martedì, dicembre 20, 2005

DISCHI CHE HANNO FATTO LA STORIA

Torniamo a parlare di pietre miliari nella storia della musica e lo facciamo coi Deep Purple: Federico ci presenta "In rock", disco del 1970 entrato prepotentemente nella leggenda.


Titolo e copertina già dicono molto sul contenuto di questo disco. Nella cover viene raffigurato un simil-monte Rushmore, dove scolpiti nella pietra, anziché i volti dei quattro presidenti americani, vi sono i testoni con rispettive lunghe chiome dei giovani (al tempo!) musicisti. Decisamente una dichiarazione d'intenti, perché con questo disco i Deep Purple scolpiscono in modo decisivo il loro nome nella memoria di tanti rocker. Qui i Nostri raccolgono tutte le loro conoscenze musicali (soprattutto il tastierista Jon Lord e il chitarrista Ritchie Blackmore vantano una preparazione classica notevole) e le gettano a spintoni nei loro amplificatori roventi: il risultato è una musica autenticamente "rocciosa", dal suono sfrontato e aggressivo, maestoso e roboante, ottenuto miscelando le radici blues con spruzzate di reminiscenze sinfoniche. La band, inoltre, si è da poco rinnovata: sono arrivati il solido bassista Roger Glover e il cantante Ian Gillan; quest'ultimo è un ragazzotto inglese dalle doti incredibili: voce potente e fresca, estensione invidiabile, nonché interprete brillante e istrionico. Ed è anche grazie a questi due innesti che il gruppo compie il fatidico salto di qualità.

La puntina del giradischi si appoggia sul vinile lucente e dopo pochi istanti dalle casse dello stereo esce un frastuono assordante: chitarre e tastiere "svisano" in un caos delirante, quindi la quiete improvvisa di un organo leggero e infine si parte a tutta velocità: "Speed King" è uno dei pezzi con cui credo si possa dar meglio forma al concetto di "rock"; scattante e irriverente, strappa via l'ascoltatore dalla sedia e gli regala una carica invincibile: tiratissima dall'inizio alla fine. Segue il blues sporco e bollente di "Bloodsucker" con gli assoli eleganti di Blackmore e Lord che si incrociano: i Deep Purple sanno "picchiare" come pochi, ma mantengono sempre un gusto notevole per la melodia raffinata (e sta soprattutto qui, per chi scrive, la loro grandezza). Il primo lato si chiude con la celeberrima "Child in Time": una ballata blues in continuo crescendo grazie alle progressioni vocali e strumentali che l'hanno resa famosa, nelle quali la band si lancia in lunghe parti solistiche; energia e watt a palate, ma anche tanta classe.

Neanche il tempo di capovolgere il disco che si riparte subito col riff semplice e diretto di "Flight of the rat", arioso brano tipicamente hard-rock, che dà modo a tutti i musicisti di mettersi in evidenza con parti solistiche sempre ben disegnate. "Into the fire" e "Living wreck" sono forse i pezzi meno ispirati, ma scivolano via con piacere. Si chiude in grande stile con "Hard lovin' man": è un brano dalle intenzioni psichedeliche e decisamente sperimentale, ma suonato con una furia prodigiosa, tanto che molti gruppi thrash-metal degli anni 80 devono averci tratto più di qualche spunto.

In conclusione, si tratta di un disco manifesto dell'hard-rock; in perfetto equilibrio fra un suono grezzo e partiture curatissime, è per chi scrive il capolavoro dei Deep Purple. Certo, qui non troviamo le sperimentazioni dei Led Zeppelin più mistici o l'intrigante anima dark dei primi Black Sabbath; c'è però la ricerca di una musica che sappia far convivere la durezza e il divertimento del rock'n roll con la magniloquenza della musica classica (tanto che parte della stampa dell'epoca - siamo nel 1970 - inserì "Deep Purple in Rock" all'interno del nascente filone progressive). Da avere

lunedì, dicembre 19, 2005

LA CRISI hardcore from Milano


Nati nel 2003 a Milano, i La Crisi vengono alla luce per un forte bisogno di espressione musicale da parte di Mayo, voce del gruppo. Già cantante nei primi SOTTOPRESSIONE, Mayo era appena tornato da Londra dove aveva passato tre anni a fare cappuccini e a scrivere canzoni...Appena rientrato in Italia immediatamente decide di formare una band. Dopo la sua dipartita dai Sottopressione nel 1996, Mayo era stato in diverse altre bands quali MURUROA e CLEFT (un progetto con membri di Burning Defeat, Mudhead e Concrete), ma mai più come cantante e pure cercando di suonare qualcosa di differente dall hardcore. A Londra però, comprando la versione cd di Rock For Light dei Bad Brains (un disco che aveva sentito gia un milione di volte), in un negozio di dischi usati, accade qualcosa: appena H.R. comincia a gridare Banned In D.C., At The Movies, PMA... Mayo realizza che se davvero si ama l hardcore, se non lo si considera solo un genere musicale ma uno stile di vita...non si può smettere di amarlo, non ce ne si può stancare e...bisogna suonarlo! Veloce, Incazzato... alla vecchia maniera! Niente metal, solo pura rabbia hardcore! Ecco perchè, non appena in Italia, Mayo chiede al suo fratellino Dario (già chitarrista dei Fiftyardsmore - Riot Records) di aiutarlo nel suo progetto. Quando un fratello chiama, si sa, un fratello deve rispondere! Così Dario viene automaticamente recrutato alla chitarra. Chi meglio di Diste poteva fare da bassista? Nessuno. Amici da quando avevano solo 8 anni di età, Diste aveva già condiviso il palco con Mayo nei Sottopressione e suonato in svariati progetti come i MAZE (Inaudito Records), GHCP (Vacation House Records) e avviato un suo nuovo progetto, gli STILENE (www.stilene.com) che continua a portare avanti ancora oggi. Una chiamata da parte di Mayo e Diste, contro ogni aspettativa, era della partita. Trovare un batterista è stato un pò più impegnativo. I La Crisi hanno fatto un paio di prove con Dario C. (anche lui con un passato nei Sottopressione, ora nei De Crew) ma era troppo impegnato con il suo altro gruppo e con il lavoro per seguire seriamente il progetto, quindi la band ha dovuto cercare qualcun altro. Fortunatamente il "noto" Paolino gia batterista per bands come WENDIGO, FOR I M BLIND e MINNIES si dimostra interessato al gruppo e finalmente La Crisi comincia a lavorare. Il 28 maggio 2003 i La Crisi suonano il loro primo concerto al Dauntaun del Leoncavallo di Milano con De Crew e Wendigo, di li a poco viene pubblicato il primo demo della band che in soli 3 concerti vende 100 copie e viene ristampato tre volte prima di entrare in studio, un anno dopo, per registrare il primo vero e proprio full lenght per la Hurry Up Records. Fino ad oggi i La Crisi hanno diviso il palco con RAW POWER, DARKEST HOUR, DECREW, KAFKA, CUT THE SHIT, WOPTIME, e molti altri.

venerdì, dicembre 16, 2005

i martiri del rock n' roll : CLIFF BURTON

Clifford Lee Burton è nato alle 21:38 del 10 febbraio 1962 all'Eden Hospital Castro Valley, a San Francisco, California, da Jan e Ray Burton.

I suoi genitori erano due veri hippy di San Francisco. Il padre veniva dal Tennessee e lavorava come assistente tecnico nelle autostrade nella Bay Area di San Francisco. La madre era nata in California e lavorava nella scuola di quartiere di Castro Valley, dove insegnava agli studenti disabili.
Cliff aveva un fratello, Scott, ed una sorella, Connie, entrambi più grandi di lui.

Cliff con i suoi genitori!
Un'altra foto di Cliff da giovane.

Fu dai suoi genitori che assunse la sua immagine e i suoi ideali. Era una persona molto distesa, rilassata, felice e diretta, con una spiccata attitudine alla sperimentazione.

Cliff era alto, deciso, e nel braccio destro sfoggiava un tattoo raffigurante il logo con il teschio sogghignante dei Misfits. Non gli interessava sapere ciò che la gente diceva di lui.
Adorava la sua birra, il suo joint e aveva un suo personalissimo stile: guidava una Volkswagen station wagon del 1972 (che chiamava 'Grasshopper'), indossava jeans bell-bottom, leggeva H.P.Lovecraft e studiava pianoforte.
Crebbe vicino San Francisco con l'ex chitarrista dei Faith No More Jim Martin.
La sua biografia, piuttosto che nelle parole, dev'essere letta dalla sua musica.

Il tatuaggio di Cliff


Cliff

Iniziò al suonare nel 1976. Steve Doherty fu il suo primo insegnante di basso, dal settembre 1978 al gennaio del 1980.
Lo introdusse a vari stili musicali che spaziavano dalla classica al jazz.
"Fu un bravissimo allievo, molto concentrato. Sapeva ciò che voleva. Era uno studente modello, di quelli non vengono mai senza aver imparato prima la lezione, e questa non é una cosa tanto comune. Facemmo uno studio di vari tipi di ritmi. Sentii anche alcune cose che studiavamo insieme rifatte in maniera personale ed originale nel suo stile musicale".
Continua a descrivere Cliff come uno studente serio e silenzioso: "Avevo molti studenti seri, ma lui aveva un modo raro ed interiore di produrre la sua musica. Faceva le cose ancor prima che gliele dicessi".

Nel 1982 i Metallica si resero conto che Ron McGovney non era all'altezza di suonare il basso con loro: non prendeva la band abbastanza seriamente, tutto il contrario di Lars, James e delle loro ambizioni.
Le cose non andavano molto bene per i Metallica: i problemi si identificavano anche con Dave Mustaine, a causa del forte uso di alcool e droghe e dei suoi terribili e sempre più frequenti conflitti con James, dentro e fuori dal palco. Proprio Hetfield, tra l'altro, decise di non cantare più, non sentendosi all'altezza, per concerntrarsi solo sulla chitarra ritmica.

Cliff fu notato da Lars e James nell'agosto del 1982.
Una delle principali band con cui i Metallica ebbero intensi rapporti furono i Trauma. Oltre ad essere una delle migliori band nel giro della Bay Area, il gruppo stava raggiungendo una certa popolarità grazie alla loro demo (composta da una sola canzone!!!) 'Such a Shame', che venne inserita nella compilation 'Metal Massacre II'. Ma la cosa più importante era che i Trauma avevano, tra le loro file, 'Il bassista più Head Banging' che Lars & James avessero mai visto: Cliff, appunto.

I due lo notarono inizialmente durante uno show al 'Troubadour', a Los Angeles, e rimasero molto impressionati dal suo modo di suonare il basso.
James disse: "Abbiamo sentito un assolo selvaggio ed abbiamo pensato: "Non vedo nessun chitarrista sul paco...". Venne fuori che era il bassista, Cliff, con un wah-wah ed i suoi capelli fluenti. Non gli interessava della gente che c'era ad ascoltarlo, guardava solo ciò che suonava".
I Metallica fecero di tutto, allora, per averlo nella band.
Burton si presentò alla stazione di Los Angeles con un ultimatum: se i Metallica si fossero trasferiti a San Francisco, lui si sarebbe unito a loro.

Lars, James e Dave, pur con tutti i loro problemi, si trasferirono, ed ebbero un migliore impatto rispetto a Los Angeles.
La prima jam session con Cliff ebbe luogo a casa di Mark Witaker, che aveva uno studio all'interno del suo garage, il 28 dicembre 1982.
Dopo il trasferimento James e Lars vivevano là.
Il 5 marzo dell'anno successivo registrarono una demo di 4 tracce e Cliff fece la sua prima apparizione con i Metallica al 'The Stone' di San Francisco: fu questo l'inizio di tre anni indimenticabili.

Burton viveva con la sua famiglia a San Francisco e per tre anni e mezzo lavorò duro per portare i Metallica al top.
Dopo il rimpiazzo di Ron McGovney nel 1982, iniziò subito a far parlare di sè, per via del suo classico stile 'mulino a vento' (i suoi capelli che svolazzavano in tutte le direzioni) e per il suo look 'fuori data'. Con i capelli cadenti, era sempre vestito con un paio di jeans bell-bottom e una giacca in jeans scolorita. Se c'era freddo indossava, in aggiunta, una camicia in flanella.

Fuori dalle scene rimaneva sempre in secondo piano, l'esatto opposto del suo essere selvaggio e aggressivo sul palco. Il suo sense-of-humor era grandioso, così come i suoi assoli di basso e tutto ciò che riguardava la sua presenza on-stage.
Era di sicuro il componente più in evidenza all'interno della band.
Cliff fu inoltre autore di alcuni testi dei Metallica, nonché principale responsabile dell'ampliarsi dei temi trattati. Come Kirk adorava le opere di H.P. Lovecraft.

Un esempio dell'attitudine di Burton on-stage si ebbe nell'estate del 1985, durante l'apparizione al Festival di Donington (il 17 agosto). Dopo aver evitato una pera lanciata dal pubblico, che andò a colpire in pieno la custodia del suo basso, ci girò ironicamente intorno per poi raccoglierla, darle due morsi e rilanciarla tra il pubblico.

Cliff era inoltre un solista eccellente e di grande inventiva, e il suo ingegnioso uso della distorsione e del wah-wah rese pezzi come 'Anesthesia - Pulling Teeth', uno dei cavalli di battaglia delle esibizioni live della band.
Ma ancor di più: era una persona molto amata dai fans dei Metallica e non rifiutava mai due chiacchiere con loro, nonostante la stanchezza del dopo concerto. Fu certamente il componente più apprezzato.

Master of Puppets

Nel frattempo, ci si chiedeva se il 1986 sarebbe stato l'anno dei Metallica. Dopo tutto, la loro terza fatica, 'Master of Puppets', aveva letteralmente spopolato e li aveva definitivamente consacrati nel mondo dell'heavy metal.
Ce l'avevano finalmente fatta, e sembrava che nulla potesse fermarli nella loro ascesa alla gloria. Fu proprio allora, invece, che durante l'acclamato tour europeo del suddetto album, qualcosa andò storto: fu la catastrofe.

27-09-1986: la notte della morte di Cliff

Il memoriale per Cliff si tenne il 7 ottobre del 1986. La sua famiglia e gli amici lo ricordarono come un ragazzo di mondo con un grande amore per Johann Sebastian Bach, il cibo messicano e la sua città natale.
I suoi genitori lo definirono 'un figlio sensibile e pensieroso'. In merito alla sua musica dissero: "Dormiva tutto il giorno e stava sveglio tutta la notte per andare a suonare, ma non ci ha mai svegliati. Una volta, un ragazzo bussò alla porta, di mattina presto. Chiedeva di Cliff per avere un suo autografo in una t-shirt. Così lui venne barcollando alla porta e disse: "Certamente, ecco il mio autografo!"".
Connie, sua sorella, disse: "Una volta gli chiesi: "Come ti senti ad essere una rockstar?". Lui si incazzò. Mi chiese di non definirlo mai più in quel modo".
Alla fine del memoriale fu messo in suo onore il disco con 'Orion'.
L'elaborato pezzo strumentale é senza dubbio il momento più significativo della carriera creativa del giovane bassista, in quanto, come James Hetfield ricorda, Burton era il musicista più 'istruito' di tutti i Metallica, e 'Orion' si deve in gran parte a lui.
Le ceneri di Cliff furono sparse in vari punti della Bay Area, a San Francisco.

La pietra commemorativa a San Francisco.

Il vuoto lasciato dalla morte di Cliff occupò la maggior parte delle pagine dei giornali musicali che uscirono la settimana dopo la tragedia.
Su 'Kerrang!', ad esempio, furono inseriti degli annunci di amici e fans; una triste pagina doppia completamente nera fu interamente riempita di annunci della famiglia Zazula ("L'ultimo musicista, l'ultimo head-banger, l'ultima scomparsa, un amico per sempre") e degli Anthrax ("Bell-Bottom, sarai sempre il migliore!!! Ci mancherai"), mentre la Music for Nations inserì una semplice, ma efficace scritta: "Cliff Burton 1962 - 1986". Tutti furono colpiti da un profondo dolore.

Gen Howards ricorda: "Quando finì il tour di 'Master of Puppets', aspettai che la band iniziasse il tour europeo, per andarmene in vacanza in Cornovaglia. Eravamo tutti felici di ciò che stava accadendo, in particolare perché i Metallica stavano pian piano diventando una delle più grandi e famose metal band. Avevamo lavorato molto per arrivare a quel punto, e fu proprio allora, quando tutto sembrava andare per il meglio... Era mercoledì mattina quando aprii il "Sounds" e rimasi shoccato. Fu un vero colpo...un dolore incredibile..."

Un tributo a Cliff fu reso dall'home-video 'Cliff'em All', una raccolta di bootleg e brevi apparizioni in tv dei magici tre anni in cui fu nella band, comprensiva di alcuni dei suoi assoli di basso.
Un altro tributo è la canzone 'To Live is To Die', contenuta nell'album '...And Justice For All'. Strutturata sulla base di alcuni riffs scritti proprio da Cliff, fu completata da James e Lars con la parte strumentale definitiva. Burton scrisse anche un breve verso che James lesse nel mezzo della canzone, e il titolo della stessa é una citazione di una frase di Cliff:
"Quando un uomo mente, uccide una parte del mondo.
Queste sono le pallide morti che gli uomini chiamano impropriamente le loro vite.
Non sopporto più di essere un testimone di tutto questo.
Possa il regno della salvezza, non riportarmi più a casa".

mercoledì, dicembre 14, 2005

AGNOSTIC FRONT ritorno in Italia


A due giorni dal loro ritorno nella nostra penisola, ecco le date live degli HARDCORE GODFATHERS.
Dec 16 - Turin - Faster Club (Italy)
Dec 17 - Roma - The Cube Club (Italy)
Dec 18 - Bassano Del Grappa - La Gabbia Club (Italy)





martedì, dicembre 13, 2005

NIQUE LA POLICE l'hip hop d'oltralpe


Da quasi vent’anni la Francia è ormai universalmente considerata come la seconda scena hip hop più florida e interessante. Le caratteristiche di multirazzialità e multiculturalità, le sterminate periferie e le tensioni sociali hanno fatto sì che i giovani francesi, sin dalla metà degli anni ottanta, assimilassero il rap più di quanto non sia accaduto in qualsiasi altro paese d’Europa e del mondo, ad eccezione ovviamente degli Stati Uniti. Lo stile viene personalizzato e adattato in base al contesto: le metriche e le basi classiche dell’hip hop sono spesso soggette a influenze etniche, arabe, ma talvolta anche tribali africane, ad indicare le origini della maggior parte degli artisti. Capita che dj e produttori attingano anche da vecchi successi di musica leggera francese: celeberrimo l’estratto di una canzone di Edith Piaf, “Non, Je Ne Regrette Rien”, usato dal dj Cut Killer per un pezzo prodotto per la colonna sonora del film “L’Odio”, un “must” per qualsiasi appassionato di hip hop e sottoculture d’oltralpe. Non mancano alcune derivazioni verso reggae, dancehall e raggamuffin, come nel caso di Raggasonic, Neg’Marrons e Saian Supa Crew, che spesso cantano su “riddims” giamaicani, ovvero riutilizzano ritmi di canzoni di noti artisti reggae riadattandoli per le loro liriche in francese. Così come negli Stati Uniti, anche in Francia si diffonde un’altra piacevole derivazione dell’hip hop: la musica r’n’b, di cui Saya è la massima esponente. Infine, è possibile riscontrare qualche derivazione commerciale, come gli Alliance Ethnik, autori di un rap “festaiolo” e decisamente orientato sul funky, oppure come MC Solaar, che deve il suo successo a rime impegnate politicamente ma non violente né estremiste: una sorta di Frankie HI NRG all’ombra della Tour Eiffel.
Per quanto riguarda i contenuti, si può dire che oltre alle solite tematiche da ghetto, ovvero sparatorie, donne e vita da “gangsta”, rispetto al rap americano sia presente una maggiore “consciousness”, pertanto non mancano testi di denuncia sociale. Ciò non significa che il rap francese sia politicizzato, anzi, la ribellione viene dalla strada e non da ideologie, perciò i rapper francesi, anche quelli più impegnati in cause sociali e nell’antirazzismo, sono ben lontani dai proclami politici delle italiche “posse”. Un tema ricorrente è la forte ostilità nei confronti della polizia, vista come una forza d’occupazione nelle “banlieues” (le periferie delle grandi città francesi), capace solamente di trattare tutti i giovani come fossero criminali, e soprattutto considerata l’unica forma di presenza dello stato bianco e borghese, che dimentica i quartieri dormitorio quando si parla di assistenza, istruzione e lavoro, ma se ne ricorda perfettamente quando rappresentano un problema per l’ordine pubblico. Un altro nemico “numero uno” è Jean-Marie Le Pen, rappresentante del Front National, partito politico di estrema destra che riesce a raccogliere numerosi voti, alimentando le paure della Francia bianca grazie a una campagna di criminalizzazione degli immigrati e dei loro figli. Nelle metropoli, specialmente a Parigi e nel sud del paese, sono all’ordine del giorno pestaggi e scontri tra giovani immigrati e skinheads e militanti del Front National. È in questa cornice che si sviluppano i forti contrasti, etnici ma soprattutto territoriali e generazionali, che nei primi anni novanta hanno dato luogo al fenomeno dei “casseurs”, ovvero dei giovani che, dalle periferie parigine, scendevano a devastare e saccheggiare i negozi e le proprietà del centro. Nella maggior parte dei casi, si può dire che tale fenomeno vada di pari passo con l’hip hop: i “casseurs” sono spesso gli stessi ragazzi che, tipicamente abbigliati con appariscenti tute Lacoste o Sergio Tacchini e scarpe Nike, danno luogo a improvvisate jam nelle piazze dei quartieri periferici, con sound system improvvisati e giovani MC che sputano veleno contro istituzioni, sbirri e politici. Sono proprio gli anni novanta il periodo di boom dell’hip hop: nascono migliaia di collettivi e band in tutta la Francia, anche se a fare la parte del leone sono le città più grandi e cariche di tensioni: Parigi e Marsiglia. La scuola parigina è considerata quella più “hardcore”, con testi più duri e vicini al “gangsta rap”. Tra i principali esponenti del rap parigino sono da ricordare i capostipiti Assassin e NTM (Nique Ta Mere, ovvero “Fotti tua madre”), e quindi Ministere Amer, Sniper, Rohff, Disiz la Peste e Busta Flex. I marsigliesi vengono invece considerati più inclini all’impegno sociale: gruppi come IAM e Fonky Family, pur restando fedeli all’ottica anti-sistema, prediligono usare armi come l’ironia e la cultura invece degli assalti verbali tipici dei loro colleghi della capitale. Assalti verbali che, talvolta, costeranno agli artisti denunce e arresti, come nel caso degli NTM, condannati a sei mesi di prigione nel 1996 per un’invettiva contro la polizia (nel brano “Police”) o più recentemente degli Sniper, denunciati per antisemitismo e incitamento alla violenza nel 2003, dopo la pubblicazione della canzone “La France”, contenuta nell’album “Du Rire aux Larmes”. Attualmente, il rap francese è tornato alla ribalta in seguito ai disordini di Parigi del novembre 2005. Guarda caso, le zone dell’hinterland di Parigi in cui è nata e si è diffusa la sommossa sono le stesse che hanno visto nascere e svilupparsi il rap francese: Saint-Denis, Sarcelles, Aubervilliers, Clichy-sous-Bois. Diversi politici hanno accusato i musicisti di fomentare l’odio verso polizia e istituzioni, mentre alcuni giornalisti e sociologi hanno cercato di scavare più a fondo nel fenomeno, provando a intervistare alcuni rapper e ad analizzare le vere cause della rivolta. Ne è venuto fuori quello che gli esperti del settore affermavano da tempo: le periferie erano una bomba ad orologeria già da anni, la breve comparsa dei “casseurs” era solamente un’avvisaglia di ciò che poteva accadere da un momento all’altro e che accadrà ancora, se governo e istituzioni continueranno a incrementare la repressione nelle banlieues, senza affrontare mai i problemi che sono alla base della sommossa: disoccupazione, conflitti razziali, abbandono scolastico, brutalità poliziesca e differenze sociali. Kool Shen, storico leader degli NTM, afferma infatti: “Allora, incendiare delle macchine e delle scuole può essere la soluzione? Certamente no, anche se sembra essere rimasta la sola cosa da fare. Guarda caso dopo gli scontri il governo ha deciso di sbloccare i fondi per creare ventimila nuovi posti di lavoro…”. Del suo avviso sono la maggior parte degli esponenti dell’hip hop parigino: nessuno con le sue canzoni ha incitato i giovani a compiere devastazioni, ma tutti all’unisono vedono quanto è successo come l’effetto boomerang inevitabile di una politica di esclusione che va avanti da decenni, sin dalle prime ondate immigratorie provenienti dalle colonie.
Per chi fosse interessato ai recenti avvenimenti nei sobborghi parigini, con un occhio particolare alla cultura hip hop, consiglio il libro “Banlieue”, di Guido Caldiron, recentemente edito da Manifesto libri.
Andre


lunedì, dicembre 12, 2005

RECENSIONE DELLA SETTIMANA


TITOLO : The good the bad & the 4 skins
AUTORE : The 4 skins
PROVENIENZA : England
GENERE : oi!
ANNO : 1982

The Good The Bad and The 4 Skins è uno di quei dischi che si possono considerare cult, per tutti quelli che, come me, si interessano al mondo delle sottoculture. Un disco crudo, grezzo, diretto, che ha segnato la storia dell'OI! e colpito al cuore i perbenisti. "Noi non incitiamo alla violenza- ha detto una volta il vocalist Panther- noi ci limitiamo a raccontare quello che succede" e ciò non può essere più vero.

Il disco si presenta lla grande fin dalla copertina : il buono è rappresentato dal bel sedere di una procace ragazza, il cattivo da due poliziotti in assetto da battaglia, i 4 skin dai quattro londinesi in posa inequivocabile.

L'album è diviso i tre parti : la prima è regstrata in studio e parte con la melodica "plastic gangster", bel pezzo un po' bugiardo, che non rende l'idea di cosa sarà il lavoro che si va ad ascoltare, così come "Yesterdy's heroes", mentre "Jealousy" ci butta a capofitto nell'OI! più crudo.
"Justece" "Jack the Lad" e le altre songs registrate in studio rendono non poco, ma è nella seconda parte, quella Live, che i 4 inglesi danno il loro meglio.

E' qui infatti che troviamo i brani che ci lasciano senza fiato : si parte a mille con "Wonderful world" "1984" e "Sorry", prima che la classica "Evil" introduca i tre bani che hanno fatto la storia della band. Una dietro l'altra infatti, il quartetto ci propone "I don't wanna die" "A.C.A.B." e "Chaos", suonate come sempre in modo diretto, durissimo, spontaneo e grezzo. La chitarra di John Jacobs è ignorante e distorta, così come le liriche, arruffate e grezze, ma di un impatto clamoroso.
"All cops are bastards" gridano a gran voce i 4 Skins, prima che le atmosfere tornino ad essere più pulite con le bonus track che compongono la terza parte del disco.

"One law for them" e "Low life" ci preparano al gran finale, con "Bread or blood" "Get out of my life" e "Seems to me", immagini della lotta estrema dei kids che rivendicano, spesso con la violenza, i loro diritti basilari.
"Norman" chiude un'ora di musica diretta che non piacerà agli esteti e agli amanti del bel suono, ma che meglio di altri, riassume il disagio delle periferie londinesi di quegli anni....

A.C.A.B.

Ale "moneta"

domenica, dicembre 11, 2005

INERDZIA fight n' fun


In un'intervista di qualche tempo fa, il nostro Tommaso ha incontrato gli Inerdzia, gruppo emergente della scena dei Centri Sociali. Duri e incazzati, capitanati dalla ex Los Fastidios Elena, ci raccontano i loro progetti, attraverso la voce del loro chitarrista...

Allora a settembre dovrebbe uscire il vostro nuovo album... potete darci qualche anticipazione?

Non so dove tu abbia recuperato questa informazione (magari te lo ho detto proprio io in un momento di eccessivo alcolismo...) ma il nuovo album credo che non sarà pronto prima del prossimo inverno. Comunque per settembre stiamo cercando di far uscire un singolo che divideremo con i Merdonald's. Conterrà due canzoni per ciascun gruppo e verrà stampato probabilmente solo in vinile. Una delle due degli Inerdzia sarà intitolata "Cosmica", come la nostra seconda demo tape... e infatti abbiamo ripreso da quel demo il testo della title-track e ci abbiamo messo sotto dei giri diversi. L'altra canzone sarà invece totalmente inedita e non so ancora di cosa parlerà esattamente poiché Elena sta modificando in continuazione il testo.

Avete qualcos'altro di già pianificato per l'immediato futuro?
A parte i vari concerti in giro per l'Italia e per l'Europa penso che dal nuovo singolo ricaveremo un video che sarà diretto dal regista Bibi Bozzato, col quale abbiamo già collaborato in passato.

Voi suonate spesso nei paesi dell'Est... Com'è la reazione del pubblico lì?
La risposta che abbiamo avuto li è stata sempre molto calorosa. Ovviamente è capitata anche la data in cui ci siamo trovati a suonare tipo di lunedì in un qualche piccolo paesino perso per le campagne polacche, ma anche qui ci siamo comunque divertiti a bere, suonare e ballare con i pochi spettatori presenti. Ogni volta che torniamo da quelle parti abbiamo l'impressione che la gente abbia una grandissima voglia di sentire gruppi che suonano dal vivo e di divertirsi bevendo e pogando assieme, cosa che forse qui in Italia si sta un pochino perdendo.

Avete conosciuto qualche buona band locale?
In Slovacchia abbiamo suonato con due gruppi che sinceramente facevano uno pseudo-metal abbastanza schifoso... in compenso però abbiamo conosciuto i ragazzi dei Rozpor, un gruppo di Bratislava veramente valido.

Avete fatto parecchie date all'estero... qual è il paese in cui gli Inerdzia vengono accolti e meglio?
Sicuramente l'Ungheria è il paese estero dove la gente ci apprezza di più: li siamo già stati 4 o 5 volte in tour, abbiamo un sacco di amici, la gente viene sempre molto numerosa ai concerti, c'è un etichetta di Budapest (la Nemart Records) che stampa i nostri dischi in cassetta... insomma, si è creata una bellissima situazione e infatti a dicembre saremo ancora li per suonare al loro Punk Christmas.

E in Italia, dove vi piace maggiormente suonare?
In Italia ci piace andare ovunque ci sia qualche nostro amico che viene a vederci. Se proprio ti devo dire un posto ti dico che in Sicilia io mi sono sempre trovato benissimo, ma penso che ognuno di noi preferisca un posto diverso...

Com'è stato, in passato, suonare con una band storica come gli U.K. Subs?
Molto divertente...

Nel 2002 "Tu Puoi" è stato ristampato dalla P.O.T.A. Records. Come siete arrivati all'accordo?
Non è stato difficile trovare un accordo con Stefano e Alberto della P.O.T.A.: noi stavamo cercando un etichetta per ristampare "Tu Puoi" perché era esaurito e non avevamo i soldi autoprodurcelo nuovamente, abbiamo chiesto alle varie etichette con cui avevamo collaborato in precedenza per compilation e cose del genere e loro sono stati fra i primi a risponderci positivamente dandoci molta fiducia.

Ma è stata una ristampa pura e semplice o è stato cambiato qualcosa, come la copertina o è stata inserita o tolta qualche altra canzone?
A parte una piccola fotografia all'interno del libretto non è cambiato nulla fra la prima stampa e questa della P.O.T.A..

Marco Nerd è da poco entrato a far parte del gruppo... come vi trovate con lui?
Con Marco ci troviamo estremamente bene: è una persona molto semplice, un buono d'animo con una grandissima passione per la batteria... esattamente ciò che stavamo cercando.

Lo conoscete da molto tempo?
Lo abbiamo conosciuto di recente tramite un amico comune anche se poi abbiamo scoperto di essere stati molto spesso agli stessi concerti senza esserci mai visti.

Inevitabile non parlare di questo... Come mai è avvenuta la scissione con i Los Fastidios?
Perché era arrivato il momento di proseguire per vie diverse, che ognuno percorresse autonomamente la propria strada... e tutti e quattro abbiamo semplicemente scelto, chi per una ragione chi per un'altra, quale strada preferivamo seguire. Soprattutto per me ed Elena gli Inerdzia sono sempre stati il progetto principale, ciò in cui abbiamo sempre creduto sia musicalmente che "concettualmente", ed è stato quindi normale che, arrivati ad un certo punto, le cose si siano evolute in questo modo. Penso che questa sia stata la soluzione migliore per tutti. Noi, perlomeno, siamo sicuramente più contenti e soddisfatti così.

Com'era nata, ormai due anni fa, l'idea di unire gli Inerdzia ed Enrico per dare vita alla nuova formazione dei Los Fastidios?
Seby e Mendez dei Derozer e Andrea si erano staccati da Enrico e lui, probabilmente perché ci si conosceva già da tempo, ha chiesto a me, Elena e Paolo se volevamo aiutarlo ed unirci al progetto. Noi abbiamo accettato ed abbiamo portato con noi anche il batterista degli Inerdzia.

Avete sentito il loro nuovo EP "Ora Basta"?
A dire il vero lo ho sentito una sola volta di sfuggita... comunque so come sono le canzoni visto che già le provavamo prima di separarci e una avevamo già cominciato a proporla dal vivo.

Ho visto che avete una biografia molto completa nel vostro sito... pensate che al "popolo punk" piaccia sapere a fondo la storia dei suoi beniamini?
Credo che a qualcuno interessino tutte le notizie sul gruppo, ad altri meno. E' per questo che sul sito ho inserito sia una versione dettagliata che una breve della biografia, così ognuno può scegliere.

sabato, dicembre 10, 2005

BLACK FLAG history from the beginning....


Il luogo è la California, quella della seconda metà degli anni '70. L'eco è quella delle devastanti performance dei Ramones, e risuona come una chiamata alle armi negli interminabili pomeriggi assolati. Le spiagge immense, le onde minacciose che i surfisti cercano di dominare, la Silicon Valley che inizia a brulicare di programmatori e di appassionati di computer e robotica: in tutto questo bailamme epocale, il punk californiano vive la sua definitiva esplosione.

A Hermosa Beach, il chitarrista Greg Ginn, appena laureatosi all'UCLA, decide di mettere su una band, reclutando Chuck Dukowski (basso), Keith Morris (voce) e Brian Migdol (batteria). Nello stesso tempo, Ginn e Dukowski decidono anche di fondare un'etichetta discografica: nasce così la Sst (Solid State Transformers), destinata a diventare la più importante etichetta indipendente della storia del rock. La filosofia del "do it yourself" di lì a poco vivrà la sua fase culminante (tanto per citare un altro caso eclatante, all'inizio degli anni '80, Ian MacKaye - leader dei seminali Minor Threat e, poi, mente illuminata dei Fugazi - fonderà la "Dischord").

I Black Flag - questo il nome scelto da Ginn per la sua creatura - sono all'inizio una delle tante band di punk-rock che bazzicano i locali del Sunset Strip, in quel di Los Angeles. Qui i concerti finiscono quasi sempre per diventare delle vere e proprie mega-risse, con tanto di intervento della polizia.

Dopo un breve ma intenso periodo di rodaggio, arriva nei negozi l'Ep Nervous Breakdown, numero 001 del catalogo Sst. Siamo nel gennaio 1978. In 5 minuti e 10 secondi, i Black Flag fanno piazza pulita di qualsiasi compromesso, gridando al mondo l'angoscia di vivere, e presentando tutti i caratteri essenziali di quello che sarà definito "beach-punk", ovvero il punk miniaturizzato e nichilista, che aveva dalla sua una inedita componente "sperimentale".

Poco dopo, Morris abbandona la band per fondare i Circle Jerks. A sostituirlo viene chiamato il portoricano Chavo Pederast, che prende parte alle registrazioni del secondo Ep, Jealous Again (1980). Sono i giorni che il film-documentario di Penelope Spheeris, "The Decline Of Western Civilization", renderà immortali. E tali resteranno la violenza e la rabbia con le quali Pederast filtra le mine soniche che Ginn e soci lasciano esplodere senza sosta nei pressi della sua voce.

Ma i mutamenti di organico non sono ancora finiti: Pederast viene sostituito da Dez Cadena, che, però, decide di imbracciare la chitarra, andando a formare con Ginn una delle coppie più affiatate e devastanti dell'epopea punk. Come nuovo cantante, allora, viene scelto un tale che, durante un concerto newyorkese, era salito sul palco per cantare insieme con la band: Henry Rollins, già vocalist dei S.O.A. di Washington Dc. Con Robo alla batteria (subentrato a Migdol dopo la pubblicazione di Nervous Breakdown), i Black Flag sono ormai diventati una perfetta macchina da guerra, pronta a lasciare un segno indelebile nella storia del rock. Per farlo, però, hanno bisogno di un disco epilettico e poetico come solo Damaged (1981) poteva essere.

Oltre ad essere uno dei più grandi dischi "punk" di sempre, Damaged è uno di quei paesaggi immaginari dove capisci che, pur essendo uno schifo abominevole, la vita è pur sempre una cosa meravigliosa. E questo perché nella voce di Rollins, nelle lancinanti progressioni di Ginn o nella ritmica impietosa e mai doma, trovi tutt'altro che angoscia o dolore: trovi il silenzio della tua stanza, il tramonto che codifica scenari impercettibili e tutto quel fottuto andirivieni di ricordi che si danno appuntamento in fondo all'anima, come una congrega di emarginati che non hanno perso la speranza di risollevarsi, un giorno. Damaged è tutto questo, ma non solo. E' anche un pugno nello stomaco per chi crede che il "punk" sia solo casino e imperizia tecnica. Ma chi non ha fatto dei pregiudizi una torre d'avorio in cui rintanarsi, sa che quei due-tre accordi e quelle ritmiche spaccasassi nascono da un bisogno più urgente e più vero di qualsiasi altra masturbazione intellettuale.

A scagliare il primo proiettile ci pensa l'inno scalmanato di "Rise Above", con le chitarre torrenziali e acide della premiata ditta Ginn/Cadena. La voce di Rollins si presenta subito potente e sicura, senza fronzoli. "Spray Paint" è uno dei loro classici punk "tascabili", nello stile miniaturizzato che farà la fortuna dei Minutemen. "Six Pack", introdotta dal basso rutilante di Dukowski, è una slam-dance caotica e ipercinetica, infilzata dalle stilettate lisergiche di Ginn. "What I See" è il segno tangibile che la rabbia che scorre tra questi solchi è di razza purissima: è la rabbia di chi non ha nient'altro da perdere (sentire le urla di Rollins, che cavalcano quell'andatura singhiozzante, fa un certo effetto; e chissà perché tornano alla mente certe immagini di guerriglia urbana, in quel di Genova.). E così, quando arriva "Tv Party", con la sua vena sarcastica e i suoi coretti idioti, ci si sente un tantino spiazzati salvo, poi, concludere che si tratta di une delle loro terribili invettive. A riaccendere la miccia, ci pensano la solita chitarra incendiaria di Ginn e l'urlo sgraziato di Rollins, che preparano l'assalto di "Thirsty And Miserable"; ecco, poi, sopraggiungere il caos supersonico di "Police Story" (con delle progressioni impagabili e furiose) e la selvaggia "Gimmie Gimmie Gimmie", che chiudeva il lato A quando ancora il compact-disc era un miraggio.

Il lato B si apriva con un'altra delle loro slam-dance al cardiopalma, "Depression", con Ginn e Cadena intenti, più che mai, a elaborare la loro sintesi di distorsione e sudore. "Room 13" si arrampica su una chitarra ora stridula ora solenne, mentre Robo, alla batteria, si esibisce in uno spericolato stop-and-go. L'eccezionale lavoro di Ginn diventa ancora più memorabile in "Damaged II", dove si susseguono vortici dissonanti, distorsioni in libera uscita e assoli al fulmicotone. La sua chitarra brucia come il sole della California. "No More" e "Padded Cell" continuano nell'opera di destabilizzazione emotiva, mentre "Life Of Pain", introdotta da vaghi sapori hendrixiani, sembra apparentemente abbassare il livello di guardia. Apparentemente... Chiude l'album, lo psicodramma di "Damaged I", vero tour de force emotivo per un Rollins che sembra un animale in gabbia (si tratta dell'unico brano in cui il Nostro è co-autore, e, non a caso, è proprio qui che è possibile rintracciare il seme della sua carriera solista). Sul passo mid-tempo della batteria, l'uomo di Washington D.C. scioglie il suo ultimo gemito: "Nobody comes in! Damage. My Damage. No one comes in! Stay Out!!!". Ciò che resta è un senso di desolazione estrema, totale.

La grandezza di Damaged è quella di aver elevato, una volta per tutte, l'hardcore a "prospettiva generazionale", di averne fatto quasi un "occhio cinematografico", perennemente rivolto su quella terra, ai limiti del collasso, che è la California a cavallo tra i '70 e gli '80. E' la stessa California che terroristi sonici quali Chrome, Mx-80 Sound o Tuxedomoon stanno sviscerando nel buio delle loro tane.

Dopo aver registrato l'album, la band firmò un contratto con la Unicorn Records, una sussidiaria della Mca. Ma la label si rifiutò di distribuire l'album, sostenendo che il suo contenuto fosse troppo volgare e pericoloso. Senza scoraggiarsi, Ginn decise, così, di pubblicare l'album sulla sua Sst. Sulla copertina venne affisso uno sticker che recitava ironicamente: "Come genitore, credo che questo sia un album contro i genitori".

L'album ottenne ottime recensioni sulla stampa specializzata, mentre la Unicorn denunciava la Sst e i Black Flag. La band fu costretta per i successivi due anni a rinunciare all'uso del proprio nome, ma, nel frattempo, decise di continuare il tour di supporto a Damaged.

Nel 1983, venne dato alle stampe Everything Went Black, una raccolta di materiale inedito e di versioni alternative appartenenti al periodo pre-Rollins. Nello stesso anno, inoltre, la Sst pubblicò l'antologia The First Four Years, che raccoglieva Ep e singoli usciti prima di Damaged.

La causa legale con la Unicorn ebbe fine quando la label andò in bancarotta - e ben gli sta! Intanto, Cadena aveva abbandonato la band, e con esso se ne erano andati anche Dukowski e Robo (quest'ultimo per raggiungere i Misfits). Rollins e Ginn, chiamato alla batteria l'ex Descendents Bill Stevenson, registrano e pubblicano, sempre nel 1983, l'album My War, con Ginn a dividersi tra chitarra e basso. Si tratta di un lavoro irrisolto, a tratti anche noioso. Se la prima parte può vantare una dignitosa title-track e un livello medio discreto, la seconda parte, invece, si perde tra virtuosismi e nonsense chitarristici che cercano di mascherare, in modo del tutto maldestro, un preoccupante calo d'ispirazione.

Il lavoro successivo, Slip It In (1984), riaccende l'interesse intorno alla band californiana, che cerca di trovare nuove strade espressive attraverso una interessantissima sintesi tra l'hardcore più evoluto e certe reminiscenze avanguardistiche. Le influenze maggiori, però, vengono da certo heavy-metal degli anni '70, soprattutto da band quali Black Sabbath e Hawkwind. A ogni buon conto, però, lì dove i nostri falliscono nei loro intenti, ci troviamo di fronte a una semplice quanto poco proficua reiterazione dei classici stilemi del rock più duro. Tra i brani, vanno segnalati almeno "Wound Up", "The Bars" e "Rat's Eyes".

Family Man, dello stesso anno, si presenta come uno dei lavori più sperimentali della band. Una intera facciata è occupata dalle "spoken-words" di Rollins, qui intento a rinverdire gli exploit poetici di Jim Morrison. La seconda facciata, invece, presenta brani strumentali nel nuovo stile sperimentale di Ginn. La musica è vibrante, eccitante, ed è pervasa da una certa attitudine "pop", nel solco di quanto stavano facendo gli Husker Du in quel di Minneapolis (altri problemi causò la copertina dell'album, che raffigurava un uomo con una pistola puntata alla tempia, e la moglie ed i figli massacrati ai suoi piedi).

Loose Nut è il primo dei tre album che la band pubblica nel 1985. Rispetto al precedente, si riconoscono evidenti cali di tensione espressiva, che soltanto in rare occasioni ("This Is Good", "Annichilate This Week") riportano ai climi infuocati di un tempo.

Solo pochi mesi, e In My Head fa riassaporare finalmente quelli che sono i Black Flag più genuini. Denso, potente e senza compromessi, il sound sembra essersi finalmente liberato dagli orpelli sperimentali che avevano finito per sommergere la vitalità della band. Ma è solo un'impressione, perché poco dopo ecco arrivare The Process Of Wedding Out, che, mentre recupera la componente sperimentale, finisce anche per consegnare alla storia del rock un esempio superlativo di jazz-punk, dove i virtuosismi di Ginn hanno finalmente trovato un amalgama prossimo alla perfezione con il resto della band. La violenza esecutiva e l'attitudine ribelle e iconoclasta del punk-hardcore vengono passate al setaccio da strutture armoniche di chiara derivazione jazz. E Ginn e soci (tra cui l'ottima bassista Kira) possono dimostrare, senza remora alcuna, tutto il loro valore di musicisti.

Giusto il tempo di registrare un album dal vivo (Who's Got The 10 1/2 ?), e la stella dei Black Flag smette di brillare. Siamo nel 1986, e Ginn decide di approfondire il nuovo discorso musicale dando vita ai Gone. Rollins, invece, proseguirà con una carriera solista densa di soddisfazioni e di grandi risultati artistici. Ma questa, come si dice, è un'altra storia.

venerdì, dicembre 09, 2005

live report : WHITE STRIPES (Bologna 21/10/05)


Che piaccia o meno i White Stripes sono la punta di diamante del cosiddetto "pre-rock", ma a differenza di molte band simili ma salite nel carrozzone dell'opportunismo, loro (fratello e sorella?.. -ex- marito e moglie?..), anche in quanto alfieri dal "lontano" 1999 del genere stesso, rimangono personalmente uno tra i gruppi più credibili - seppure cadendo in qualche contraddizione di marketing - e talentuosi in circolazione. Certo Meg White non è un fenomeno alla batteria ma il suo stile scarno ed essenzialmente dilettantistico si sposa a dovere con la creatività del compare Jack e soprattutto va a nozze con l'attitudine selvaggia/primitiva della band stessa. Causa traffico, si giunge al Paladozza con i supporters Greenhornes già sul palco a tentar di scaldare gli animi dei presenti, proponendo un appassionato garage-rock riuscendo alla fine nell'intento, a conclusione del loro set infatti, il pubblico li saluterà in maniera calorosa e soddisfatta. Appena finita la loro esibizione, ecco comparire i roadie per sistemare gli strumenti con mise d'ordinanza (verstiti neri, cravattina rossa e bombetta: parte del già citato marketing, appunto..). Alcuni di questi addetti ai lavori passerà il tempo a disseminare piante completamente bianche su tutta la zona della strumentazione, allestendo così una coreografia alquanto esotica. Dietro al palco, come sfondo, un telone nero in cui giganteggia l'immagine di una mela. Mezz'ora dopo la fine dei supporters e spente le luci dell'intero impianto sportivo, un gran boato della folla accoglierà l'arrivo dei due: Meg s'infilerà subito dietro alla batteria mentre Jack saluterà il pubblico presentando lui e la sorella. Si parte poi subito in quarta con il singolo "Blue Orchid" tratto dal loro ultimo e quinto album "Get Behind Me Satan" e per i circa 90 minuti dello spettacolo non mancherà all'appello quasi nessuno dei loro cavalli di battaglia (tra gli altri: "Dead Leaves And The Dirty Ground", "Black Math", "My Doorbell") salvo qualche eccezione come ad esempio "You're Pretty Good Looking". I due - Jack, suonando di volta in volta a seconda dell'esigenza della canzone la chitarra, il pianoforte o lo xilofono e Meg, la batteria, le percussioni o semplicemente proponendosi come cantante - eseguiranno brani vecchi e nuovi, propri o cover (ad esempio "Jolene") senza far notare che tutto sommato sul palco ad eseguirli sono solo una coppia. Infatti i White Stripes fanno parte della categoria dei grandi animali da palcoscenico e, tra l'altro, loro non temono il problema del limitato supporto strumentale: il loro suono risulta comunque corposo, potente come se non fossero solo due a suonare contemporaneamente sul palco. Di tutta la scaletta proposta qualche pezzo viene eseguito leggermente diverso, magari più lento come "Fell In Love With A Girl" o elettrico come "Hotel Yorba" non facendo comunque perdere l'originale fascino. Tutto scorre via in un attimo e al ritorno per gli immancabili bis ecco accontentato il pubblico che, nelle precedenti pause tra un pezzo e l'altro, intonava a gran voce il riff tormentone dell'ormai classica "Seven Nation Army". Aggiungetevi come epilogo canzoni quali "The Hardest Buttom To Buttom", "Red Rain" e la conclusiva "De Ballit Of De Boll Weevil" per chiudere il cerchio da dove era partito ovvero con un gran boato della folla ma, stavolta, non per l'arrivo ma per la partenza dei due verso i camerini sperando inutilmente in ulteriori songs. La serata per i White Stripes è finita ma non per il pubblico. In molti, infatti, si riverseranno in massa verso il Covo per l'aftershow organizzato appositamente per il dopo concerto nella speranza, ovviamente vana, di incontrare magari là Jack o Meg White..

martedì, dicembre 06, 2005

INTERVISTA DELLA SETTIMANA : Negazione


L'ultima apparizione dei Negazione è stata nel lontano 1992, in questi 12 anni cosa ha fatto la miglior band hardcore italiana?
Ha vissuto, lavorato, si è divertita, si è incazzata, ha amato, odiato... Ognuno per sè, ma con un amicizia di base che ci ha legato e ci lega tuttora, sebbene viviamo vite diverse e facciamo cose diverse.

Un pò di tempo fa è uscita la raccolta "Tutti Pazzi 1983-1992", come mai questa scelta di far uscire un disco di vecchi brani? E sopratutto i due pezzi inediti da dove sono usciti?
Ci piaceva l'idea di 'celebrare' questo decennale senza Negazione con una uscita discografica a posteriori. E' stato un po' come rituffarsi indietro nel tempo, quando passavamo giorni e giorni a decidere la foto da utilizzare, la scaletta del disco, le cose da scrivere o il colore dello sfondo... Con la differenza che c'eravamo noi tre e non più la band. Ma è anche un modo per dare la possibilità di ascoltare la nostra musica a chi non vuole o può spendere cifre esorbitanti da regalare al collezionista di turno per un nostro pezzo di vinile sul quale, magari, c'è scritto non pagare più di 1000 lire...

Quali sono i reali motivi che hanno portato allo scioglimento del gruppo? In fin dei conti in quel periodo le cose andavano molto bene?
Forse guardando i Negazione dall'esterno viene da chiedersi come mai abbiamo mollato proprio quando potevamo ambire a qualcosa di più. Chi ci ha conosciuto e sa la nostra storia invece ha capito il nostro scioglimento, venuto in un momento in cui la musica rischiava di diventare solo un lavoro e di perdere quasi totalmente il significato che ci aveva spinto a formare un gruppo, nel lontano 1983. Forse non eravamo pronti, forse non avevamo voglia nè capacità di affrontare il 'music business', forse eravamo stanchi... Ma io e gli altri siamo contenti di ciò che abbiamo fatto, scioglimento compreso e no cedimenti a tentazioni di reunion...

La musica e sopratutto i testi dei Negazione sono passati alla storia, ma voi diretti interessati, in quei momenti che messaggi volevate trasmettere alla gente?
Semplicemente quello che provavamo nella nostra vita quotidiana. Ansie, paure, frustrazioni, gioie, dolori... Sentimenti che hanno caratterizzato quegli anni e che accomunavano chi ascoltava/suonava punk o hardcore ma non solo. Mi fa piacere che i Negazione siano riusciti in questo, forse proprio perchè non ci siamo mai posti come obiettivo di trasmettere messaggi e perciò non abbiamo mai utilizzato slogan o frasi fatte nei nostri testi. Vedo che ancora oggi diversi ragazzi, che per motivi anagrafici non ci hanno mai potuto vedere, apprezzano la nostra musica, ma soprattutto i testi.

Come vedono i Negazione la scena punk italiana di oggi? Quale differenze ci sono tra oggi e ieri?
Da quello che posso vedere, mi sembra molto più falsa e costruita. Non c'è (o c'è molto meno) la spontaneità di un tempo, si bada più all'estetica, alla tecnica, alla facciata che ai contenuti. Aggiungo di non essere molto addentro alla cosiddetta scena, ma non vivendo sulla luna, qualche giudizio mi sento in grado di darlo. Forse il 'problema' è l'abuso che si fa dei termini, in questo caso 'punk', una cosa di cui molti, in questi ultimi anni, si sono appropriati spesso a sproposito.

Quali gruppi agli inizi della carriera vi hanno influenzato di più?
Indubbiamente le band's che hanno fatto la storia dell'hardcore e del punk statunitense, Dead Kennedy's, Black Flag, Husker Du... Poi ognuno di noi aveva le sue passioni musicali (io ad esempio i Ramones). Tutto questo è confluito nei Negazione e ne ha creato suoni e stile...

Tax dopo lo scioglimento del gruppo, ha creato un altro progetto gli Angeli, come è andata questa esperienza?Oggi come oggi la rifarebbe?
.......

Purtroppo da molto tempo a questa parte i vecchi dischi dei Negazione sono praticamente introvabili, e i nuovi kids molte volte si lamentano di questa mancanza di materiale, per caso avete mai pensato di ristamparli tutti, infondo non ci sarebbe niente di male, anzi....
L'uscita di "Tutti Pazzi 83-92" andava (anche) in questa direzione. Comunque non è escluso che prossimamente escano di nuovo i vecchi album ristampati. Come dici tu, non ci sarebbe niente di male ...

I Negazione hanno suonato in molti paesi dell'Europa e dell'America, ma dove (a parte l'Italia) si sono trovati meglio? Ci raccontate uno dei vostri tanti aneddoti accaduti durante un live?
Abbiamo trovato belle situazioni in molti posti... Ricordo che in Germania, le prime volte, molti ci guardavano come strani personaggi per il nostro abbigliamento: scarpe da ginnastica, bandana, camicie a quadri... Per loro l'iconografia punk era anfibi-creste-borchie, ma dopo un paio di tour tra l'audience cominciarono a comparire i primi 'sport punx', come ci chiamavano all'inizio i tedeschi.

Durante la vostra carriera avete collaborato con molti artisti, uno dei tanti è un certo Theo Van rock, cosa avete provato a lavorare con uno come lui? Che esperienza è stata, come ricordate quel periodo?
Theo era un grande, umanamente e professionalmente. Abbiamo passato giorni e notti a lavorare su un riff, uno stacco, una strofa di un nostro pezzo... E alla fine, dopo aver mixato l'ultimo pezzo, ci si concedeva sempre un party a base di Four Roses...

In Dieci anni di carriera avete cambiato molti batteristi, uno di questi era Neffa, (Jeff), cosa pensate del Neffa di ieri e del Neffa di oggi? All'epoca come era?
Oggi non vedo e non sento Neffa, da alcuni anni almeno. Non posso sapere se sia lo stesso di dieci anni fa, anche se dalle sue apparizioni pubbliche sembrerebbe di si.... Nel senso che anche quando suonava con noi era un personaggio molto 'estroverso' che non disdegnava cantare. Se oggi è riuscito anche a farne un mestiere buon per lui.... Poi si può discutere all'infinito sulle sue scelte musicali....

E' così impossibile sperare in una re-union dei Negazione?
Si... che altro aggiungere se non rimandarvi al nostro sito ed alla sezione 'parole 2003'? Lì ci trovate la risposta...

I negazione sentono ancora la musica punk, o con l'aumento degli anni si sono buttati su altri generi? Ora che ascoltate?
Io personalmente ascolto musica di molti generi, anche se devo dire che tendenzialmente vado a recuperare nel passato più che pescare nel presente... Stesso discorso vale per il punk...

Piccola curiosità, girando su internet ho visto che il vostro sito è molto curato nei minimi dettagli, che importanza danno i Negazione a internet? Ai vostri tempi come facevate a comunicare con i vostri fan?
Ai nostri tempi, e parliamo poi di una ventina di anni fa, la carta era il principale mezzo di comunicazione: lettere, fanzine, volantini... Tutto molto artigianale e, naturalmente, autoprodotto. Oggi con internet e tecnologie varie, è tutto più semplice ed immediato anche se un po' spersonalizzato. Allora ricevere una lettera dagli Stati Uniti o dal Sudamerica indirizzata a te e alla band magari da un altro gruppo era un'emozione autentica!!!

Pensieri e parole..siete liberi di sognare dite ciò che volete...
Oggi sognare è difficile, ma è ancora una delle poche armi a nostra disposizione per non far appassire del tutto i nostri cervelli, atrofizzati da quello che ci sta intorno. Oggi come quindici anni fa dico che è importante partire dalla propria vita e dalle proprie esigenze per cercare di cambiare (anche) un po' quello che ci sta intorno.

lunedì, dicembre 05, 2005

DISCHI CHE HANNO FATTO LA STORIA


Secondo appuntamento con i dischi che hanno scritto la storia della musica. Oggi Alan Tasselli ci porta alla scoperta di uno dei migliori dischi dei Beatles, il White Album.


Reduci dall'insuccesso del progetto "Magical Mystery Tour" e orfani del loro manager Brian Epstein, i Beatles diedero avvio a un inarrestabile declino, prima umano che artistico, e questo stato di apparente "follia interna" sarebbe esploso ben presto in una bellicosa forma di anarchia che spezzo' il gruppo in quattro entita' separate, scisse in modo irreversibile dai loro ormai ingovernabili ego; in breve essi diventarono a tutti gli effetti musicisti e compositori solisti.

Tanto lo status di complesso unito quanto la teoria di "complementarieta' reciproca", con il "White Album", vennero frantumati in tanti piccoli "oggetti volanti", dispersi nella loro personale galassia. Il "doppio bianco", com'e' unanimemente conosciuto, è invece l'ennesimo capolavoro musicale dei Beatles, nonche', con molte, probabilita', il loro definitivo zenith creativo.

Se "Sgt. Pepper" porto' i Beatles a toccare il cielo con un dito, e provoco' la seconda grande rivoluzione di massa in ambito rock, il "White Album" funse da spudorata antitesi alle "colorizzazioni" sgargianti del Sergente Pepe: niente piu' trucchi dall'appeal ipnotico e stralunato, ma un album, un percorso che avesse l'intenzione di tracciare una strada al contrario, in netto contrasto con le sfarzosita' e gli eccessi psichedelici di "Sgt. Pepper".

Il "White Album" si materializzera', secondo l'assoluta volonta' dei quattro di Liverpool, come "nemico dichiarato" di "Sgt. Pepper" e di "Revolver"; l'hype questa volta lascia spazio all'anarchia musicale piu' devastante: assisteremo all'ultima grande provocazione ad opera degli ex-quattro baronetti. A cominciare dalla copertina, a suo modo tanto magnetica quanto fu quella di "Sgt. Pepper", ma in modo del tutto distante e contrastante: interamente bianca, un bianco "minimale", quasi non volesse recare disturbo a coloro che fossero rimasti "accecati" e poi... non vedenti a causa degli "abbagli" del precedente album. Tale spregiudicata mossa si rivelo', seppur implicitamente, un atto di "gentile e intelligente" polemica verso tutti coloro che fraintesero i concetti esposti all'interno di "Sgt. Pepper". Dopo l'esplosione, infatti, molti, troppi gruppi si gettarono sulla scia della nuova moda psichedelica, che proprio grazie ai Beatles (sebbene non furono i primi a promuoverla ed essi stessi si potrebbero definire in mille modi tranne che "psichedelici") venne promossa da tendenza "underground" a moda, divulgatrice di nuovi "concetti" nell'universo pop-rock.

Sin dalla prima traccia, la trascinante, irriverente "Back In The USSR", a firma di Paul McCartney, e' fin troppo chiaro che, nonostante sia passato solo un anno e poco piu', l'album si sarebbe fondato su coordinate del tutto differenti da quelle avanguardistiche dei dischi precedenti. Scoordinato, sballato, conciso e serrato, "White Album" è un'opera ambiziosa ma allo stesso tempo dotata di un'accattivante semplicita', contraddistinta da una insolita, ma gradita asprezza.

Con "Sgt. Pepper", i Beatles avevano dato dimostrazione al mondo intero che la musica che elaboravano nei propri studi di Abbey Road aveva il diritto di essere eletta a nuova forma d'arte contemporanea, occupando un posto d'elite accanto alle due forme di musica "colta" per eccellenza: il jazz e la musica classica.

"The Beatles", invece, ha tutt'altre "ambizioni": intende correre "al contrario", quasi si trattasse di una macchina da Formula 1 che, d'improvviso, vedendo che tutti stavano seguendo la sua scia, un po' per ira, un po' per dispetto, intraprendesse una drastica marcia indietro.

Il disco e' un calvario di suoni e distorsioni, in continuo bilico tra rock'n'roll e vaudeville ("Honey Pie"), sospeso fra eteree ballate dall'appeal psichedelico ("Cry Baby Cry") e pseudo-avanguardiste ("Revolution 9"). Ma al suo interno trovano posto anche reminiscenze di hard-rock ("Everybody's Got Something To Hide Except Me And My Monkey"), candide ballate da camera dal sapore quasi-classiccheggiante e sorrette da un testo al limite del nonsense ("Martha My Dear"); oppure squarci di rock lennoniani come "I'm So Tired" e la celebre "Happiness Is a Warm Gun" (uno dei capolavori del disco: un brano che in realta' contiene tre frammenti di altrettante melodie, a testimonianza della "scientificita'" nelle modalita' di composizione di Lennon e McCartney).

Ma la traccia piu' entusiasmante ed emotivamente riuscita e' "While My Guitar Gently Weeps", ad opera di un George Harrison sempre più maturo dal punto di vista compositivo. E' una malinconica, struggente ballata, che viene poi visceralmente invigorita, fino a compiere una perfetta metamorfosi di liricita', conferendo in definitiva un grande senso di perdita e di vuoto: restera' il capolavoro harrisoniano.

Anche i testi riflettono la grande, monumentale versatilita' espressa dalle musiche del "White Album": si passa dai temi piu' disimpegnati (ma mai sciocchi, anzi: assai ironici) di "Back In The USSR" a vere e proprie celebrazioni di Madre Natura ("Mother Nature's Son", che rivela un sorprendente McCartney in versione soft-country); Lennon, da par suo, eccelle nella sarcastica "Sexy Sadie" (che narra la delusione e conseguente disillusione provocata dal Maharishi Yogi, che Lennon non ha alcuna remora a definire "un povero buffone e cialtrone"); McCartney dà ampia dimostrazione, poi, di concepire liriche di dubbio, ambiguo gusto, come nel caso della durissima, sferzante "Helter Skelter", ricca di distorti, laceranti frastuoni (la cui tetra fama fu data dal fatto che ispirò il folle Charles Manson a compiere l'ormai arcinota strage in Casa Polansky, uccidendo, nel mezzo di un rituale satanico, la bellissima moglie Sharon Tate): un rock concepito per "violentare" non solo le orecchie dell'ascoltatore ma anche la sua fantasia. Se ne ricorderanno anche Siouxsie & The Banshees, che ne realizzeranno una cover in chiave "dark".

"White Album" è un'opera aperta, nella quale nessuno degli autori si impone barriere o tabu', anzi, la missione del disco e' infrangere i cliché che riducevano la musica pop a tre semplici accordi uniti a testi di un'imbarazzante banalita'.

Ma, nel tentativo di raggiungere questo status di assoluta' liberta' artistica, non sono stati risparmiati alcuni, piccoli e insignificanti scarti che avrebbero funto da "scarabocchi" all'interno del magniloquente dipinto beatlesiano. Certo, ci saremmo potuti risparmiare l'inutilita' di ascoltare autentici rimasugli quali "Honey Pie", "Don't Pass Me By", "The Continuing Story Of Bungalow Bill", le tutt'altro che memorabili "Rocky Raccoon" (esempio di fiacco western'n'roll) e "Wild Honey Pie", "donateci" da un fin troppo supponente McCartney che, ahinoi, avrebbe rivelato le prime avvisaglie di quella muzak di cui diverra', nel cuore della carriera solista dei 70, il principale esponente.

E George Martin, il loro infallibile produttore, non poteva non avere ragione quando, assai saggiamente, aveva consigliato ai quattro di ridurre a un eccellente album singolo di 14-16 pezzi tutta quell'incredibile "iniezione" di creativita'. Ma il reale problema fu che i Beatles, in un '68 sempre piu' "caldo", sempre piu' sfuggente, si consideravano, di giorno in giorno, i padroni di un mondo musicale che osservava meravigliato i loro "geniali parti lirico-pop".

I Beatles erano consci di tutto questo divino potere, e il loro indiscusso status di "inespugnabilita'" rendeva i loro ego ancor piu' impazienti e insoddisfatti del loro operato, alla continua ricerca della perfezione tecnico-musicale-creativa, in special modo da parte di Paul McCartney, il quale aveva preso sempre piu' a litigare con il suo reticente "compagno di genio" Lennon. Quest'ultimo, all'apice sentimentale con Yoko Ono, credeva sempre meno nel progetto-Beatles e premeditava gia' allora di sciogliere il gruppo, per potersi dedicare alla sua carriera solista.

La reale "guerra", come tutti possono supporre, era naturalmente tra i due "grandi despoti" Lennon e McCartney, considerando che il "povero" Harrison non aveva mai avuto la possibilita' di auto-candidarsi a valido strumento di opposizione contro la dittatura dei due. Per non parlare di Starr...

Ormai il processo disgregativo era entrato in funzione, e il punto di non-ritorno ("annunciato" simbolicamente dal fallimento del "Magical Mystery Tour") fu decretato in maniera definitiva. Ognuno procedeva e componeva per proprio conto, portandosi sessionmen negli Abbey Road Studios (come per esempio fece George Harrison con Eric "Slowhand" Clapton, al punto da conferirgli il titolo di chitarrista solista all'interno di "While My Guitar Gently Weeps", che Clapton stesso impreziosira' con un tagliente, sensuale e magnetico assolo).

Spesso oggi si parla di cross-over o di abbattimento di generi; ma furono proprio i Beatles, in quel nevralgico, isterico '68, a raccogliere la lezione dei pionieri Kinks e a sancire il superamento di certi schemi tipici della musica pop, avventurandosi in territori a loro sconosciuti e uscendone con nuove formule musicali che si allontanavano dagli ormai logori cliché del tempo.

Il "White Album", in definitiva, avrebbe rappresentato per tutto il mondo del rock un esempio di "decodificazione musicale", dove il genere si tramutava in "non-genere" e viceversa, e dove spesso cio' che si intendeva comporre era un azzardato tracciato di "non-genere" musicale. Abbiate dunque il coraggio di "immergervi" nei solchi di "The Beatles" e ne uscirete con un concetto ex-novo sulla musica rock, sia del vostro che del "nostro" tempo. Anche se, quando vengono tirati in ballo i Beatles, parlare di "tempo" e' quasi sempre relativo e, in alcuni casi, fuori luogo.







MARYLIN MANSON ...lunga vita al reverendo!


In occasione delle nozze di Marilyn Manson, tenute in gran segreto de giorni fa, in un castello dell'Irlanda, Shirley Dahmer ci racconta la vita di uno dei personaggi più discussi e controversi del rock mondiale...

Una giovane coppia viveva ad una quarantina di chilometri a sud di Akron, alla periferia di Canton, nell'Ohio, in una casa situata al numero 1420 di NE 35th Street. Hugh A. Warner lavorava come commesso in un negozio di tappeti, mentre la moglie Barbara era un'infermiera professionale. Dal loro amore, il 5 gennaio 1969, nacque il loro primo ed unico figlio, Brian H. Warner che successivamente sarebbe diventato la rock star americana più controversa e chiacchierata degli ultimi decenni.

Era dai tempi di Jim Morrison e dei suoi Doors che una celebrità musicale non suscitava un'indignazione di così ampia portata a partire dalle associazioni dei genitori per arrivare ai governatori di stato, scatenando persino dibattiti in senato. Il tutto è riconducibile alla sua tormentata e non tanto idilliaca infanzia. Infatti, al contrario dei suoi coetanei, i suoi primi anni di vita sono stati segnati da avvenimenti che hanno "viziato" la sua crescita. Purtroppo non ebbe mai un buon rapporto col padre che era sempre fuori casa per lavoro e quando c'era era piuttosto violento, anche se Brian ha dichiarato di non aver mai subito violenze né da parte sua né da parte della madre.. quella madre che da piccolo insultava quotidianamente.

Brian ricondusse questo assurdo comportamento del padre nei loro confronti all'Agente Arancione, un erbicida a base di diossina utilizzato dall'esercito americano nella guerra del Vietnam per distruggere le foreste che offrivano riparo ai vietnamiti e al quale, pur non volendo, era stato sottoposto anche il padre. Successivamente si scoprì che questo Agente procurava cancro e disturbi fisico/mentali sia ai reduci di guerra che ai loro discendenti. Infatti Brian sin da piccolo ha dovuto sottoporsi a diversi test finanziati dal governo americano riguardo il progetto "agente arancione" che alla fine non riscontrarono nulla di negativo in lui.

Scoprire poi di avere come nonno un pervertito sessuale, che indossava biancheria intima femminile, collezionava falli e si masturbava con riviste pornografiche mentre giocava col suo trenino che entrava e usciva dalle gallerie del plastico, è stata per Brian una cosa piuttosto deleteria e shockante. Nel 1974 venne iscritto dai genitori all'Heritage Christian School, ma non perchè fossero dei convinti credenti, bensì solo perché il padre pensò che l'istruzione fornita da quella scuola sarebbe stata la migliore per il figlio, senza tener conto dei risvolti negativi che la troppa cristianità avrebbe potuto provocare e che provocò in seguito.

Gli insegnanti erano piuttosto maniaci e paranoici verso tutto ciò che secondo loro riconducesse al demonio. Il diavolo era presente in ogni dove e forse il loro principale insegnamento era quello di incutere terrore agli allievi dicendo loro se non avessero seguito la parola di Dio avrebbero avuto a che fare con l'ira divina del secondo avvento di Cristo. La venuta dell'apocalisse, e quindi dell'anticristo, era la principale fonte di incubi del piccolo Brian. Non c'era cosa che lo terrorizzasse più dell'avvento dell'armageddon. In quel periodo iniziò a scoprire i giochi di ruolo che gli permettevano per un po' di estraniarsi dalla realtà, forse per dimostrare che la bestia era fra loro, a scuola, i vari professori, facevano ascoltare dischi al contrario, trovando nei testi di varie canzoni di musicisti come Queen o David Bowie frasi del tipo "my sweet satan" o "I love you Satan". Questi e tanti altri piccoli episodi fecero odiare a Brian la scuola cristiana, per questo egli prima chiese ai genitori di essere trasferito, poi, ricevuto un secco no, decise di farsi espellere e per far sì che succedesse comincio' a passare sottobanco dolci, fumetti porno-satanici realizzati da lui stesso e, cosa ancor più grave per quella scuola, Brian iniziò a vendere anche nastri dei Kiss, Black Sabbath ed Alice Cooper. Nastri tanto maledetti dagli insegnanti che, il futuro reverendo del rock, ri-rubava dai ragazzi a cui li aveva venduti prelevandoli dai loro armadietti (nella scuola cristiana era vietato chiudere gli armadietti con i lucchetti) per poi rivenderli ad altri poveri malcapitati. Sfortunatamente per lui non venne cacciato da scuola, ma gli vennero dati solo alcuni giorni di sospensione.

Non venne espulso nemmeno quando decise di far trovare uno dei vibratori del nonno ad una sua insegnate. D'altronde era uno dei pochi che potesse permettersi di pagare l'intera retta della scuola. Solo quando la sua famiglia si dovette trasferire a Fort Lauderdale, in Florida, Brian abbandonò l'odiata scuola privata. Una volta giunto in Florida Brian decise che quello era il luogo adatto a soddisfare tutti i suoi desideri. Una delle prime persone che conobbe fu un tale John Cromwell il quale lo aiutò a perdere la sua verginità presentandogli la "buon Samaritana" della sua nuova scuola, ovvero Tina Potts, con la quale Brian andò a giocare la sua partita in un campo da Baseball. Anche se ne uscì vittorioso, non fu certo un "bella partita".

Da quando giunse in Florida Brian non fece altro che scrivere poesie e racconti, muovendosi in modo tale che la sua vita potesse prendere quella svolta decisiva nel mondo giornalistico. Tra i vari articoli e racconti che scrisse ricordiamo "Tutto in Famiglia", che inviò ad ogni casa editrice o giornale di cui conoscesse l'indirizzo. Purtroppo per lui le risposte, sempre che ne ricevesse, erano tutte negative. La sua fortuna è stata non darsi mai per vinto. Tant'è vero che ingegnandosi un po' riuscì ad entrare a far parte di 25th Parallel, una nuova rivista musicale in cui Brian curava la pagina degli spettacoli e grazie alla quale riuscì a conoscere nomi importanti dello spettacolo tra cui Debbie Harry, Red Hot Chili Peppers, e soprattutto Trent Reznor dei Nine Inch Nails che in seguito sarebbe diventato il suo produttore discografico.

Nonostante iniziasse ad incontrare personaggi piuttosto importanti dello spettacolo Brian voleva in tutti i modi cercare di sfondare nel mondo del giornalismo e della poesia. Infatti una volta a settimana andava presso lo "Squeeze" a recitare le proprie poesie senza ricevere però consensi da parte della quindicina di spettatori presenti. Solo dopo l'ennesimo insuccesso Brian decise di mollare il mondo della poesia recitata e di passare al mondo della poesia musicata. Infatti ben presto mise in piedi la sua prima band: Marilyn Manson & The Spooky Kids la cui formazione variò diverse volte fino a giungere a quella definitiva che portò la band alla realizzazione del primo album ufficiale: "Portrait of an American family". Ma prima che avvenisse questo la band dei Marilyn Manson si impose all'attenzione di pubblico e critica in Florida ricevendo nominations come "Miglior hard-band alternativa" e "Migliore gruppo" in seguito alle pubblicazioni di alcune cassette auto-prodotte: "Meat Beat Cleaver Beat", "Snuffy's VCR", "Big Black Bus", "The Family Jams", "Refrigerator" e "Lunchbox".

La prima formazione definitiva ufficiale comprendeva Marilyn Manson alla voce, Daisy Berkowitz alle chitarre, Gidget Gein al basso, Madonna Wayne Gacy alias Pogo alle tastiere e Sarah Lee Lucas alla batteria. Da premettere che il suo inseparabile amico, Pogo, entrò a far parte della band in veste di marionetta da palco. Infatti il suo compito era quello di giocare con delle bambole ricreando amplessi tra Barbies e Gozzilla! Solo più tardi venne deciso di renderlo membro effettivo della band dandogli anche il compito di suonare le tastiere. E pensare che Pogo non aveva mai suonato una tastiera quando venne inserito nella band e soprattutto non ne aveva nemmeno una giocattolo.

La band nacque principalmente dall'incontro di Mitchell e Warner che convinse il primo ad acquistare una drum machine per dar vita alla loro musica "industriale". Insieme decisero di chiamare la band Marilyn Manson per omaggiare Marilyn Monroe, la più amata e conturbante star di Hollywood, e Charles Manson, uno dei più noti serial killer d'America. La spiegazione di questo accostamento venne rilasciata nel luglio del 1994 da Brian che dichiarò: "Guardo molti talk show in Tv, e sono rimasto colpito da come riescano ad accozzare serial killer a stelle di Hollywood mettendo entrambi allo stesso livello scandalistico. C'è però un lato oscuro in Marilyn Monroe, a causa delle droghe e del suo stato depressivo, mentre Charles Manson aveva un vero messaggio e un potere carismatico sui suoi discepoli, quindi non si tratta di una netta separazione tra bene e male".

Erano gli estremi opposti, ma la cosa importante per Brian fu il fatto che la combinazione dei due coglieva tutte quelle contraddizioni che martellavano i cervelli dei ragazzi tutto il giorno. "Pensavo che i due opposti, positivo/negativo, maschile/femminile, bene/male, bellezza/bruttezza, creassero proprio la dicotomia che volevo rappresentare". Per lui Charles Manson (tra le sue vittime ricordiamo Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski) fu una grande rock star in quanto non scrivendo nessun pezzo di successo era l'uomo più famoso d'America. Fu proprio dal serial killer che Brian riprese parte dei suoi scritti a cui si ispirò durante i primi anni di vita della band ("My Monkey" è stata ispirata da "Mechanical Man" di Charles Manson).

Nel mese di ottobre 1994, il Capo della Chiesa di Satana d'America, Anton S. La Vey, autore de "La Bibbia di Satana" decide di ricevere Marilyn Manson nella sua casa nera di San Francisco. Dopo un anno circa il primo incontro, che Manson ricorda come uno dei momenti più deludenti della sua vita, ed in seguito ad un successivo appuntamento, La Vey nomina Marilyn Manson Ministro della Chiesa di Satana Americana. Mr Manson però dichiarò immediatamente "..Non sono mai stato e nonsarò mai un adoratore di Satana, per il semplice fatto che il diavolo non esiste. Il satanismo è l'adorazione di noi stessi, responsabili del nostro bene e del nostro male".

Il primo album ufficiale dei Marilyn Manson fu "Portrait of an American family" (primo disco d'oro della band) che originariamente doveva essere prodotto da Roli Mossiman degli Swans, ma visto che lui esigeva un materiale dai suoni più puliti e soprattutto più definiti decise di abbandonare la produzione della band che venne successivamente raccolta dalle mani fatate di Trent Reznor dei Nine Inch Nails. Anche se non fu il miglior prodotto che si potesse ottenere Manson stesso affermò che Portrait of an American family "è un album molto tetro e con momenti di grande pessimismo ma con, forse, un raggio di luce in fondo al tunnel". Non ancora uscito il loro primo album i Marilyn Manson parteciparono come spalla al tour americano dei Nine Inch Nails. Durante quel tour Manson venne arrestato in Florida con l'accusa di "violazione del codice di intrattenimento" per essersi esibito nudo durante un concerto. Oltre i Marilyn Manson, ad accompagnare i NIN, vi erano le Hole di Courtney Love, vedova di Kurt Cobain ex voce dei Nirvana. Durante questo tour ne successero davvero di tutti i colori. Ci fu addirittura la nascita di una love story, confermata solo da Marilyn Manson nella sua autobiografia, tra Courtney Love e Twiggy Ramirez; Manson odiava Courtney.

Oltre al tour con i Nine Inch Nails i Marilyn Manson fecero da spalla anche ad un'altra band affermata. I Danzig, così da promuovere maggiormente il loro primo album anche se i Marilyn Manson presero il tour come una sorta di vacanza. L'unica cosa "positiva" del tour fu conoscere l'autista del tour bus dei Danzig, un certo Tony Wiggins che, oltre a fare l'autista, era stato rinominato dalla band come il "manager del backstage". Infatti lui soddisfava qualsiasi esigenza della band. Si specializzò nel filmare tutte le ragazze che venivano fatte entrare nei backstage facendo rivelare loro i sogni, i desideri più nascosti e le perversioni più disgustose. Alcune di queste confessioni furono pubblicate nel nuovo EP "Smells like children" del 1995. Infatti in "The hand of small children" si fa riferimento ad un interrogatorio in cui c'è una ragazza che chiede di essere frustata e picchiata selvaggiamente e che chiede di essere impiccata con una catena da Wiggins oltre che di essere uccisa! Tony Wiggins rimase basito dalla perversione di quella ragazza. "Smells Like Children è la metafora del mio tentativo di rimanere aggrappato all'infanzia [...] per descrivere lo stato di noi tutti in quel periodo, cioè buio ed offuscato dalla droga". Smells like children fu inaspettatamente doppio disco di platino e la band realizzò il video di "Sweet Dreams" posizionandosi così tra i più importanti "visual artists". Fu proprio il lancio di questo video su Mtv che fece da presagio ad un successo che stava arrivando.

Lo stesso anno i Marilyn Manson partecipano al programma "John Stewart show" creando solo scompiglio sul palco. Lo show viene cancellato subito dopo ed il conduttore viene drasticamente licenziato. "Smells like children" non è altro che una sorta di remixes di "Portrait of an American family". Lo stesso anno i Marilyn Manson partecipano alla colonna sonora di "Strange Days" entrando così a creare scompiglio anche nel mondo del cinema. Il 1996 fu l'anno di "Antichrist Superstar". Acclamato dai critici l'album che fonde stile heavy e rock a campionamenti e tessiture elettroniche, entra al n. 3 della classifica di Billboard. Il singolo "The beautiful people" è un enorme successo. Segue un tour all'insegna del sold out e numerose ordinanze governative tentano di proibire i concerti in Oklahoma, Virginia e New Jersey (in quest'ultimo stato viene chiesto di allontanare Manson dall'Ozzfest).

"Antichrist Superstar" è l'album che ha consacrato definitivamente la band: vende un milione e 400 mila copie. Il Reverendo viene ufficialmente dichiarato nemico pubblico numero uno, i politici conservatori incitano al linciaggio, le mamme e le associazioni religiose picchettano i suoi concerti. La rivista Rolling Stone dedica una cover story a Manson, che pubblicherà l'autobiografia "The long hard road out of hell" (La mia lunga strada dall'inferno), che entrerà nella classifica dei 10 libri più venduti redatta dal New York Times. Sempre nel 1997 i Marilyn Manson partecipano alla realizzazione delle colonne sonore di "Private Parts" e di "Spawn". L'anno successivo alla pubblicazione e al tour di "Antichrist Superstar" Marilyn Manson e Twiggy Ramirez debuttano sul grande schermo nel film "Lost Highway" (1997, "Strade Perdute") di David Lynch; Manson impersona il ruolo di travestito. "Apple of Sodom", mai rilasciata ufficialmente dalla band se non nel singolo di "The Dope Show", viene inclusa nella colonna sonora del film.

Il senatore Joseph Lieberman dice, a proposito di Marilyn Manson: "questo è forse il gruppo più insano mai prodotto da una major discografica". Lieberman reitera il concetto per ottenere l'approvazione dei democratici. Marilyn Manson è di nuovo sulla copertina di Rolling Stone e di altri metal magazines. Nel 1998 c'è la pubblicazione dell'album "Mechanical Animals". L'album entra direttamente al n. 1 della classifica americana di Billboard ed ottiene il disco di platino nel giro in poco più di due mesi. Durante il tour "Rock is Dead" il gruppo supporter delle Hole riceve scarsi consensi da parte del pubblico e denuncia il management per essere state inserite a fare da spalla ai Marilyn Manson. Da questo tour viene pubblicato il primo live ufficiale della band "The last tour on earth" che ripercorre i momenti salienti del tour, oltre all' home video "God is in the TV".

Marilyn Manson finisce nella classifica annuale redatta dalla rivista americana "People" sulle "donne peggio vestite". Certo è che Mechanical Animals non lascia certo indifferenti fan e critici. Manson passa dall'essere l'anticristo del nuovo millennio ad un essere androgino asessuato. Questo album fu accolto benissimo dalla critica, ma solo da essa, visto che la maggiorparte dei fan dell'era antichrist si lamentarono della "commercializzazione" e della perdita di quel lato oscuro che aveva caratterizzato fino allora Marilyn Manson. Inoltre è il primo album che non vede la presenza alla produzione di Trent Reznor. Nonostante questo emergono sonorità più gotiche e ricche di influenze glam-rock. Niente di rivoluzionario, Manson continua a fare notizia più per le sue trovate dissacranti e blasfeme, che per la musica: passa dalla figura dell'Anticristo a quella di un alieno dal sesso ambiguo. Non distrugge più bibbie durante i concerti, non professa più l'autolesionismo e al contrario esalta ogni genere di droga.

Con quest'album i Marilyn Manson perdono un numero considerevole di fans legati sia alla figura dell'anticristo del singer della band che al sound sporco di "Antichrist Superstar". Dal 1998 sono presenti nelle colonne sonore di film come "Dead Man on Campus", "Strangeland""Detroit Rock City", "House on Haunted Hill" e "Matrix".

L'America benpensante e moralista fa di Marilyn Manson uno dei suoi bersagli e capri espiatori preferiti; è stato accusato di aver istigato con i suoi testi due studenti, Dylan Klebold ed Eric Harris, a compiere il massacro alla Columbine High School. Si scoprirà poi che i due ragazzi odiavano Manson e la sua ambiguità sessuale. Ciò nonostante si innescano delle reazioni a catena che si espandono a macchia d'olio in ogni stato europeo e americano. Anche l'Italia non resta indifferente: Manson è stato accusato di aver istigato anche l'omicidio della suora di Chiavenna concepito da tre ragazze psicopatiche che si sono dichiarate poi fan del reverendo satanico.

Nel 2000 è la volta di "Holy Wood (in the shadow of the valley of death)", album che chiude l'evoluzione tanto dichiarata di Mr. Manson iniziata da "Antichrist Superstar". Nello stesso anno Manson inaugura la sua casa discografica, la Posthuman Records, pubblicando il disco "2000 Years Of Human Error" dei Godhead e pubblicando la colonna sonora del film "The Blair Witch 2".

Dal 2001 fino ad oggi Marilyn Manson si è impegnato su diversi fronti che vanno dal cinema alla pittura. Nel 2002 Mr. Manson partecipa come attore al cortometraggio "The Hire: Beat The Devil" diretto da Tony Scott e interpretato da Gary Oldman e James Brown. Tutti conoscono la passione che Manson ha per il cinema: oltre a varie comparsate esce nelle sale con "The Party Monster" e recita da protagonista in "Abelcain", diretto dal visionario cileno Alejandro Jodorowsky.

Il 9 maggio 2004, dopo tre anni di attesa esce "The golden age of Grotesque", ispirato all'opera del Marchese De Sade e alla decadenza della Berlino anni '30. Tra le sue recenti presenze in Italia ci sono state la partecipazione al Day at the border (Monza) come headliner, al festival di musica alternativa affiancato al Gods Of Metal e all'Ozzfest, il tour itinerante di Ozzy Osbourne.

Per il 28 settembre 2004 è prevista l'uscita di "Lest we forget" un Best of dell'artista. La compilation include cover di "Personal Jesus" dei Depeche Mode, "Sweet dreams (are made of this)" degli Eurythmics e di "Tainted love" dei Soft Cell. Nella tiratura iniziale di "Lest we forget" è compreso un DVD omaggio con 20 video promozionali, tra i quali "(s)AINT" a cura di Asia Argento.
Testo originale a cura di Shirley Dahmer