressionante per un disco doppio, a cui vanno aggiunti i risultati delle varie operazioni discografiche che seguiranno, come lo show di Berlino del 1990 uscito come disco solista di Waters e la discutibile immissione sul mercato nel 2001 di "The Wall Live", che riprende le registrazioni degli storici concerti del 1980 e del 1981.

Tra quei "kid", allora quindicenne, c'era anche chi scrive, e per di più alle prese con il suo primo disco rock. Per questioni affettive quindi la mia analisi non potrà che essere molto personale, una delle tante, infinite interpretazioni che può suscitare un disco come questo che ha tra le sue qualità più grandi quella di riuscire a dialogare con il vissuto dell'ascoltatore. Attorno a un'opera come questa, infatti, l'intreccio delle personali storie degli ascoltatori si legano indissolubilmente alla trama dell'opera e ne diventano parte, come riflessi di vita che si rifrangono per infiniti giochi di specchi; come se la materia dell'opera si dilatasse e diventasse pregnante, consistente, reale nel vissuto di chiunque l'ha ascoltata e amata.

La genesi del disco è nota. Nel 1977 i Pink Floyd sono in giro per il mondo a suonare "Animals", la loro ultima e controversa fatica discografica. Abbandonate le piccole sale da concerto dove il pubblico dei primi anni 70 amava ascoltarli in rigoroso e quasi religioso silenzio, la band gira per gli stadi, dove decine e decine di migliaia di persone si affollano nelle gradinate, spingono alle transenne, diventando un organismo unico, indistinto, entusiasta e entusiasmante, ma per certi versi pauroso. Waters è stanco, sfibrato. Un decennio trascorso in una folle corsa che in pochi anni l'ha portato da un livello di artista quasi anonimo a miliardaria star internazionale. Un percorso che nella storia del rock ha fatto più di una vittima.

Un ragazzino, uno qualunque tra le decine di migliaia, a Montreal durante un concerto della faraonica tournèe mondiale intitolata "Pink Floyd. In the Flesh", è lì in prima fila e grida, si dimena, inneggia a "Money", la sua hit preferita, sembra essere presente solo per creare confusione. Waters non resiste, non riesce a sopportare quel parassita della platea. Prende la mira, come un fuciliere di sua Maestà la Regina, e lo centra in faccia, maledettamente. E' sconvolto Waters, per quel gesto che gli appare subito terribilmente fascista, sconvolto a tal punto da mettere in moto un processo di catarsi creativa che lo porterà a sviluppare l'idea di una delle più grandi opere rock di sempre.

Ecco quindi trovato il concept, l'idea attorno alla quale costruire la nuova opera, ovvero il muro di incomunicabilità tra l'artista e il pubblico. Un muro che col passare del tempo si arricchirà nella testa di Waters di tanti mattoni fino a farlo diventare un emblema dell'alienazione e dell'estraniazione dal mondo a tutto raggio.

Waters inizia a lavorare alle musiche e ai testi nell'autunno del 1977 e prosegue fino a luglio del 1978. A questo punto ha raccolto tanto materiale da preparare un demo di 90 minuti che fa ascoltare al resto del gruppo nel frattempo dedito a tutt'altro. Gilmour e Wright in particolare usciranno nel 1978 con due deboli album solisti. Quello di Wright risulterà addirittura imbarazzante nonostante la partecipazione di ospiti di lusso. Mason, musicalmente latitante, si dedicava presumibilmente al suo passatempo preferito, collezionare auto d'epoca e da corsa. Piccolo aneddoto: Mason, ai tempi dell'uscita di "The Wall", partecipò addirittura alla 24 ore di Le Mans con una Lola 2000 sponsorizzata dalla Emi e con il disegno dei famosi mattoni che la ricoprivano interamente!

La band inizia a lavorare sul materiale scritto da Waters nel novembre del 1978 ma è solo nell'aprile del 1979 che iniziano effettivamente le registrazioni in studio. "The Wall" è quindi a tutti gli effetti un'opera di Waters, che scrive tutti i testi, ma nonostante ciò, e a differenza del successivo "Final Cut" del 1983, il disco suona ancora molto floydiano. Intanto il contributo di Gilmour, coproduttore del disco insieme allo stesso Waters e a Bob Ezrin, risulterà decisivo. Il chitarrista collabora infatti alla stesura di tre importanti canzoni, "Comfortably numb", forse la più bella di tutte, oltre a "Young last" e "Run like hell", tra le più fresche del disco. Gilmour canta inoltre in diverse canzoni e inanella una serie di soli e invenzioni chitarristiche di buon livello, con alcuni picchi memorabili. Il chitarrista, a rimarcare il ruolo di peso all'interno della band, sarà infine accreditato come direttore musicale dell'imponente, per non dire faraonico, "The Wall Show", che i Pink Floyd porteranno in scena per pochissime e selezionatissime date negli Stati Uniti e in Inghilterra nel 1980 e poi ancora a grande richiesta nel 1981.

Il tastierista Wright invece, in rotta col padre padrone Waters, non partecipa nemmeno a tutta la registrazione del disco per quanto soprattutto nella prima parte si avverte la sua presenza con soluzioni sonore semplici ma di grande effetto. Decisive e incisive risultano invece le orchestrazioni curate da Michael Camen, certamente uno dei tratti musicali distintivi di quest'opera insieme ai meravigliosi impasti vocali dei sei coristi accreditati nelle note di copertina (dove peraltro non si trovano tracce dei nomi di Mason e Wright).

Dal punto di vista musicale "The Wall" non presenta particolari innovazioni, anzi è decisamente una battuta d'arresto (peraltro definitiva) nella ricerca musicale della band che lungo gli anni 70, pur entro i contorni di una forma rock facilmente fruibile e infatti segnata da un successo commerciale travolgente, non aveva disdegnato percorsi musicali dilatati e inusitati (vedi in particolare la recente revisione operata da certa critica rock su "Animals", disco uscito nel 1977 ma composto prevalentemente nell'estate del 1974, che lo vuole addirittura assurgere a disco ispiratore della new wave).

Ma al di là dell'approccio strettamente storiografico musicale, "The Wall" va letto come uno straordinario sforzo di sintesi di un intero decennio. Solo la lunghissima esperienza dei Pink Floyd poteva regalare un disco di tale qualità musicale, di arrangiamento e di registrazione. "The Wall" è il trionfo delle professionalità che si sono sviluppate negli anni accanto alla musica rock, perché la storia del rock ha dialogato e si è evoluta costantemente con l'industria del disco, le sue tecnologie, i suoi strumenti di comunicazione. Gli ingegneri del suono, i produttori, i creativi del packaging sono protagonisti assoluti in "The Wall" alla pari della sostanza musicale. Da questo punto di vista, "The Wall" è ai massimi livelli storici. Suono perfetto, qualità e cura certosina degli arrangiamenti, straordinaria potenza evocativa dei disegni di copertina di Gerald Scarfe, che curerà le animazioni sia dello Show che del film che apparirà sugli schermi qualche anno più tardi.

Solo altre professionalità nate e cresciute col rock (leggi parte della critica) sembrano non voler accettare una tale prospettiva allargata, relegando "The Wall" a ruolo di disco uscito fuori tempo massimo, in quanto contemporaneo a nuovi fermenti (punk, new wave) che scuotevano l'ambiente musicale dell'epoca.

Waters, estimatore della prima ora di Beatles e Byrds, ritorna con "The Wall" al suo primo grande amore, la forma canzone tradizionale, della quale ci restano di lui svariate gemme sin dai tempi di "More" (1969), "Atom Heart Mother" (1970) e "Meddle" (1971).

Sul disco grava un senso di inquietudine e di oppressione incombente che lo rende a volte ostico, indigesto, insostenibile. Come per tutte le opere rock che si misurano sulle quattro facciate (è giusto riportare alla dimensione strutturale del vinile l'analisi di un disco la cui uscita è stata pensata per le caratteristiche di quel tipo di supporto) non mancano i momenti di stanca e i passaggi ridondanti. La paranoia di Waters a tratti, soprattutto nella seconda facciata, mette a dura prova l'ascoltatore, ma "The Wall" è da annoverarsi nel ristrettissimo gruppo di dischi che possono fregiarsi del titolo di "opera rock". Tra questi, "Tommy" degli Who e "The lamb lies down on Broadway" dei Genesis, nati dalla penna di altri due totem del rock, Pete Townshend e Peter Gabriel.

Nel complesso di "The Wall" impressiona la monumentalità, la potenza evocativa ed empatica sull'ascoltatore, che facilmente si identifica con la storia narrata. La trama narrativa, tessuta accanto alle liriche e alle musiche attraverso l'innesto di voci, grida, sussurri, pianti, dialoghi, rombi d'aereo, pale d'elicottero, è così fitta da prestarsi a evocazioni continue, inducendo chi ascolta a figurarsi immagini, situazioni, scene. "The Wall" appare a tutti gli effetti come la colonna sonora di un film che però non ha ancora visto la luce all'uscita del disco nel 1979 e che probabilmente non rientrava nemmeno nei piani iniziali di Waters. Il film invece si farà solo tre anni più tardi, nel 1982, con la regia di Alan Parker e con Bob Geldof, leader dei Boomtown Rats a impersonare Pink, il protagonista.

"The Wall" è in fondo la colonna sonora che ognuno di noi può adattare ai momenti più difficili della propria vita; un'opera quindi che non ha la sua forza nella profondità e unitarietà del messaggio, che anzi, restando abbastanza in superficie accontenta un po' tutti. E' come un'opera con diversi livelli di interpretazione dove ognuno è libero di spaziarvi in superficie oppure di penetrarvi in profondità, contribuendo a creare nuove chiavi di lettura e di fruizione. Ma i risvolti simbolici, sociali e politici, più per libera associazione che per intenzione programmatica del gruppo, vanno anche oltre la chiave strettamente psicologica personale.

"The Wall" è, ad esempio, un disco molto amato in Germania, allora ancora divisa e sulla quale incombeva a Berlino la terribile presenza del muro. Tanto amato che nel 1990, a seguito della caduta del muro, Waters, ormai dedito alla sua altalenante carriera solista, verrà chiamato a riproporlo dal vivo proprio a Berlino davanti a una folla immensa e accompagnato da numerosi musicisti di prestigio (Bryan Adams, Marianne Faithfull, Jerry Hall, Ute Lemper, Joni Mitchell, Van Morrison, Sinéad O'Connor ecc.).

La storia narrata nel disco è abbastanza semplice ma anche un po' confusa a causa dei continui ripensamenti durante la lunghissima genesi compositiva. Lo analizzerò seguendo la sequenza del disco in studio e cercando di riprendere il più fedelmente possibile le dichiarazioni rilasciate dallo stesso Waters nelle interviste dell'epoca. A posteriori, però, si ha l'impressione che nel disco ci sia ancora qualche confusione nello sviluppo narrativo e che solo con l'uscita del film del 1982 si arrivi a un'unitarietà drammaturgica complessiva. Il film, che peraltro contiene anche un pregevole inedito "When the tigers brock free", è quindi assolutamente consigliato e rappresenta un'integrazione importante, ma non imprescindibile, all'ascolto del disco.

Nella composizione della storia Waters dichiara di attingere a tre livelli di ispirazione. Uno strettamente autobiografico (la morte del padre). Uno che deriva dall'osservazione del sociale (ad esempio la generica incomunicabilità nei rapporti di coppia). Uno infine che rappresenta il puro artificio narrativo. Spesso, si è invece esagerato nell'intravedere nel personaggio di Pink un riferimento a Syd Barrett, il fondatore della band, persosi per strada dopo l'eccezionale disco di debutto "The piper at the gates of dawn". L'unico richiamo certo e dichiarato alla figura di Syd è infatti nel testo di "Nobody Home". Per il resto la figura di Pink attinge genericamente all'iconografia della rockstar.


venerdì, maggio 05, 2006

GORILLAZ : virtual biography is coming up !


"I Quattro Musicisti Immaginari non stanno spostando i confini, creano nuove terre che qualcun altro dovrà esplorare prima di modificarne i limiti; un gruppo che non esiste può qualunque cosa".

Così Rockstar scriveva poco tempo fa riguardo ai Gorillaz, che rappresentano senza dubbio uno dei progetti più affascinanti e geniali dell'ultimo decennio. Un gruppo virtuale è già di per se notevole, se poi ci si aggiungono bellissime canzoni, uno stile impeccabile e addirittura dei trend lanciati per gli esseri umani, allora significa che il progetto è davvero d'altri tempi.

Già, perché se ancora qualcuno non lo sapesso, Dan "The Automator" Nakamura, insieme a Jamie Hewlett (famoso cartoonist inglese che ha inventato la mitica Tank Girl ripresa anche in un recente, omonimo film), si è inventato quattro personaggi, quattro “fumetti” che sono, di fatto, i portavoce della band.
Il perché di tutto questo, al di là della stranezza nel proporsi a livello comunicativo, sta nella natura del progetto stesso. Un progetto nato per caso, grazie alle collaborazioni di Dan durante la realizzazione del suo progetto Hip-Hop “fantascientifico” (Deltron 3000), a cui hanno partecipato, tra gli altri, Damon Albarn, Sean Lennon (legato a doppio filo a Cibo Matto) e Kid Koala (presente anche in Gorillaz in veste di scratcher). Da qui a “Clint Eastwood” il passo è stato breve e nel giro di pochi mesi, da un “divertissement” per un singolo, Gorillaz è diventato un album. Un album a cui hanno partecipato, oltre ai già citati Damon Albarn dei Blur e Kid Koala, Del Tha Funkee Homosapien, Miho Hatori dei Cibo Matto e Tina Weymouth (ex Talking Heads e Tom Tom Club).
Alla fine del 2000 i Gorillaz hanno esordito con l’EP “Tomorrow comes today”. Poi, nella primavera del 2001, è stata la volta dell’album. Il successo straordinario del singolo "Clint Eastwood" fa diventare la band virtuale un fenomeno.
Nel 2005 arriva il secondo capitolo della storia, DEMON DAYS, a lungo atteso dalla casa discografica e finalmente pubblicato a ridosso dell'estate, anticipato dal singolo "Feel good inc."
Come tutti i personaggi famosi, anche per loro, arriva il momento di scrivere una autobiografia... ma come fanno a farlo dei personaggi che in realtà non esistono?
Per ora non sappiamo moltissimo del libro in uscita, se non che la Penguin Books si è accaparrata i diritti mondiali dell'opera, scritta direttamente da Murdoc, Noodle, 2D e Russel Hobbs: “I Gorillaz si sentiranno come a casa” ha commentato l'eccitato capo della Penguin, Rowland White “Da molto tempo cerchiamo di sperimentare e innovare, e il libro dei Gorillaz sarà un altro passo in avanti.
Grazie all'immaginazione e l'inventiva dei personaggi, questa autobiografia sarà decisamente un disco visivo”.

Il tomo dovrebbe arrivare nelle librerie inglesi a fine anno e solo allora potremmo dire di conoscere veramente la vera storia dei Quattro Musicisti Immaginari: “Vi posso garantire che avrete delle succose informazioni sui Gorillaz” ha voluto commentare il bassista Murdoc Nicalls “Molto probabilmente parlerò male di qualcuno, ma sarà zeppo di bellissime fotografie realizzate durante i nostri video, interviste, concerti; è tutto qui dentro”.

giovedì, maggio 04, 2006

QUATTROASSI against prison


...da VIVIMILANO...

I milanesi "QuattroAssi" salgono sul palco dell'Orso: dallo Ska original e 2-tone al Rocksteady dal Reggae Roots alla Dancehall.
I proventi della serata di autofinanziamento saranno a favore della campagna "Dove vado Evado". Si tratta di una raccolta fondi per gli attivisti arrestati l'11 marzo durante il tafferuglio con la polizia in corso Buenos Aires. I militanti cercavano di impedire lo svolgimento del corteo previsto quella giornata di un gruppo di neo-fascisti arrivati da tutta Italia. La campagna si articola in diverse tappe cittadine e ha il suo punto di riferimento su internet, www1.autistici.org/dovevadoevado, dove potete scaricare il fumetto informativo in diversi formati, acquistare le magliette il cui provento andrà alle spese processuali e mettervi direttamente in contatto con gli organizzatori.
H 22.00 Orso, Via Gola 16, Navigli.

martedì, maggio 02, 2006

THE ORIGINAL SOUNDTRACK


Col ritorno dal mio recente viaggio in terra Scozzese, inizia una nuova rubrica di DIFFERENT MUSIC, dedicata alle colonne sonore che hanno fatto la storia del cinema mondiale, lasciando il segno nei nostri stereo.
Partiamo proprio dalla Scozia, con la Colonna sonora di Trainspotting, un film culto accompagnato da musiche strabilianti.

Dover parlare di Trainspotting significa non saper da dove iniziare: il film, il libro, la colonna sonora, Irvine Welsh, gli attori presenti nella pellicola, la brit early '90 techno-trance scene, il problema della droga e della microcriminalità giovanile, l'opportunità o meno di proiettare film simili nelle sale cinematografiche.

Noi siamo contro ogni forma di bigottismo e siamo qui ad esaltare quello che è stato indubbiamente uno dei fenomeni narrativi e cinematografici inglesi dello scorso decennio, uno di quei fenomeni "alternativi" che lentamente ed epidemicamente divengono "di massa" e punto di riferimento per un nuovo genere che si stacca dai precedenti e diventa "a sé stante".

Che tipo di musica poteva ascoltare il protagonista tipo di un romanzo simile?
Di quali pillole musicali poteva nutrirsi?
In quali generi potevano identificarsi i giovani di quel periodo?
I chitarroni dei Guns e della scena grunge avevano già spazzato via il rock troppo plastificato degli anni '80; gli abituali frequentatori dei dance floor si erano stancati della dance a battuta lenta da ballare sulla mattonella e trovarono nuovi stimoli dapprima nella breve stagione dell'acid-jazz e subito dopo in quella più fortunata della house e della techno.

Il soundtrack di Trainspotting riesce a coniugare tre anime.
La prima anima è quella dei classici del rock, qui rappresentati da due intoccabili, due icone che sovente raccontano storie metropolitane ripiene di sesso sfrenato, droga, violenze e piccoli crimini: Lou Reed (presente col superclassico Perfect Day tratto dal capolavoro Transformer) ed Iggy Pop.
Il film contribuì non poco al rilancio in grande dell'Iguana, qui protagonista con la trascinante Lust for Life (una via di mezzo fra la spensierata cavalcata rock e la potenza di uno schiaffo in pieno volto piazzato proprio in apertura del disco) e la soffusa Nightclubbing, azzeccata scelta che ci introduce alla seconda anima della colonna sonora: la club-culture.
I rave party, spesso clandestini, furono straordinari momenti di aggregazione acida all'alba degli anni '90.
Extasy a volontà per l'anima fondamentale del disco come del film.
Gli Underworld riuscirono con Born Slippy (tema portante e caratterizzante del lavoro) a portare la techno music in vetta alle hits: è un brano epocale che diventerà per sempre uno dei massimi punti di riferimento del genere.
Non da meno sono le prestazioni dei Leftfield (altri paladini del movimento) e dei Bedrock.

E' soprattutto la parte finale del disco a spostarsi prepotentemente verso le sonorità techno, alla quale strizzano l'occhio, ma in maniera meno esasperata, i momenti trance di Primal Scream e Blur: Sing è una delle tracce più belle della colonna sonora.
I Blur sono l'anello di congiunzione con la terza anima del disco, l'anima brit-pop, che in quegli anni impazzava nelle classifiche inglesi (e non solo), alimentata ad arte dalla sfida (più che altro inventata dalla stampa specializzata per sostenerne le vendite) Blur - Oasis.
Oltre alla band di Damon Albarn (che appare anche da solo nella conclusiva Closet Romantic) ci sono Pulp (gettonatissimi in quei giorni), Sleeper ed Elastica (la quale leader Justin Frischmann era proprio la fidanzatina di Albarn).

C'è anche spazio per le eteree visioni di Brian Eno, artista trasversale ed ipnotico al punto giusto, tanto da poter degnamente figurare nella tracklist, e per il techno-pop dei New Order, altri intoccabili se non altro per essere stati la derivazione iper commerciale dei Joy Division.

Trainspotting è un bel compendio musicale per "viaggiare" indisturbati; un disco che mi sento di consigliare vivamente a chi segue costantemente le evoluzioni della club-culture ma non disdegna i grandi classici, specie se strafatti e maledetti.
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DICK CAUGHAN : Scottish spirit around the world


Sempre in tema di terra scozzese, parliamo di musica delle highlands, con la biografia di uno degli artisti più amati nella vecchia Scoza: Dick Caugham.

Dick Gaughan è uno scozzese, di Leith nella parte sud del Firth of Forth. Leith, un tempo porto a sé, ha fatto parte di Edinburgo sin dagli anni venti del secolo scorso, pur mantenendo una propria identità.
Richard Peter, il più grande di tre fratelli, nasce nel 1948. Per pura coincidenza, l’evento ha luogo al Rottonrow Maternity Hospital di Glasgow mentre il padre sta temporaneamente lavorando come motorista alla Colville’s Steelworks e così Dick passa i primi cinque anni e mezzo della sua vita a Rutherglen, un periodo di cui dice dice non ricordare molto se non di essere stato investito da un autobus. Un fatto che deve avere avuto comunque un profondo effetto, visto che dopo ciò se ne va a Leith dai nonni paterni con cui vivrà sino al ritorno dei genitori, senza mai esser tornato a Rutherglen da allora!
La madre, Frances MacDonald, era una scozzese delle Highland, originaria di Bohenie nel Lochaber, la cui prima lingua era il Gaelico. Cantava sia in Gaelico che in Inglese e vinse una medaglia d’argento a uno dei Gaelic Mods quand’era bambina negli anni ’30 alla scuola di Arisaig. Il padre, Dick, era nato a Leith da padre irlandese, parlava irlandese e suonava il violino, veniva da Doohoma nella contea di Mayo. La nonna di Gaughan, Bridget Madden, nata a Glasgow da genitori irlandesi di Killala, suonava la fisarmonica ed era anche cantante, solo in Inglese. Gaughan dunque è da subito immerso nelle tradizioni musicali e nella cultura gaelica, sia di Scozia che d’Irlanda, elementi che, naturalmente, faranno da base alla sua attività.
È musicista professionista e cantante sin dal gennaio del 1970. Suona la chitarra dall’età di sette anni e il suo primo album solo è del 1971. Ha lavorato soprattutto in ambiti noti come "Folk" o "Celtic", ha registrato da allora con continuità, in molti paesi e in differenti combinazioni. Ha anche lavorato parecchio come musicista di studio in un’ampia varietà di stili musicali. In tutto questo tempo è stato anche molto attivo come produttore discografico, programmatore midi e compositore (musica da film per la BBC, lo Scottish Arts Council e produzioni indipendenti), attore e direttore di musica per il teatro, avendo fatto parte, in entrambi i ruoli, della rinomata 7:84 (Scotland) Theatre Company nei primi anni Ottanta, cantautore le cui canzoni sono state registrate, tra gli altri, da Billy Bragg, Mary Black e i Capercaillie, ha anche scritto per molti anni sulle colonne della Folk Review sul finire degli anni Settanta, sia come recensore che come articolista. Ha contribuito alla creazione dell’associazione Perform nei primi anni Ottanta e ne è stato a capo per i primi due anni.
È stato uno dei primi membri dei Boys of the Lough (è nel primo album) e ha fatto parte di quella che è poi diventata una leggenda del folk-rock scozzese (per quanto scontata possa essere la definizione!), i Five Hand Reel, con cui ha fatto tre dischi. Nei Novanta ha fondato e prodotto i Clan Alba, di breve durata ma straordinari.
Di gusti veramente eclettici, ha suonato ogni genere dal free jazz al rock alla country music e ha studiato orchestrazione per sviluppare le proprie capacità compositive e relative alla programmazione midi. Suona gran parte degli strumenti con un manico a tasti ma il suo strumento naturale, e forse quello che lo rende più felice, è la chitarra acustica.
Il suo più grande amore sono le antiche ballate tradizionali scozzesi, note anche come ‘The Muckle Sangs’ (le grandi canzoni). Nel corso degli anni, Gaughan ha registrato e portato in scena molte di queste "Muckle Sangs", Le Grandi Ballate Scozzesi, molte delle quali hanno secoli di vita e i cui motivi e temi sono rintracciabili andando ancora più indietro nei millenni. Piene di riferimenti mistici e sovrannaturali, sono ricche di pathos e piene di energia e Gaughan ha sempre sottolineato il privilegio di aver potuto ascoltare la più grande interprete di queste ballad, Jeannie Robertson, e di imparare da lei.
Gaughan è anche stato sempre appassionato di computer, perlomeno a partire dal 1984 quando prende parte a un corso di programmatore al Telford College di Edinburgo, in convalescenza per problemi alla voce passrà diversi anni come operatore di sistema in uno dei forum di Compuserve ed è tuttora regolare lettore e partecipante occasionale nei newsgroup di Usenet rec.music.celtic e uk.music.folk.
È stato anche costruttore e disegnatore di websites sin dalla nascita della rete Internet, un’esperienza che riverserà nella propria società di web design, la Gaelweb, fermamente convinto del principio che tutti i siti debbano essere disegnati in maniera da essere accessibili a chiunque indipendentemente dal software, con particolare riguardo al gran numero di disabili che fa uso della rete.
La lista delle sue principali influenze comprende Karl Marx, Groucho Marx, Flann O'Brien, Bert Jansch, Betty Frieden, John Lennon, Vladimir Illych Lenin, Hugh MacDiarmid, Davey Graham, Doc Watson, Hank Williams, Jeannie Robertson, Ewan MacColl, Somerled, Bertolt Brecht, sua madre (la madre di Gaughan, non quella di Brecht), suo padre (idem), Calgacus, Dolinna MacLennan, Cavallo Pazzo, Sandy Denny, Martin Carthy, Clarence White, Sean O'Riada, Jack Mitchell, John MacLean, Big Bill Broonzy, Hamish Henderson, Robert Burns e tutti quelli che ha incontrato, letto, visto, sentito o con cui ha parlato.


Discografia
No More Forever – 1972
The Boys of the Lough – 1973
The Bonnie Pit Laddie – 1975
Kirst O’Gold – 1976
The Second Folk review Record – 1976
Five Hand Reel – 1976
Sandy Bell’s Ceilidh – 1977
Coppers and Brass – 1977
For A’ That – 1977
Songs of Ewan McColl – 1978
Gaughan – 1978
Earl O’ Moray – 1978
Folk Friends 2 – 1981
Handful of Heart – 1981
Parallel Lines – 1982
A Different Kind of Love Song – 1983
Songs for Peace – 1983
Out of the Darkness – 1984
Fanfare for Tomorrow – 1985
Live in Edinburgh – 1985
True and Bold – 1986
Woody Lives – 1987
Call it Freedom – 1988
Clan Alba – 1995
Sail On – 1996
Spirit of Ireland – 1997
Redwood Cathedral – 1998
Outlaws & Dreamers - 2001